il Giornale, 2 novembre 2020
Biografia di Robin Friday
La gente pensa che odio tutti e sono un pazzo, ma non è così, sono solo uno che vince». Firmato Robin Friday. Autista, lavavetri, ladro, alcolizzato, drogato, donnaiolo, asfaltatore, decoratore, coreografo, filantropo, poliziotto, agente ferroviario, truffatore, fuoriclasse. Basta, tutto non ci sta, ci vorrebbe un libro e ci ha pensato Paul McGuigan, bassista degli Oasis, e neppure lui è riuscito a raccontare tutto della breve esistenza del miglior calciatore inglese degli anni ’70 che in pochi hanno visto ma continuano a sognare.
Acton, quartiere ovest di Londra, la sua amatissima Acton, nasce qui il 27 luglio del 1952, nonno giocatore del Brentford, padre che lo porta al campo fin dall’età di due anni. A dodici è già nelle giovanili del Crystal Palace, nel giro di una sola stagione passa a quelle del QPR e poi del Chelsea. Perché? Perché è assolutamente indisciplinato, fa quello che vuole e nei ritagli ruba le autoradio, così, per il gusto di farlo, attività che lo porta in prigione per la prima volta a sedici anni. Tutti lo vogliono e poi si pentono. In carcere diventa il leader della squadra dei detenuti ma viene rilasciato durante la pena per problemi di salute, soffre d’asma, esce e rientra, ma quelli del Reading, quarta divisione della Premier, sono affascinati dal suo controllo di palla, dal suo dribbling fuori categoria e lo iscrivono nella Academy del club. Fuori controllo, dopo l’ennesima scarcerazione un figlio, Nicole, si sposa a 17 anni con una ragazza di colore, Maxime, che gli crea diversi problemi in una società impreparata all’integrazione e una sera viene insultato e aggredito in un pub, scazzottata epica, tavoli e sedie per aria, diffidato dal gestore dal rimetterci piede. Nessun problema, trova un impiego come autista di un supermercato della zona, licenziato, denunciato, si mette ai semafori a lavare i vetri quando un compagno di sessioni alcoliche leggendarie lo invita a un provino per il Walthamstow Avenue. Subito messo sotto contratto a dieci sterline la settimana, è solo un club semiprofessionistico di Isthmian League, composto in maggioranza da asfaltatori ai quali si aggrega subito. Gli piace quella gente rude e semplice che lavora in un caldo infernale e poi si fa qualche pinta senza pensieri e si fa assumere. Il Walthamstow Avenue vola, i tifosi impazziscono per lui, non arriva mai in orario ma di sicuro è sempre ubriaco. Contratto rescisso, non passa neppure una settimana e l’Hayes, altra squadra dell’Isthmian, lo mette sotto contratto a 30 sterline a settimana, l’ultima partita la gioca in ritardo, la gara è già iniziata e lui non si vede, squadra in dieci, lo mandano a cercare al pub, lo trovano, entra, segna il gol della vittoria poi viene licenziato, chiude la stagione con lo score di una rete ogni due partite, d’accordo, non è un santo, ma in fondo ha collezionato solo sette espulsioni. Il manager Charlie Hurley del Reading però non lo ha dimenticato. Il giorno della finale della Football Challange Cup, una competizione per la quale i tifosi londinesi vanno pazzi, se l’è vista proprio contro l’Hayes di Robin Friday e quel ragazzo da solo ha messo in ginocchio un club pro. Va a visionarlo più volte e quando scopre che il Watford gli sta mettendo sopra le mani paga 750 sterline e gli fa firmare un contratto da amatore. Ora gioca in una squadra professionistica ma tutto è come prima, una notte, pub ormai chiusi, si presenta al Churchill’s ubriaco storto, stivali, cappotto, torso nudo, musica, si piazza al centro della sala e si mette a ballare, si toglie il cappotto, gira all’infuori le tasche dei pantaloni, abbassa la cerniera e sdogana l’attributo: le tasche sono le orecchie, si può immaginare quale fosse la proboscide e inventa la the elephant dance. Un genio dai. Hurley impazzisce, obbliga Robin a prendere alloggio nella palazzina dell’ex custode di Elm Park, la casa dei Royals. Dura una settimana, feste, gente ubriaca sulle scale, vomitate, heavy metal a tutto volume. È la fine? Non esiste, Sheffield United e Arsenal gli offrono un ingaggio, Hurley non cede, neanche Robin che un pomeriggio ferma il bus che tornava da una trasferta perché doveva urinare, si trova vicino a un cimitero, entra, ruba alcune decorazioni da una tomba, risale sul bus e le mette attorno al presidente del club che si era appisolato. Ma il Reading è promosso in terza. Decidono di farlo viaggiare in treno, lui non paga mai il biglietto ma ha un sistema infallibile, come vede uno che si dirige al bagno, bussa: Ticket please! Questi gli fa scivolare il biglietto sotto la porta e lui se lo mette in tasca. Oppure va nella piazza dello spaccio vestito da poliziotto, si avvicina al pusher e gli fa capire che se gli da la merce non lo denuncia, poi se la spara. Ma è anche un generoso, in un ristorante il suo compagno di squadra Gordon Cumming gli confida che quel servizio di bicchieri è veramente bello, lui semplicemente lo ruba e glielo regala. Nel frattempo si sposa per la terza volta, matrimoni che al confronto quelli di El Chapo Guzman sono marachelle, Lsd, alcol, sesso e nel finale furto dei suoi regali di nozze dagli amici d’infanzia, gente come lui. Tutto finito? Figurarsi, il Cardiff City, seconda divisione, paga 28mila sterline e lo ingaggia, gioca contro il Fulham della leggenda Bobby Moore che lo marca, lui gli segna una doppietta e poi gli strizza i testicoli in mezzo al campo, tutto documentato. Altre cose veramente irripetibili. Smagrito di 13 chili, ridotto ai minimi termini, a 25 anni si ritira, così, per il gusto di farlo, e lascia questa terra a 38 per un attacco cardiaco dovuto a overdose nella sua Acton.