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 2020  novembre 04 Mercoledì calendario

Tiziano Ferro si racconta tra dipendenze e bullismo

La verità è che questo documentario lo dovrebbero far vedere nelle scuole, perché i bulli possano vergognarsi di essere bulli, perché chi aggredisce e insulta i diversi possa vergognarsi e dispiacersi di non essere lui un diverso, perché quelli che hanno problemi di alcolismo e di altra natura possano legittimamente pensare che una via d’uscita c’è sempre. Certo, Tiziano Ferro ha avuto dalla sua un talento strabordante, ma neanche quello basta da solo, e infatti ha passato anni infernali e lo racconta senza veli in Ferro, documentario su Amazon dal 6 novembre. Disagio, lacrime, passione, si passa dal racconto emozionato di una vittima di bullismo alla favola del concerto a San Siro, dall’abiezione della dipendenza da alcol alla felicità di un matrimonio celebrato in libertà sotto gli occhi del mondo.
«Da ragazzino ero anonimo, non bello, per niente atletico, anzi grasso, timido, le ragazze si fidavano perché non rappresentavo una minaccia, i ragazzi mi chiamavano ciccione, femminuccia, sfigato, ma non ho mai saputo difendermi, mi aspettavo che qualcuno lo facesse per me ma non succedeva mai, poi ho cantato per la prima volta e il mondo è cambiato», ci racconta Tiziano, «e se sono vivo lo devo alla musica». Ma anche questo percorso è stato tutt’altro che facile. Era un ragazzino quando fu scoperto da Mara Maionchi e Alberto Salerno, firmò un contratto e gli sembrava di aver toccato il cielo con un dito, ma passarono anni di nulla, attese, rifiuti, nessuno lo voleva e poi si scoprì il perché: era grasso. «Era un non detto, ma quando venne fuori dimagrii da 111 chili a 70, e guarda caso uscì subito il mio primo singolo Xdono ». Quello che viene fuori è il racconto di un ambiente che dovrebbe essere il più aperto e tollerante e invece è meschino, bigotto, discriminante. Il documentario non lascia nulla all’immaginazione, c’è anche Tiziano che si esibisce per la prima volta, goffo e grassottello, ma con una voce superba. «Ogni mattina mi vestivo da magro, soffrivo, provavo dolore e fame», ma i problemi non finiscono perché arriva un’altra bomba: i suoi produttori, Maionchi e il marito, gli comunicano che i discografici, anche quelli esteri, lo percepiscono come gay, e questo è un problema. Un problema? «Ho vissuto una vita distrutto dai commenti, e ogni volta che ne superavo una ce n’era un’altra…». I successi si accumulano, diventa una star internazionale, ma dentro cresce un buco nero, la sofferenza derivata dalla costrizione a vivere nella falsità. Arriva la dipendenza dall’alcol, devastante, che lo spinge a voler morire. Il documentario è di una sincerità disarmante, un atto liberatorio, una catarsi dalla sofferenza, Tiziano piange ripensando alla prima volta che ha avuto il coraggio di entrare a Londra in un centro di Alcolisti Anonimi, piange mentre canta Almeno tu nell’universo (contenuta ora nella nuova edizione di Accetto miracoli in uscita venerdì con un intero disco di cover, da Battiato a Mango), piange mentre dichiara il suo amore a Victor nel giorno del matrimonio a Los Angeles. Questo documentario andrebbe fatto vedere nelle scuole perché c’è una redenzione, un miraggio di felicità, oggi Tiziano è un uomo che vive la sua normalità, gioca a bowling, fa la spesa, tutto grazie a un coming out, il primo e l’unico ad averlo fatto in Italia, sottolinea con una punta polemica nei confronti di chi potrebbe farlo, soprattutto i più giovani. Alla fine è come se Tiziano lo conoscessimo molto meglio di prima, e tutto sommato è il massimo che si possa chiedere a un documentario.