Franco Giubilei per “la Stampa”, 31 ottobre 2020
IL TITANO DELLA MOVIDA – SAN MARINO NON È MAI STATA FAMOSA PER LA VITA NOTTURNA, MA CON IL DPCM DELLA SCORSA SETTIMANA LA PICCOLA REPUBBLICA È DIVENTATA L’ULTIMO RIFUGIO DI CHI VUOLE GODERSI UNA CENA FUORI O UNA BIRRA SERALE – E I COMUNI ITALIANI DEI DINTORNI SI INCAZZANO… -
La repubblica arroccata sul Monte Titano non è mai stata famosa per la movida, ma ora, con la riviera romagnola e il resto d' Italia oscurati per lo stop ai locali alle 18, ristoranti e pub di San Marino aperti fino a mezzanotte brillano come fari accesi nel buio.
E infatti nella notte di Champions, quando la Juve giocava col Barcellona, il centralissimo bar Guaita offriva un panorama che fino a pochi giorni fa era consueto in tutte le città italiane ma che adesso non lo è più: ragazzi seduti ai tavolini con la birra in mano e gli occhi puntati sugli schermi tv.
«Sono venuto da Rimini apposta per poter vedere la partita - dice Giorgio, 28 anni, impiegato comunale -.Da noi non si può più, San Marino è vicina e ho pensato di farmi pochi chilometri in macchina pur di non perdermela. Stasera non c' è tanta gente venuta da fuori, ma nel weekend le cose cambieranno».
Una prospettiva, questa della migrazione serale a San Marino (per altro tra i Paesi con il più alto tasso di mortalità per Covid, complici le dimensioni ridotte della repubblica), che piace pochissimo ai comuni della zona, tanto che ieri 13 sindaci del Riminese e il presidente della provincia hanno scritto alle autorità della repubblica sottolineando la necessità di far fronte al pericolo-Covid adottando le stesse contromisure: «I nostri territori sono profondamente interconnessi, con ingenti flussi quotidiani di persone e merci. Un' efficace lotta contro la diffusione della pandemia richiede strategie condivise e il più possibile allineate». A San Marino una stretta c' è stata, col divieto di organizzare feste private e più controlli, ma i locali continueranno a restare aperti di sera, sia pure con orario di chiusura anticipato alle 24.
«Noi riceviamo molte telefonate di gente da fuori che s' informa, sicuramente ci aspettiamo un aumento di clienti dall' Italia - dicono i gestori del ristorante Braschi -. Qui lavoriamo in sicurezza, usiamo tutti i dispositivi e facciamo osservare il distanziamento. Speriamo che non ci facciano chiudere la sera anche qui, sennò andiamo tutti a gambe all' aria».
Più su, fra le mura medievali del centro, bar ed enoteche presentano il volto usuale dei locali di qualsiasi città italiana pre-dpcm: coppie che chiacchierano davanti a un bicchiere di vino, ragazzi con la mascherina al bancone a pagare (in piedi non si può stare). «Da noi la casistica dei contagi è molto bassa, siamo una realtà piccola - osserva John Selva, titolare del Giulietti Km 0 -.
Qualcuno dall' Italia è già venuto, ho qui due persone da Misano arrivate perché da loro è tutto chiuso. Già ora c' è tolleranza zero: se non si rispettano distanze e divieti di assembramenti c' è la sospensione della licenza e una multa da 1.000 euro per cliente e locale».
Nell' enoteca che dà sulla stessa piazza sottolineano che la situazione nella repubblica è tranquilla: «Qui la movida non c' è mai stata, prima eravamo noi ad andare in Riviera - dice Jacopo Giusto, uno dei due soci -. A San Marino c' è una grande vivibilità, non siamo Las Vegas».
Eppure già l' estate scorsa, quando le discoteche della costa erano sprangate, promoter e impresari venivano sul monte Titano a organizzare serate di ballo latino e un grande evento di musica techno, con polemiche annesse. Ora però la cautela è maggiore, spiega Daniel Francesconi, titolare del bar Guaita: «Nei weekend abbiamo steward che fanno osservare le regole: sabato abbiamo allontanato dei clienti che non rispettavano le disposizioni». Più a valle, al Rosen Bowl Pub, un ragazzo la butta sul campanilismo: «Ci sono pressioni da Rimini, qualcuno ci dà degli untori, forse perché è invidioso»