il Fatto Quotidiano, 2 novembre 2020
Intervista a Reinhold Messner
“Noi sudtirolesi abbiamo perso credibilità. Il virus sta mangiando la nostra reputazione, sta facendo lievitare piccoli giochetti dei politici locali che con la pandemia si sono messi a frullare obiezioni, osservazioni, contestazioni, perplessità. Cosicché per distinguerci da Roma abbiamo prodotto la più incredibile delle giravolte: chiusi, no aperti!, poi richiusi”.
Il mondo alla rovescia nella terra di Reinhold Messner, il signore delle montagne. 76 anni e tremilacinquecento spedizioni. In vetta su tutti gli ottomila metri del pianeta.
Voi tirolesi sempre ordinati, sapienti, organizzati.
È vero, abbiamo dato prova di confusione, approssimazione e di insipiente arroganza con Roma.
L’autonomia vantata per distinguervi da Roma mentre la bolla dei contagi si fa sempre più grande è parsa un modo piuttosto infantile di farla valere.
Guardi conosco bene Arno Kompatscher, il presidente della Provincia di Bolzano. È una persona equilibrata, governa con misura e attenzione ma questa volta ha dovuto piegarsi a quella destra disordinata, un po’ leghista, un po’ irredentista, un po’ qualunquista, che vedeva nell’accettazione dei decreti romani sulle chiusure dei locali dopo le sei del pomeriggio una automatica supina accondiscendenza ai voleri dell’Italia.
Accondiscendenza a cosa se siete pieni di contagi?
Infatti, non c’è una sola ragione per distinguerci da quel decreto di Conte. Sembra che il virus si stia portando via anche il senso della misura, la minima intelligenza di ciò che è urgente fare e ciò che bisogna vietare.
Quale sarebbe dovuta essere la via sudtirolese alla lotta al coronavirus?
Macché via sudtirolese, abbiamo solo fatto una figura barbina.
Voi sempre così austeri.
È misteriosa e allo stesso tempo penosa questa capacità di ingannare la ragione e la logica. Alcuni partiti si oppongono per principio a qualunque cosa sappia di condivisione con Roma perché la condivisione trasfigura nelle loro menti nella sottomissione. L’autonomia perciò si difenderebbe, secondo questi nostri scienziati della politica, affrontando l’emergenza con una nostra inedita proposta.
Due giorni è durata la vostra spedizione autonoma contro il virus.
Due giorni sono bastati per farci perdere la reputazione di popolo che sa organizzarsi bene e amministrarsi meglio. Nonostante tutto abbiamo avuto tre presidenti della Provincia contro i vostri trentatrè capi di governo.
Sarebbero ventinove.
Dico per dire, per illustrare la più evidente delle differenze. Ma in questo caso, in questa emergenza mondiale non c’era alcun bisogno di ostentare ciò che non era possibile: siamo nei guai e anche nelle nostre vallate siamo malmessi.
Infatti il virus galoppa tra le vostre valli, le mucche e i canederli. Perché?
Perché per la prima volta ci stiamo comportando male. Noto una riluttanza a seguire le indicazioni, un ribellismo vasto. Gente che mi ferma e mi dice che è tutta una messinscena.
L’ospedale di Bolzano è già saturo di pazienti, lo sanno i ribelli?
Cosa vuole che le dica. Questa mistificazione, questa idea che l’infezione sia una costruzione di poteri occulti per disgregare la nostra economia e la nostra società è così preoccupante. Eppure miete successi.
Fosse successo in Sicilia ciò che è accaduto a Bolzano sa quanti commenti ironici su questo cammino delle autorità a zig zag: dire e poi revocare, contraddire. Annunciare e disdire.
Credo che il virus abbia messo in luce tutta l’inadeguatezza dell’uomo a fare i conti con la natura, a saper gestire i suoi successi e anche a difendere le sue conquiste. Non ce la facciamo proprio. Oggi ho assistito all’intervento della mia amica Angela Merkel al Bundestag. Che vergogna! Hanno iniziato ad urlare, offenderla. Deputati esagitati, irresponsabili.
La sento scosso. Lei non guarda la tv italiana?
Un po’ e un po’.
I furbetti del Sud Tirolo!
Ecco, siamo arrivati a dare questo spettacolo.
Passerà?
Non credo presto. La politica gioca col virus mentre il virus si porta via la nostra vita e i nostri soldi.