Il Messaggero, 2 novembre 2020
La sorpresa di Taiwan nella lotta al Covid
I portoghesi, che con i loro pirati, missionari e commercianti vari la scoprirono (!) per primi a metà del XVI secolo, la chiamarono Formosa, isola bella. Ed infatti Taiwan è bellissima, con le sue lunghe spiagge bianche, le coste frastagliate, laghi, montagne, profondissime gole e fertili pianure. I suoi abitanti vecchi e nuovi, gentili, ospitali, colti e laboriosi.
Bella e... incompresa. Se non dolosamente e sempre più ipocritamente ignorata. Tutti ci fanno affari (Italia compresa), ma solo 15 Paesi – per la maggior parte africani e caraibici, e diminuiscono anno dopo anno sotto la pressione di Pechino – al momento la riconoscono come Paese indipendente, cosa che di fatto è da più di 70 anni. Il più importante è il Vaticano, ma anche questa è una relazione decisamente in bilico, visto l’intenso negoziato in corso, sia a livello ufficiale che (sopratutto) sotterraneo, tra Pechino e la Santa Sede. Ne vedremo delle belle, o forse delle brutte, nei prossimi anni. Chissà cosa si inventeranno, in Vaticano, per divorziare consensualmente da Taiwan e sposarsi con Pechino.
Nel frattempo, in questi giorni Taiwan è ancora più bella, e bellissimo sarebbe poter essere lì, a festeggiare con i suoi cittadini una serie di record importanti quanto sconosciuti o volutamente ignorati. Proviamo a ricordarlo. Intanto, sabato scorso, a Taiwan, unico Paese al mondo quest’anno, si è celebrato con grande entusiasmo, solita fantasia e civiltà – e con l’appoggio ufficiale del governo – il Gay Pride. Oltre 100 mila persone hanno sfilato per tutto il giorno per il centro di Taipei, la capitale, e in tante altre città del Paese. Un’occasione per celebrare e rivendicare il sacrosanto – rispetto a certe versioni locali becero/sovraniste – orgoglio della diversità. Taiwan è l’unico Paese asiatico ad aver riconosciuto i matrimoni gay e ad aver finalmente depenalizzato, con una recente sentenza della Corte Costituzionale, il reato di adulterio, che in qualche modo era sopravvissuto. E per dimostrare che il cammino è ancora lungo ma oramai inarrestabile, quest’anno sono state celebrate in grande pompa (con tanto di cerimonia pubblica, parata e banda) anche alcune nozze gay militari. Roba che in Italia ancora ce la sogniamo, nonostante le recenti aperture del Papa. Ma non è l’unico motivo di legittimo orgoglio per Taiwan e i suoi 23 milioni di cittadini. L’altro, altrettanto importante, è quello di aver sconfitto – facendo i debiti scongiuri – la pandemia. Ce ne sono altri (quasi tutti, in realtà, da quelle parti) che hanno fatto più che bene. La Nuova Zelanda, ad esempio: altro Paese guidato da una donna in gamba, Jacinda Ardern. Ma è un’isola con appena 5 milioni di abitanti, diciamo che esprime una realtà troppo diversa. A Taiwan invece ci sono 23 milioni di abitanti e sono esattamente 200 giorni che non si registrano nuovi contagi. Il bilancio della pandemia è oramai assestato: 555 contagi accertati (di cui 463 importati), 7 morti e 33 pazienti ancora ricoverati. Una gestione impeccabile, fin dall’inizio, fondata (come in Corea) sulla famosa formula TTT (test, tracciamento, trattamento), app diffuse e funzionanti, serietà delle istituzioni, competenza (e umiltà) delle varie autorità e collaborazione assoluta e convinta dei cittadini. L’unico mix possibile e vincente, in una moderna, solida e sostenibile democrazia. Ne avevamo parlato qualche tempo fa con Audrey Tang ( https://it.wikipedia.org/wiki/Audrey_Tang), giovane transgender, attuale ministro per la digitalizzione, in una intervista al Messaggero pubblicata lo scorso 1 agosto. Nonostante questi successi, ed il fatto anche questo oggettivo – di rappresentare un Paese dove c’è una presidente ed un parlamento eletti a suffragio universale – Taiwan continua ad essere ignorata, umiliata, usata, nelle migliori occasioni, per sfruttarne le molte capacità e competenze ma poi regolarmente lasciata fuori dalla porta. Compresa quella dell’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ancora una volta rifiuta di invitarla a partecipare alle sue riunioni, persino in veste di osservatore. Eppure è il mondo che dovrebbe essere interessato ad osservare, ed imparare, da Taiwan. Che dovrebbe essere invitata non a osservare, ma a parlare, a spiegarci come ha fatto prima a contenere e ora a sconfiggere, almeno così parrebbe, la pandemia.
Nel frattempo, che Dio ce la mandi buona, chi vi scrive, e che si è sempre considerato una roccia, lo fa da un letto dello Spallanzani, visto che si è beccato il Covid. Tutto sotto controllo, per ora: e infatti mi sento un privilegiato. Appena messo piede qui il virus si è già dato una calmata: qui sanno come trattarlo, come ben si sa. Prima di approdare qui però ho visto altre realtà, molto più drammatiche. Per carità, la situazione è quella che è, ma almeno smettiamola con gli orgogli pseudo nazional-sovranisti. O peggio ancora negazionisti. Facciamo come a Taiwan: stringiamoci attorno al governo, alle istituzioni, alle autorità sanitarie e agli operatori, sconfiggiamo tutti assieme questa maledetto virus, Che c’è. Esattamente come c’è, e va amata e rispettata, l’isola di Taiwan.