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 2020  novembre 01 Domenica calendario

QQAN62 Su "Come il cervello è diventato cosciente" di Joseph LeDoux

Tizio e Caio al risveglio. Tizio cerca di capire il senso di un sogno un po’ sconclusionato. Caio apre la finestra e vede un nebbione: «Peccato, dobbiamo rimandare la passeggiata, non vedremmo niente», dice, pensando alla delusione che Tizio forse proverà. In questi pochi minuti i cervelli di Tizio e Caio hanno fatto un gran lavoro all’insaputa dei proprietari. Tizio ha cercato di far rivivere un sogno e di capire il rapporto tra quel sogno e le esperienze della vita. Il sistema visivo di Caio ha trasformato stimoli identici nella percezione della nebbia. Il suo cervello ha immaginato i contenuti della mente di Tizio e il dispiacere per la mancata passeggiata.
Le scienze cognitive oggi conoscono i complicati meccanismi che permettono di vedere il mondo esterno e di costruire ipotesi sulle emozioni altrui. Caio è inoltre in grado di pensare a un mondo che nei fatti non c’è. Lo dimostra il ragionamento controfattuale su eventi solo immaginati: la gioia che Tizio avrebbe provato se si fosse potuta fare una passeggiata al sole.
Se ignoriamo come il cervello lavori a nostra totale insaputa, la scenetta del risveglio di Tizio e Caio non pone alcun problema. Tutto sembra ovvio, tranne forse il sogno di Tizio, qualcosa che il cervello ha prodotto in modo autonomo.
QQAN62

Che cosa avrebbe pensato del risveglio di Tizio e Caio, esattamente un secolo fa, uno psicologo a conoscenza dei lavori di Sigmund Freud avendo appena letto Al di là del principio del piacere? Questo psicologo del 1920 può ipotizzare che i contenuti del sogno facciano riferimento a desideri che non affiorano alla coscienza e che possono apparire solo mentre si dorme. E tuttavia non si sarebbe interrogato su tutto il resto del lavorio del cervello perché queste attività sono state svelate solo grazie agli esperimenti degli ultimi decenni.
Sui risultati di questi esperimenti si basa l’imponente saggio di Joseph LeDoux, celebre neuropsicologo che lavora presso il Center for Neural Science and Psychology della New York University. Gli dobbiamo una sintesi finora mai osata. Se molti hanno cercato di spiegare come il cervello produce la mente (anche Carlo Umiltà, Costanza Papagno ed io lo abbiamo fatto), nessuno finora aveva affrontato le capacità mentali considerandole come l’esito di una lunga, lunghissima, storia evolutiva che risale alla nascita dell’organismo primordiale.
Il nome della madre della vita sulla terra è LUCA: Last Universal Common Ancestor. LUCA, formatosi quattro miliardi di anni fa, è scomparso ma ha trasmesso ai discendenti i suoi tratti di sopravvivenza.
Perché non possiamo concentrarci solo sullo studio degli animali dotati di cervello, si domanda LeDoux? Risposta: una comprensione completa del sistema cervello/mente degli uomini discende dal successo dei primi organismi viventi nel risolvere i problemi fondamentali della sopravvivenza. Quando il problema della sopravvivenza è diventato più complesso, si è passati a sistemi nervosi diffusi e, in seguito, a un’unità centrale di controllo come il cervello. L’ultimo salto l’ha compiuto solo la specie umana dotandosi della coscienza oltre che dei meccanismi inconsci comuni a molte specie animali.
Meccanismi automatici più profondi dell’inconscio freudiano operano nella sala macchine del cervello umano. Lavorano silenziosamente riuscendo a produrre quel che in superficie appare scontato e che sfugge alle intuizioni ingenue e spontanee del senso comune.
A questo proposito LeDoux ricorda come molti fisici divulghino la loro disciplina enfatizzando le scoperte che mostrano come il mondo della materia funzioni in modi diversi da come si manifesta ai nostri sensi. E tuttavia quegli stessi scienziati spesso accettano acriticamente le intuizioni su cui si basa il senso comune.
Durante una cena, un noto fisico respingeva in modo risoluto la tesi di LeDoux secondo la quale non possiamo sapere se gli animali abbiano esperienze coscienti. Certo che le hanno, esclamò il fisico, mettendosi a parlare del suo cane. Ora supponiamo che qualcuno contesti la fisica quantistica perché viola le intuizioni del senso comune. I fisici non darebbero alcun credito a tale obiezione. E tuttavia, osserva con ironia LeDoux, nel caso della coscienza animale: «l’intuizione, a quanto pare, è tutto ciò di cui si ha bisogno».
Nel recensire il libro di LeDoux sull’ansia (si veda la Domenica del 25 giugno 2017), avevo raccontato la storia del coniglio che impara ad avere paura della lince. La genesi di questa paura è la conseguenza di associazioni tra ambienti e pericoli ed è diversa dai timori che donne e uomini provano, per esempio, di fronte a futuri sconosciuti.
LeDoux confessa di non aver riflettuto a sufficienza in passato sul problema delle emozioni inconsce negli animali. Nel 2006 LeDoux, appassionato musicista, ha scritto la canzone All in a Nut per la sua band The Amygdaloids lasciando intuire come l’amigdala, a forma di noce, fosse la fonte della paura e trascurando, ancora una volta, la distinzione tra paura conscia e inconscia. La localizzazione in una parte del cervello, e cioè nell’amigdala, non è sufficiente per capire come funziona la paura negli uomini e negli altri animali. LeDoux nel libro torna spesso su questo punto quasi volesse espiare l’errore precedente.
Quest’anno hanno avuto il premio Nobel per l’economia Paul Milgrom e Robert Wilson, due studiosi che hanno approfondito il tema delle aste. Immaginate d’aver vinto un’asta offrendo una cifra più alta di quella degli altri concorrenti. Sul momento siete contenti: avete vinto. E tuttavia, subito dopo, sorge il dubbio: e se per vincere avessi offerto una cifra troppo alta? Questo tarlo è la «maledizione del vincitore», il lato oscuro che accompagna l’asta dove abbiamo prevalso ma, vincendo, abbiamo forse anche perso qualcosa.
Tra tutte le specie animali, gli esseri umani sono gli unici ad aver vinto l’asta della coscienza. Solo noi siamo in grado di pianificare futuri possibili, magari a scapito del bene nostro e altrui, soddisfacendo desideri in assenza di sensi di colpa: un pasto troppo calorico, nuotare nel mare agitato, avere un’avventura adulterina o assumere droghe che creano dipendenza. Abbiamo vinto l’asta della coscienza pur non conoscendo con precisione quando e come il cervello sia riuscito a produrla. È certo però che, dopo la sua comparsa, l’uomo è diventato capace di forme estreme di bontà e di cattiveria, entrambe assenti nel resto del mondo animale.