Affari&Finanza, 2 novembre 2020
Il miracolo del debito: ora non fa più paura
Ultimi ma non minori, arrivano i giapponesi. Nomura, Mizhuo, Sumitomo, Daiwa: fino a pochi mesi fa vendevano precipitosamente i titoli di Stato italiani, poi da qualche mese hanno ricominciato a comprarne a mani basse fino a superare i 12 miliardi in portafoglio. “È una ritrovata considerazione molto significativa, così come quella dei grandi fondi d’investimento e degli asset manager americani, anch’essi interessati ai nostri titoli”, conferma Davide Iacovoni, direttore del debito pubblico al Tesoro. “Il recupero della componente straniera nella ripartizione del debito, che aveva riguadagnato quota 30% nelle statistiche della Banca d’Italia di quest’estate ma oggi è sicuramente ancora più alta, conforta la strategia a tutto campo che abbiamo dovuto approntare in emergenza per far fronte alla crisi Covid, con il ricorso a strumenti diversificati di raccolta: dalle “tap issues” sul mercato secondario ai finanziamenti sindacati”.
Forse la violenza della seconda ondata imporrà un’ennesima rivisitazione del quadro, ma per il momento l’Italia si gode l’imprevista luna di miele con i mercati dei “sovereign” cominciata a fine primavera. All’asta di Btp per 8 miliardi il 22 ottobre sono arrivate offerte per 90 miliardi. “Il clima è completamente cambiato in meglio, e l’Italia condivide la fiducia per tutta l’area euro”, conferma Erjon Satko, analista di Bofa. “In Italia si apre un grande spazio per investimenti ad alto moltiplicatore”, scrive Goldman Sachs in un report del 26 ottobre riferendosi ai titoli per finanziarli. Tre giorni prima Standard & Poor’s non solo non aveva downgradato il rating (se non ora quando – si diceva – con tutto quello che sta succedendo?) ma aveva alzato l’outlook con queste parole: “Dopo la Germania, l’Italia è l’economia più aperta del G7 con un export pari al 36% del Pil: resta il settimo maggior esportatore del mondo ed è un’economia ricca e diversificata, con un notevole surplus nella bilancia dei pagamenti”.Uno dei Paesi più indebitati del mondo, nel mezzo della recessione più spaventosa, con un’esposizione che schizza dal 134 al 158% del Pil (stima Nadef per il 2020), è diventato una meta d’elezione per gli investitori globali. Com’è possibile? La prima motivazione è intuitiva: “Il maxi-piano di acquisti della Bce, che coprirà per intero il fabbisogno netto del Tesoro nel 2020, mette al riparo dai rischi e ha creato un clima favorevole alle emissioni fugando i dubbi di insolvenza”, conferma Lorenzo Codogno, già capo economista al Tesoro, oggi consulente a Londra. “La conseguita stabilità politica in Italia con la scelta europeista non più messa in discussione, è decisiva”.
Che l’Europa nel suo insieme incontri il favore dei mercati è provato dalla prima emissione di eurobond: 17 miliardi per il fondo Sure con 233 miliardi di richieste, l’anteprima del Recovery. Ma la risposta è più articolata. “L’investitore globale deve scegliere dove puntare”, spiega Brunello Rosa, cofondatore del think-tank Rosa & Roubini Associates. “Se decide di giocare in serie A trova Germania, Usa, Francia, UK e ora Italia. Tutti a pari merito quanto a solvibilità grazie alla rete di sicurezza di governi, Ue, banche centrali. Il gap nel rating giustifica però che l’Italia sia l’unica a garantire rendimenti positivi: a parità di altre condizioni, cosa sceglierà il nostro investitore?C’è peraltro qualche merito: “L’Italia è il Paese che nel terzo trimestre ha saputo riprendersi meglio dal punto di vista industriale, recuperando i livelli produttivi pre-Covid”, ricorda Massimo Bordignon, economista della Cattolica. Stefano Manzocchi, capo ufficio studi Confindustria, puntualizza: “Considerando gli oneri finanziari l’industria ha recuperato il 28-30% del fatturato nel terzo trimestre, ma aveva perso il 50% in precedenza. Ma ora tremiamo per la velocità d’ingresso nel 2021: le previsioni del +6% di Pil per l’anno prossimo andranno ridimensionate”.Ci sono misure che sembrano (o forse sono) fatte apposta per puntellare l’Italia. I famigerati parametri di Maastricht non verranno più ripristinati tali e quali: si cercheranno standard compatibili con il “new normal” del dopo-crisi con tutti i Paesi industrializzati (tranne la Germania) che sfondano il 100% di debito/Pil. Dal punto di vista finanziario, la Bce ha disposto che le banche quando danno in garanzia i titoli per avere denaro dall’Eurotower, hanno più possibilità. La regola era: i titoli devono avere l’investment grade. Ora possono essere junk bond purché fossero investment grade prima della crisi.È il caso dei fallen angel, e l’Italia era candidata a diventare un fallen angel.
Ancora: prima di prelevare dalla Bce le banche dovevano mettere sul tavolo solo attivi di qualità (Tier 1): ora è concesso di raschiare dal barile fondi più “scadenti” come le obbligazioni derivate. Tutto sembra “tornare” per sostenere la nostra economia brutalmente attaccata dal virus. Ma la vera soddisfazione ce la regala il rapporto S&P che accompagna il mini-upgrade del 23 ottobre: “Il debito privato (famiglie e aziende) in Italia è il più basso del G7 con il 110% del Pil: meno della metà dell’Olanda dov’è il 250%”. La capofila dei “frugali”.