Corriere della Sera, 31 ottobre 2020
Intervista a Myss Keta
Il nome, l’età, il viso: chi la conosce non chiede. Chi ama Myss Keta sta al gioco e si lascia avvolgere dal suo mistero, dal suo mondo iperrealista e provocatorio, dalla sua musica da dancefloor battente, mix di elettronica, house, rap. Occhiali neri, naso e bocca coperti ben prima dei tempi, dall’underground milanese è approdata ai grandi palchi: a Sanremo ha duettato con Elettra Lamborghini e di recente è finita pure sul New York Times, celebrata come la nostra «diva mascherata». Il 13 novembre la queen della notte torna con un nuovo ep, Il cielo non è un limite, proiettata sempre più in alto.
Guarda al cielo in un momento in cui siamo un po’ relegati in casa: c’è un legame?
«L’immaginario che abbiamo pensato è l’elemento aria. Il cielo associato ad altezze, fruibile attraverso vetro e acciaio, da un grattacielo o da un aereo. È inevitabile che c’entri il periodo, ci ha entusiasmato il contrasto: spalancare gli occhi che siamo costretti a tenere un po’ bassi e incorniciati, dovendo guardare il cielo dalle finestre».
Come mai parla al plurale?
«Io sono performer e artista ma Myss è un progetto collettivo in cui ciascuno ha un compito nel creare un “pacchetto” visivo e musicale. Siamo prima di tutto amici: le idee nascono in un nido preferenziale».
Le canzoni chi le scrive?
«A volte nascono da me, a volte durante delle serate, a volte da altri. Per questo ep abbiamo giocato con il tema del doppelgänger, il doppio, così nel singolo Giovanna Hardcore Myss è una Giovanna D’Arco del presente caricata di una realtà rave e del femminismo degli ultimi anni. In altri pezzi è una cattivissima rider o una divinità greca».
«Photoshock» parla dell’ossessione per il ritocco.
«Abbiamo raggiunto la consapevolezza dell’orrore di Photoshop, desideriamo più realtà e più varietà di corpi, eppure continuiamo a postare foto in cui siamo venuti bene sui social. Ma bene secondo che canone? È una lotta interiore più che esteriore».
I social che ruolo hanno?
«Non ci fanno procedere in questo ragionamento, sono come dei magazine personali. Chi sceglie di tenersene lontano, e sono sempre più persone, fa una scelta quasi di eremitaggio. Se vuoi rimanerci devi creare delle tue regole che ti permettano di stare bene, ma è un lavoro faticoso».
Con la mascherina ha, involontariamente, precorso i tempi: quante ne ha?
«Tantissime, divise per colore. Così quando è arrivato il momento in cui tutti dovevamo indossarle ma non se ne trovavano, ne ho distribuite ai miei conoscenti».
Lanciando il nuovo ep ha postato un video dove mostra la bocca: un cambio look ora che tutti le assomigliano?
«Ogni tanto, nelle situazioni che lo consentono, scopro la bocca. Ma Myss ha sempre coperto il volto e rimane iconica così. La mascherina mi ha sempre dato un punto di vista privilegiato perché non svelare la parte espressiva crea mistero. Ora che siamo tutti alla pari mi rendo conto che è veramente potente».
Artisticamente dice?
«Nel mio caso ha permesso a tante persone di rivedersi in Myss, come una tavolozza su cui disegnare il volto che si vuole».
E nella vita di tutti i giorni?
«Adesso è come se ci lanciassimo degli sguardi dieci volte più potenti, non ci siamo abituati».
Cosa pensa di chi non vuole portare la mascherina?
«Rabbrividisco. Siamo nel 2020 e la scienza va ascoltata. La mascherina oggi ha anche un messaggio positivo, è simbolo della volontà di proteggere l’altro, un atto di responsabilità verso chi ci circonda».
Una diva della notte come vive con i locali chiusi?
«Sono una diva “coprifuocata”. Guardo la notte di Milano ed è buia e vuota. Mi manca tantissimo, mi mancano le situazioni sociali dei concerti e del clubbing, ma credo nella volontà di creare reti da altri punti di vista, anche se non fisicamente. Voglio pensare che stia accadendo».
Da icona Lgbtq come ha preso l’apertura del Papa verso le unioni civili?
«È buffo e strano sentire certe affermazioni dal Papa, ma ho paura sia stata una mossa di gran marketing. Se invece ci crede veramente, sono soltanto felice per lui».