la Repubblica, 4 giugno 2020
Su "In un futuro aprile. Il giovane Pasolini" di Francesco Costabile e Federico Savonitto
Il titolo, In un futuro aprile, arriva dall’ultimo verso della Supplica a mia madre. Il documentario, firmato a quattro mani da Francesco Costabile e Federico Savonitto, è un viaggio nel tempo alla scoperta dell’infanzia, l’adolescenza, gli anni della formazione di Pier Paolo Pasolini in Friuli, accompagnati dal cugino poeta e scrittore Nico Naldini, colui che ha respirato gli stessi luoghi, gli stessi tempi, le stesse esperienze.
Casarsa è il paese della madre di Pasolini, Susanna, e all’inizio è la meta festosa delle vacanze di Pier Paolo e del fratello, poi il teatro della guerra. Negli anni Quaranta Pasolini s’innamora dei paesaggi, della lingua, delle tradizioni di quel mondo contadino. Scopre le prime pulsioni amorose, e quelle carnali insieme a giovani del posto. Sono anni poco conosciuti ma che influenzeranno in maniera decisiva la produzione artistica, a partire da quella poetica, dell’intellettuale. "Accanto al racconto biografico", spiega Costabile, "abbiamo cercato di evocare la dimensione poetica dei suoi testi attraverso una partitura visiva, quasi musicale, che accompagna tutto il documentario. Le immagini di repertorio aprono squarci temporali verso quel mondo, il linguaggio di finzione è usato per dare forma ai testi di Pasolini, mentre Federico porta avanti il lavoro sul paesaggio tra le linee narrative".
I testi di riferimento del film, presentato domani in apertura del Biografilm Festival, che quest’anno si svolge in forma digitale, sono principalmente Amado mio e Atti impuri, le poesie in friulano, a cui si accompagnano materiali di repertorio di provenienza varia, dai tagli inediti di Medea, al film Gli ultimi di Vito Pandolfi, alle riprese documentaristiche del fotografo Elio Ciol e del pittore Giuseppe Zingaina. Alle immagini d’epoca si ricorre per restituire la poesia di quel mondo perduto, fortemente in contraddizione con quello del presente.
Il doc si apre sulla prima memoria - visiva - di Pasolini, le tende bianche della camera della casa di sua madre. Il cugino Nico ne racconta la fanciullezza e consegna il ritratto della madre Susanna, "che impiegava due ore ogni giorno per truccarsi con cura" e che era al tempo stesso "timida e orgogliosa", una caratteristica di famiglia.
Con l’arrivo della guerra finisce un’epoca di spensieratezza, il fratello di Pier Paolo parte partigiano e perderà la vita. Sotto i bombardamenti madre e figlio sono costretti ad abbandonare Casarsa, con i pochi mobili che si sono salvati dalle bombe perché nascosti in cantina. A Versutta Pasolini inizia l’attività di maestro a due dozzine di ragazzini ("mai mi sono comportato con tanta dedizione come con quei fanciulli che mi erano grati") ai quali alterna rivelazioni poetiche e suggerimenti morali. Insegna in una piccola struttura in un casello tra i campi, "ci si stava appena ma spesso uscivamo sul prato e ci sedevamo vicino ai due pini sfiorati dal vento. Ora di quella stagione tutto mi pare perfetto, perfino i bombardamenti".
Racconta Nico Naldini: "Dopo la guerra a Casarsa Pier Paolo aveva fondato una specie di accademia di lingua friulana, pubblicammo a nostre spese alcuni libricini". Lo stesso Pasolini in una intervista video, in cui mostra i suoi libri che sono il racconto della sua vita, li fa vedere: il primo in assoluto, scritto a diciott’anni in friulano, il secondo, scritto in italiano, "Sono già qui gli elementi delle mie poesie future".
Ancora Naldini: "Pier Paolo aveva creato un asilo infantile della cultura, mio cugino ci radunava ogni domenica, io e gli altri recitavamo le poesie che avevamo composto durante la settimana. Ricordo che lo scritto più importante che feci era sulle Georgiche di Virgilio, Pasolini disse a mia mamma che avevo fatto una bella poesia e lei ne fu felice. Le poesie le facevo arrivare a Pasolini tramite la nonna, perché anche se vivevamo insieme in ogni momento della giornata vivevo sempre lo stato di attesa che lui potesse colpirmi con un giudizio".
Ci sono gli studi di Pasolini a Bologna, all’università segue le lezioni di Roberto Longhi, Naldini racconta di un’incertezza in quel periodo di Pier Paolo tra pittura e letteratura, lo studio della lingua parlata dai contadini friulani. "Pasolini sceglie di stare con il linguaggio dei contadini friulani della riva destra, legato a radici storiche profonde", per Naldini un dialetto "rivoluzionario e progressivo rispetto all’italiano che è la lingua mediocre delle elementari" e dunque esplosivo rispetto alla burocrazia.
"Teta veleta" è una parola che Pasolini inventa per descrivere la sensazione, il turbamento che a tre anni prova guardando ragazzini che giocano, il retro dei ginocchi e i tendini che scattano. Costabile spiega che l’amore per la vita e per il Friuli di Pasolini passa "attraverso l’amore per i corpi. In Amado Mio e Atti impuri sono molti i passaggi omoerotici e sono di grande spessore poetico. Troppo spesso si è parlato di Pasolini omettendo la sua visione erotica e panica della realtà, la borghesia italiana ha preferito invece scavare nelle zone d’ombra per trasformarlo nel poeta dello scandalo".
Lo scandalo lo allontana dal Friuli e dal partito Comunista in cui aveva militato con convinzione. Ancora una volta il racconto spetta al cugino Nico, testimone anche del doppio strazio della madre Susanna. La morte del primo figlio, partigiano, e poi di Pier Paolo "un dolore troppo grande rispetto alla sua possibilità di elaborare il lutto. La sua mente ha fatto un salto indietro nel tempo e noi le abbiamo nascosto i giornali, finché su uno ha trovato la storia di Pasolini e della sua atroce fine. Ha detto: "Questo bel giovanotto è morto, mi dispiace". La tragedia è stata troppo grande, ha chiuso gli occhi e non ha voluto riaprirli più, fino alla fine".