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 2020  novembre 01 Domenica calendario

1QQAN40 Su "Amor di patria" di Marco Sassano (Brioschi)

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Amor di patria è il secondo volume della neonata collana «Storie e vite» dell’editore Francesco Brioschi, diretta da Isabella Bossi Fedrigotti e Andrea Kerbaker, inaugurata dalla riproposta del romanzo Il mio nome a memoria di Giorgio van Straten, già vincitore nel 2000 del Premio Viareggio per la narrativa.
Amor di patria è un’autobiografia famigliare lunga duecento anni, dal 1805 a oggi; l’autore Marco Sassano è stato giornalista di inchiesta e ha firmato alcuni testi di rilievo su casi scottanti del secondo Novecento, tra cui Pinelli: un suicidio di stato (1971) e La politica della strage (1972). In questo libro egli assume la voce dei propri antenati e narra in prima persona «quattro generazioni di carbonari, garibaldini, rivoluzionari e antifascisti»: il bisnonno Tobia Arienti (1805-1857), il nonno Francesco Grandi (1841-1934), il padre Fidia Sassano (1904-1978) e sé stesso, nato a Torino nel 1949. È il racconto affascinante di persone che hanno «preso sempre posizione», mossi dal desiderio utopico di migliorare il mondo.
Storia personale e storia collettiva si intrecciano in un percorso che inizia con i moti carbonari del primo Ottocento e giunge alla strategia della tensione del Novecento, disegnando il profilo di una nazione e di molti suoi interpreti, da Garibaldi a Gramsci. A legare i ritratti personali e gli eventi pubblici è la tensione per l’affermazione della giustizia e della libertà, uno scopo che oggi troppo spesso sembra essere scomparso o dimenticato insieme al senso di una dimensione corale della vita, la capacità di spendersi per la felicità degli altri (che è anche la propria), la generosità dell’impegno gratuito, non cercando altra ricompensa, scriveva Garibaldi, che quella «dell’incontaminata coscienza». Attraverso le biografie dei propri famigliari Sassano si comprende certamente meglio e invita a riflettere sul nostro modo di vivere e sulla storia civile e politica dell’Italia.
Sfilano in appassionante successione fatti e protagonisti: Giuseppe Mazzini e Federico Confalonieri, Goffredo Mameli e Nino Bixio, i moti insurrezionali e l’impresa dei Mille, la Repubblica romana e la rivolta di Bronte, il movimento socialista e l’occupazione delle fabbriche, il nazifascismo e la liberazione, l’emancipazione antiautoritaria del Sessantotto.
Il moto fiducioso che contraddistingue il processo storico ottocentesco ha un brusco arresto nel racconto dei decenni del fascismo e del sogno rivoluzionario comunista. Qui la voce è quella del padre dell’autore, Fidia Sassano. Il discorso è profondo e doloroso, scava in ferite non rimarginate, non solo nella descrizione delle bestiali efferatezze fasciste e naziste, vertiginosi abissi del male. Ma anche per le fratture che segnarono le vicende del mondo comunista, per l’infrangersi di ideali e di auspici che si credevano luminosi e condivisi.
Le pagine su Trotskij e Zinov’ev, su Amadeo Bordiga ed Edmondo Peluso, su Palmiro Togliatti e Pietro Secchia, sul rovinoso settarismo della sinistra, sulle accuse interne di disfattismo a Gramsci e il suo conseguente isolamento, sulla perdita di «fede nel Partito», sono intrise di partecipazione intensa e drammatica, siglate da un amaro e insanabile «gelo nel cuore».
Negli anni che riguardano la vita dell’autore spiccano le ricerche sulla strage di Piazza Fontana e sulla morte nella questura di Milano dell’anarchico Giuseppe Pinelli, confluite poi in «libri di battaglia, concepiti nel fuoco di una stagione che avrebbe cambiato profondamente l’Italia», frutto di un «giornalismo irrispettoso delle verità ufficiali, deciso a scavare nei fatti senza accontentarsi di veline e conferenze stampa».