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 2020  novembre 04 Mercoledì calendario

Gli 89 anni di Monica Vitti raccontati dal marito

Ieri, 3 novembre, Monica Vitti ha compiuto 89 anni. Da 20 è assente dalle scene. Suo marito, Roberto Russo, le sta accanto sempre perché lei, affetta da una malattia tipo Alzheimer che si infiltra e sbriciola la memoria, si fida solo di lui. «Le ho preparato una torta con una candelina simbolica e insieme abbiamo passato una delle tante giornate che abbiamo condiviso – dice Russo —. Ci conosciamo da 47 anni, nel 2000 ci siamo sposati in Campidoglio e prima della malattia, le ultime uscite sono state alla Prima di Notre Dame de Paris e per il compleanno di Sordi. Ora da quasi 20 anni le sto accanto e voglio smentire che Monica si trovi in una clinica svizzera, come si diceva: lei è sempre stata qui a casa a Roma con una badante e con me ed è la mia presenza che fa la differenza per il dialogo che riesco a stabilire con i suoi occhi, non è vero che Monica viva isolata, fuori dalla realtà».
Resta una grande e rimpianta attrice, cui ora una delicata scrittrice come Eleonora Marangoni, ha dedicato un libro, E siccome lei (ed. Feltrinelli). Sono richiamate in servizio letterario, divise per capitoli e ordine alfabetico, le 47 donne che la Vitti ha interpretato, dall’Adelaide, la fioraia del Dramma della gelosia alla Signorina X di Noi donne siamo fatte così. Dove sono finite? Cosa fanno? Come vivono? Tutte, da Modesty Blaise a Teresa la ladra, rivivono con la voce e il volto dell’attrice regina dell’alienazione e bionda fatale: «La fatalona comica» diceva Monicelli. Del resto la Vitti fece molto doppiaggio a inizio carriera e ricordava: «Monicelli mi faceva doppiare le alcolizzate, Pasolini le accattone e Fellini le vecchie prostitute». Poi al doppiaggio del Grido ci fu il fatale incontro con Antonioni.
Dentro e fuori dalla realtà, questi personaggi, che cercavano e hanno trovato un autore sullo schermo, resistono nella memoria. Diverte leggere che Assunta, «ragazza con la pistola», abbandona la vendetta; e tutte hanno incontri imprevisti, cambiano il senso di marcia del cuore, sono in affitto nella nostra sensibilità. Claudia dell’Avventura parte per un giro in yacht, si perde ma poi ritrova la strada e Dea, che in Polvere di stelle cantava «Ma ‘do vai se la banana non ce l’hai…» andrà davvero in America.
Monica aveva scritto in un libro che la memoria è «una truffa» e spiegava: «È tutto mescolato, la vita, i personaggi. Ma allora è tutto falso, direte voi? No, è tutto vero: specialmente i personaggi». I ritratti di queste donne sono anche spaccati di società, mentre la Livia di Io so che tu sai che io so aiuta un professore a riordinare un Dizionario di personaggi e la Raffaella di Amore mio aiutami scrive lettere d’amore al signor Mantovani. Sono i film «adulterini» col suo amico Sordi, quelli in cui Monica veniva spesso picchiata («Le botte che prendo io non le prende nessuno») tanto che una volta chiese una controfigura. Una ragazza quindicenne di nome Fiorella Mannoia.
Di altri film, come L’eclisse l’autrice Eleonora Marangoni cita una scena clou, quella della Borsa, come la viziata Valentina della Notte si trasferisce dalla Brianza in una villa palladiana. Ma fra la sospirosa Gloria di Alta infedeltà che si rivolge al marito elencandogli i torti e la Lucia del Tango della gelosia che parla delle sue gambe, risaltano le personalità speculari di un’attrice che ha segnato il nostro cinema: «Del resto – dice Russo – Monica giocava su due banchi e scrisse anche un soggetto comico con Camilleri che Antonioni non ebbe il coraggio di dirigere. Ma un film come L’avventura sta ancora nei locali d’essai di Parigi e New York, vuol dire l’eternità».