Corriere della Sera, 31 ottobre 2020
QQAN70 Su "Figure" di Riccardo Falcinelli (Einaudi)
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L’effetto è quello di un piacevole, intrigante, modernissimo spaesamento non soltanto visivo ma anche temporale, mentale, sentimentale: la Vergine in adorazione dell’Ostia di Ingres (1852) accanto all’anonima foto (contemporanea) di una vela in mezzo a un lago; l’Hiroshige del Giardino dei pruni di kameido (1857) accanto al Gauguin della Visione dopo il sermone (1888) , all’Orson Welles di Quarto potere (1941), al doppio ritratto di Walker Evans (1935); una trecentesca Madonna di Giotto accanto alla Madre migrante di Dorothea Lange (1936); il Cortile olandese di Pieter de Hooch (1658) accanto ai fotogrammi di Psycho (1960) e di Via col vento (1939).
Figure di Riccardo Falcinelli (Einaudi Stile Libero Extra) è un saggio-trattato enciclopedicamente divertente, certo perché ricchissimo di immagini (500 su 528 pagine) in un tempo in cui le immagini paiono valere molto più delle parole, ma anche perché sembra volere a suo modo testimoniare come le «immagini senza idee» in realtà non servano a niente, non contino né ci emozionino.
Biancaneve e Caravaggio, la coppia Tom-Jerry e Courbet, Chardin e il cheeseburger, Tiepolo e Greta Garbo (tanti, tantissimi i riferimenti cinematografici, da Ejzenštejn a Kubrick a Visconti a John Ford), la copertina di «Vogue» e Cima da Conegliano. Affascinante è scoprire con Falcinelli (reduce dallo strepitoso successo di Cromorama, uscito nel 2017 sempre per Einaudi Stile Libero) quanto l’arte contemporanea si poggi su regole e dinamiche del passato. Perché le foto pubblicitarie di oggi ricalcano le nature morte dei pittori del Seicento-Settecento oppure le foto pubblicitarie con tanto di attrice e modella celebre che sponsorizzano un nuovo profumo richiamano senza paura (o forse senza ritegno) le Madonne di Raffaello o di Guido Reni (la sua Immacolata Concezione apre il libro per dimostrare l’importanza «di stare al centro» di un qualsiasi orizzonte ) . Allo stesso modo i registi sanno benissimo che mettere al centro dell’immagine una mano tesa «accentra tutta l’attenzione in quel punto» come facevano i pittori barocchi nelle loro opere. Anche se oggi è cambiato l’approccio all’immagine: troppo veloce, soprattutto per un pubblico privo di un adeguato background culturale.
Figure si propone come «un saggio per chi vuole non solo capire le immagini, ma anche inventarne di nuove», intenzione benemerita all’epoca di Netflix e dei selfie, «quando il funzionamento delle immagini – spiega Falcinelli (1973) – è un problema culturale che ci coinvolge tutti». Un’epoca, aveva spiegato ancora Falcinelli durante un recente dialogo nell’ambito del festival fiorentino La Città dei Lettori, «in cui guardare un’immagine è ormai scorrimento scorrimento scorrimento fin quando non ne capita una che finalmente ci colpisce, solo allora riusciamo a fermarci. Per questo i più giovani bisogna educarli al confronto tra opere ed epoche e questo può farlo solo la didattica artistica». L’importante «non è tanto diventare storici dell’arte, ma imparare a osservare davvero un’immagine e comprendere come funziona».
Alla base del libro c’è una gabbia di impaginazione alla quale in qualche modo Falcinelli ha adattato le immagini. Con l’ambizione di stabilire un dialogo con il lettore, perché questo non è un libro di storia dell’arte «ma un modo per cercare di istaurare un rapporto diretto con il lettore, con spontaneità, a braccio, anche se rispetto ai miei precedenti libri Figure ha certamente un linguaggio più colloquiale».
Questo è insomma un viaggio che parte dai musei e finisce nelle nostre librerie, nei nostri schermi da social network. E che, allo stesso tempo, spiega perché solo alcune immagini – siano opere d’arte di secoli addietro o frame di celebri film, come fotografie o disegni che incontriamo quotidianamente e ci catturano e ipnotizzano – riescano a suscitare il nostro apprezzamento o stupore.
Scritto con stile affabulatorio, Figure è un libro per chi vuole non solo capire le immagini, ma anche inventarne di nuove. Il paradigma adottato da Falcinelli è qui: invece di cercare il «significato» delle immagini, si entra nel loro ingranaggio, trattandole come meccanismi da smontare, non come simboli da decifrare, spiegando in che modo e per quale motivo siano state progettate e costruite. Passando attraverso le botteghe dei pittori e gli studi di fotografi e registi, da Tiepolo a Muybridge al regista Lars von Trier. E riuscendo a dare davvero vita all’arte.