Corriere della Sera, 1 novembre 2020
Papa e Europa ultimo bastione dei diritti civili
Il problema dei matrimoni fra persone dello stesso sesso sta diventando una intrigante questione internazionale. Mentre il Pontefice romano dichiara che anche gli omosessuali hanno diritto a una famiglia, il presidente degli Stati Uniti nomina alla Corte Suprema una donna, Amy Coney Barrett, che ha fatto i suoi studi nella maggiore Università cattolica americana, ha diviso la sua vita fra l’insegnamento e la pratica giudiziaria, è orgogliosa della sua fede ed è nota per avere dichiarato, in una particolare circostanza, che gli avvocati cattolici dovrebbero ritirarsi dai processi in cui la legge, per il caso in discussione, prevede la pena di morte. La scelta di Trump è stata approvata dal Senato il 26 ottobre con una maggioranza di 52 a 48, ma ha suscitato preoccupazioni e critiche fra i «Lgbt» (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) e le organizzazioni che ne difendono i diritti. Temono che la giudice Barrett si valga dei suoi poteri per smantellare sentenze come quella del caso «Roe contro Wade» che ha ampliato il numero delle circostanze in cui l’interruzione di gravidanza è lecita; e temono che la stessa sorte toccherebbe alle norme che permettono i matrimoni fra persone dello stesso sesso. Molti americani pensano addirittura che Trump, scegliendo la signora Barrett, si proponesse per l’appunto questo scopo. Dietro questo duello esiste un problema ancora più importante. Per alcuni decenni, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, abbiamo assistito a una prodigiosa crescita dei diritti civili in molti campi, dalla condizione della donna a quella dei bambini, dallo status delle minoranze etniche a quello dei migranti. La stessa Chiesa, con Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II, aveva deciso di rivedere le sue posizioni più conservatrici. Era un segno dei tempi, la reazione a un’epoca in cui molti regimi autoritari e illiberali avevano dominato la scena politica e sociale. Ma questi mutamenti sono minacciati oggi da un diffuso desiderio di «ritorno all’ordine» (e in questo la Polonia, con la sua legge che riduce il diritto d’aborto, è in prima fila). Mentre il problema dei migranti ha favorito il fenomeno sovranista e provocato rigurgiti di un razzismo mascherato da orgoglio identitario, l’epidemia e i lockdown hanno provocato il negazionismo di coloro per cui il virus è soltanto un inganno ed è comunque meglio che la natura faccia il suo corso. Resta il liberalismo della Commissione di Bruxelles, del Parlamento di Strasburgo, di alcuni governi nazionali e quello di papa Francesco, ma minacciato anch’esso dall’integralismo cattolico.