la Repubblica, 3 novembre 2020
James Bond, Umberto Eco e la verità sul Martini
James Bond ha riempito l’Italia di macchiette sin dai primi film. Già con Licenza di uccidere, questo grande cinema che divertiva il mondo, nel Paese di Gastone, Rodolfo Valentino, il Bell’Antonio, De Sica e Mastroianni, seppellì il vecchio stereotipo del gagà napoletano: «sono l’uomo di moda fatale / con le donne son spesso brutale». E così sulla spiaggia di Comacchio i bellimbusti italiani smisero di bere Vecchia Romagna e Rosso Antico e cominciarono ad ordinare Vodka Martini shaken, not stirred, agitato ma non mescolato, travestiti a metà da gentlemen, come i Lord, e a metà da malandrini, anzi rogues, come le spie, con cravatte di maglia e pantaloni senza cinture e passanti, regolati in vita da tiranti di tessuto e due bottoni. E magari un po’ di colpa ce l’hanno, con Raymond Chandler, che forse per primo celebrò «l’eroe che tutti gli uomini vorrebbero essere e l’uomo che tutte le donne vorrebbero avere in camera da letto», anche i nostri venerati maestri. Guidati da Oreste Del Buono e Umberto Eco, gli intellettuali italiani, davanti al successo travolgente di Sean Connery, si accanirono a celebrare il genere spy-fi e i suoi autori che, nei primi anni del pop, della televisione, della pubblicità e dei rotocalchi, erano ancora considerati minori, “di dozzina”, “mid-cult” o “middlebrow” (e rimane vero che Ian Fleming non regge il confronto con John Le Carré). Nel 1976 nel Superuomo di massa Umberto Eco precisò meglio la sua simpatia per Fleming promuovendolo a erede di Alexandre Dumas e dunque dando a Bond il ruolo del nuovo Conte di Montecristo. Intervenendo infine nell’Estetica comparata, Eco mise in dubbio, in una Bustina di Minerva del 2003, persino la verità dello shaken not stirred. E non solo perché nessuno in Fleming ha mai trovato quella frase «così come in Conan Doyle non appare mai “elementare caro Watson”, ma perché «personalmente non ritengo che un gentiluomo come Bond voglia il Martini scekerato». Insomma alla fine anche a Eco sembrava roba da macchietta l’idea che «se il Martini viene scekerato si introduce più aria nella mistura (si dice bruising the drink ) migliorandone il sapore».
Meno raffinati sono i glossatori dell’accoppiata smoking nero e costume da bagno mentre ancora non si sa se «due Bourbon in corpo» vanno meglio con la polo o con la camicia bianca. E allora, alla fine, diciamolo bene: erano sagome, caricature, i nostri spavaldi elegantoni all’inglese che indossavano i gemelli, portavano al polso il “Rolex Submariner” e, quando potevano, correvano a Jermyn Street, non attratti dalle minigonne e dalle canzoni della swinging London, ma dagli scarponcini alla Bond di Crockett &Jones, le camicie di Turnbull &Asser, il profumo “Floris numero 89”. Ero ragazzino a quei tempi e posso assicurare che ai giovani di quegli anni, a noi che pure le abbiamo sbagliate tutte, i Bond Moments, versione marketing dei vecchi Magic Moments di Bert Bacharach, sembravano davvero… «una cagata pazzesca».