Corriere della Sera, 31 ottobre 2020
Rapporti Francia-Islam, le ragioni di uno scontro
Vent’anni fa, la decisione del presidente Chirac di opporsi all’intervento americano in Iraq aveva suscitato nel mondo arabo musulmano un’ondata di simpatia nei confronti della Francia. Occorre ricordare quel momento per provare a comprendere come questi sentimenti si siano progressivamente tramutati nel loro contrario, con il concorso di ben orchestrate campagne d’odio, l’ultima innescata dal presidente turco Erdogan. La Francia, paladina dei diritti umani, della libertà religiosa, del terzomondismo culturale, è oggi aggredita dall’esterno e disprezzata, addirittura sabotata, all’interno, da strati non proprio marginali della popolazione e da gruppi di giovani musulmani che non si riconoscono nel modello identitario della République, e che costituiscono l’acqua sporca in cui nuotano sicari dell’islamismo radicale e del terrorismo. Un’acqua che è complicato prosciugare, sia per la rete di complicità di cui godono i terroristi, sia perché non si tratta solo di sventare complotti, bensì di stanare cani sciolti, giovani indottrinati che agiscono all’arma bianca, che probabilmente non dispongono di armi ed esplosivi, che sovente nemmeno figurano fra le migliaia di schedati come potenziali terroristi e quindi non identificati nè sorvegliati.
Il ribaltamento di sentimenti nei confronti di un Paese che si era fieramente opposto alla narrazione dello scontro di civiltà trova pretesti e concause a partire dalla rivolta delle periferie (2005) che mette in luce la disperante e atavica precarietà di giovani di origine magrebina (ma cittadini francesi) per i quali i principi di uguaglianza e di pari opportunità restano sulla carta. Giovani che contestano la lingua di Molière e i programmi di storia, che fischiano la Marsigliese e allo stadio, contro la Francia, tifano Algeria.
L’establishment, per bocca dell’allora ministro degli interni Sarkozy, li considera feccia, «canaglie» che vivono nell’illegalità di quartieri da ripulire con ogni mezzo. Da giovani delinquenti a giovani islamizzati il passo è breve, poiché laddove non arrivano cultura ed educazione repubblicana, e dove non mette piede la polizia, prosperano scuole coraniche illegali, moschee clandestine, predicatori di dubbia origine e addirittura didattica organizzata per cinquantamila giovani ritirati dalle scuole pubbliche. È il separatismo culturale e religioso cui ha dato battaglia il presidente Macron.
Un secondo passaggio drammatico è stata l’entrata in vigore della legge sulla laicità, nella versione più «radicale» rispetto alla legge del 1905. La proibizione di simboli religiosi nei luoghi pubblici, in nome della neutralità laica della Repubblica, da un lato ha suscitato qualche doloroso imbarazzo negli ambienti cattolici (quando, ad esempio, qualche municipio ha vietato i presepi natalizi) e dall’altro ha provocato profonda irritazione nel mondo musulmano più tradizionalista, sia all’estero, sia in patria, in particolare sulla questione del velo per le donne. Non saranno mai abbastanza le parole di condanna per i vili attentati di questi anni, ma non si può fare finta che le vignette blasfeme di Charlie Hebdo e il «diritto alla blasfemia» – considerato equivalente a un’espressione di satira e quindi di libertà – non abbiano offerto pretesti alle campagne d’odio, non siano insomma benzina su un materiale facilmente infiammabile.
Le questioni religiose e socioeconomiche si sono poi mescolate a una progressiva correzione di rotta della politica estera, a partire dalla presidenza Sarkozy, che ha ribaltato la dottrina «terzomondista» di Chirac e ha ricucito il rapporto con gli Usa e la Gran Bretagna, fino alla decisione di intervenire in Libia ed eliminare Gheddafi. Da qui sono cominciati anche gli arruolamenti di molti giovani francesi nelle file dell’Isis, il pendolarismo di terroristi dal Medio Oriente alla Francia, passando per la retrovia del Belgio, la minaccia permanente nelle ex colonie africane nei confronti dei soldati francesi impegnati contro le milizie islamiche. Sul rapporto con la Turchia pesa anche la posizione intransigente contro l’apertura all’Europa e il riconoscimento del genocidio armeno.
In questo quadro, non va taciuta una zona grigia in cui si muovono i rapporti d’affari con i Paesi musulmani, forniture di armi, penetrazione capillare nell’economia e nella società francese degli sceicchi del petrolio, dai sauditi al Qatar, uno Stato sospettato di sponsorizzare estremisti islamici e fratellanza musulmana e, al tempo stesso, grande sponsor del Paris Saint Germain, la squadra del cuore dei giovani delle banlieues.Tutto naturalmente all’ombra dei sacri principi della République.