ItaliaOggi, 31 ottobre 2020
Periscopio
La nostra è una società individualista senza individui. Massimo Fini, Il Ribelle. Marsilio, 2006.
La protagonista dl mio ultimo romanzo è Milano, la città dell’editoria e della moda, della concretezza e dell’allucinazione, della praticità e dello spreco. Edoardo Albinati, scrittore (Nicola Mirenzi), Huffington Post Italia.
Playmen e Playboy mi chiesero di posare nuda. Mi offrirono cifre da capogiro: ma chi l’avrebbe sentite poi mia madre e mia suocera? Orietta Berti, cantante (Renato Franco). Corsera.
È più bello scrivere o fare l’editing? «È più bello leggere». Antonio Franchini, editor (Luigi Mascheroni). il Giornale.
Andavo a vedere film di registi italiani contemporanei e pensavo con l’ottusa spavalderia dei miei 19 anni: «Ma questa roba la saprei fare anch’io!». Non era vero. Non ho mai imparato a fare quella roba. Paolo Sorrentino, regista (Antonio Gnoli), la Repubblica.
Da quasi trent’anni Berlusconi è investito da un odio partitico, sociale, giudiziario, imprenditoriale, sportivo, sessuale, sanitario e da una serie di accanimenti personali che non hanno precedenti per intensità durata e diversità di piani. Ricordano davvero le 10 piaghi bibliche d’Egitto. Con la sola differenza che questi casi si concentrano sul faraone anziché colpire il popolo d’ Egitto. Marcello Veneziani. Panorama.
Osama Bin Laden ha dichiarato la guerra agli Stati Uniti alla fine degli anni 90. Dopo gli attentati con le bombe contro due ambasciate degli Stati Uniti in Africa nel 1998, le forze americane reagirono distruggendo le basi di Bin Laden in Afghanistan con dei missili di crociera come se queste rappresaglie riguardassero uno Stato-nazione. Pensateci, un giorno dell’agosto 1998 gli Stati Uniti tirarono 74 missili di crociera del costo di un milione di dollari ciascuno, contro un solo individu. Fu la prima battaglia della storia tra una super potenza e un uomo in collera superpotente. Thomas L. Friedman, Paix des peuples, guerres des nations. Denoel, 2002.
«Hai conosciuto anche Daniela Santanchè e sei stato un suo stipendiato consulente politico», dico. «Una donna straordinaria, un po’ matta e con una marcia in più. Abbiamo in comune una vena anarchica. Forse dico una caz...ta, ma credo che la differenza tra l’essere di destra o di sinistra sia meno importante che quella tra essere anarcoidi oppure inquadrati. È questo che differenzia o unisce. Umanamente, perciò, mi trovo spesso d’accordo con gente di destra, nella quale questo anarchismo è più diffuso». L’enormità genera la reazione di cane e gatti che lasciano indignati il salotto. Fabrizio Rondolino, scrittore (Giancarlo Perna). Libero.
Ero amico di Giorgio Gaber. Quando veniva a Bologna, dopo lo spettacolo, andavamo insieme da Vito. Non mi è piaciuto però che abbia scritto «la mia generazione ha perso». Ha perso la generazione di mio padre, che si è fatto due guerre. Noi siamo figli del boom: abbiamo potuto studiare, siamo riusciti a fare quello che volevamo. Gaber era un ragioniere ed è diventato Gaber, io sono un maestro elementare... Francesco Guccini, cantautore (Aldo Cazzullo). Corsera.
«Certo che ci siamo perdonati» dice Veronica Celi della madre. «Io ne avevo paura da bambina, mi metteva soggezione. Come a tutti. Era incantevole, poi esplodeva dal nulla. L’ho accudita, negli ultimi tempi della malattia. Aveva un tumore ma aveva deciso di non curarsi. Era medico, d’altra parte. Comunque decideva sempre lei. Sono stati mesi bellissimi. Un giorno mi ha detto: non sai il bene che hai portato nella mia vita. I miei figli sono stati l’amore. Poi, nel doloroso svuotamento della casa, ho trovato i diari e le lettere. Chiedeva di essere seppellita al cimitero ebraico di Prima porta, nonostante non fosse osservante. Che sua nipote Maddalena, mia figlia, suonasse il violino per lei. E che fumassimo tranquillamente una sigaretta, se volevamo». Concita De Gregorio, la Repubblica.
Senza quello sventurato e involontario eroe, rimasto senza nome per un secolo, cioè senza il fantaccino italiano che prese su di sé la bomba che doveva uccidere Hemingway non ci sarebbe stato niente niente di Ernest Hemingway: cioè niente Per chi suona la campana, niente I 49 racconti, niente Fiesta, nente Il vecchio e il mare. E senza Hemingway niente Truman Capote, Saul Bellow, Norman Mailer, Tom Wolfe, Gore Vidal. Senza quella prosa scarna, secca come una fucilata e così lontana dall’accademia, niente Charles Bukowski, Stephen King e Chuck Palahniuk. E forse neanche Raymond Carver e Philip Roth avrebbero mai messo piede in una casa editrice, se non avessero potuto nuotare nella possente scia lasciata dal corpaccione letterario, e non solo, di Hemingway. Maurizio Pilotti. Libertà.
Gli ebrei di Lodz, in Polonia, che ammontavano a due o tre dozzine, vivevano in una viuzza tutta per loro. Erano tutti, senza accezioni, sarti, e gli era stato concesso di stabilirsi a Lodz perché non c’era nessun altro che facesse i vestiti per i polacchi, Altri ebrei, a Lodz, non erano ammessi. Israel Singer, I fratelli Ashkenazi. Longanesi, prima edizione originale 1937.
In quel libero mercato di reliquie che nessun pontefice romano (nemmeno Papa Gregorio, o Papa Sisto) avevano mai pensato davvero di reprimere perchè dava da mangiare a mezza Roma, il cinismo e l’arguzia della plebe romana riuscivano ad immettere reliquie di eccezione soprattutto per gli stranieri e soprattutto per i francesi che, a quell’epoca, e per qualche ragione non mai sufficientemente chiarita venivano considerati più stupidi perfino dei milanesi e dei tedeschi: degli autentici babbei. Sebastiano Vassalli, La chimera. Rizzoli, 2014.
Tornavo a casa dal cantiere e raccontavo a mia moglie dei muratori e delle loro bestemmie; ma bisognava conoscerli, non erano d’animo cattivo, semmai solo un po’ rozzi e un po’ rossi, ma io sapevo come destreggiarmi; bastava, ogni tanto offrire qualche cassetta di birra, raccontare a volo qualche barzelletta e non fare troppe storie, sennò c’era il caso che ti rovesciassero una vasca di calcina davanti ai piedi come era capitato al tecnico mandato dall’arcivescovo. Heinrich Boll, Biliardo alle nove e mezzo. Mondadori, 1959
La mia insegnate di russo a San Pietroburgo mi chiese se avevo letto La casa sul fiume un romanzo di Tifonov. «No» rispondo «e tu lo hai letto?». «Per forza, l’ho letto perché era proibito». Paolo Nori, La grande Russia portatile. Salani, 2018.
La differenza fra la prostituta e la «signora per bene» sta solo nella modalità di pagamento. Roberto Gervaso.