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 2020  ottobre 31 Sabato calendario

La frutta e la verdura nei quadri

Andai per la prima volta con mio padre nella Foresta Nera a 14 anni. Rimasi deluso perché era diversa da quella delle fiabe. Impossibile perdersi, ogni sentiero era segnato, e freccette di diversi colori indicavano l’itinerario da seguire. Anche tutti gli alberi avevano un numero. Ma nel mio ricordo la Schwarzwald era fitta e oscura. Quando ci tornai da adulto gli alberi non erano così fitti come ricordavo. La memoria inganna? Non sempre. Nel mio disordine ritrovai le foto in bianco e nero del nostro lontano pic-nic in Germania. E gli alberi erano folti, non ancora insidiati dall’?inquinamento.In Poveri ma belli, film di Dino Risi del ’57, Maurizio Arena a Marisa Alassio si tuffano nel Tevere. Oggi sarebbe un suicidio. Nei film neorealisti dell’epoca, la pineta di Castelfusano è oscura come una foresta germanica. Per l’esattezza, Hansel e Gretel non vagano nella meridionale Schwarzwald, ma nella foresta di Teutoburgo, molto più a Nord, dove Varo perse le sue legioni nel 9 dopo Cristo.
Ma come si fa a controllare i cambiamenti della natura prima dell’invenzione della fotografia? Ci si può fidare dei quadri? All’università di Gand in Belgio, due amici hanno iniziato una ricerca in comune, tra arte e natura, ha scritto la Frankfurter Allgemeine. Ive De Snet è specializzato in genetica delle piante e collabora con lo storico dell’arte David Vergauwen. Il primo è vegano, l’amico ama le bistecche, ma non importa. I risultati della loro ricerca dovrebbero essere interessanti anche per l’agricoltura bio.
La frutta e la verdura prodotte senza concimi e antiparassitari chimici sono meno belle, diciamo meno artistiche: mele rinsecchite pomodori minuscoli e sbiaditi. Le madri si lamentano che i figli rifiutano di mangiare piselli freschi e bio perché sono abituati a quelli in scatola. I due ricercatori di Gand confrontano i prodotti del mercato, bio e anche no, con quelli delle nature morte dei pittori fiamminghi.
Tra i fagiani e le oche che piacciono a David, si ammirano anche ciliegie e fragole, funghi porcini e albicocche, cavolfiori e insalate. Si possono studiare semi vecchi di secoli, e resti di piante e di frutta, ma gli esami genetici, hanno spiegato, non danno alcuna informazione sul loro aspetto. Come erano grossi, quale era il colore, avevano particolarità oggi perdute a causa dell’agricoltura industriale?
Gli artisti belgi e olandesi, hanno detto i due, sono affidabili per studiare i prodotti agricoli del Cinquecento, al contrario dei maestri italiani del Rinascimento che esagerano in fantasia. Hubert van Eyck, Jan Provoost, Jan de Beer, riproducono la realtà con la precisione di un fotografo. Anche i Deutsche Römer, i pittori tedeschi che risiedevano a Roma nel 18° e 19° secolo, sono, secondo loro, degni di fede. Hanno il vizio di disseminare rovine romane e greche a casaccio, spostando il Colosseo in riva al mare, ma ritraggono fedelmente contadini e contadinelle, e i mercati.
Io non sarei così sicuro, in qualche loro quadro ho visto esposti sui banchi del mercato a Roma salmoni accanto alle triglie. Siamo sicuri che al tempo di Goethe venissero pescati nel Tevere di Marisa Allasio, o nel Tirreno? Forse i Deutsche Römer avevano nostalgia del pesce di Amburgo o di Brema. E il fiammingo Hyeronimus Bosch nel Giardino delle delizie ha dipinto fragole grosse come mongolfiere. L’Archeobotanik nell’arte, come la definiscono, rischia di scambiare una favola per la realtà.