Corriere della Sera, 30 ottobre 2020
I 60 anni di Maradona
È impossibile giudicare Maradona solo come calciatore. Si può fare per Di Stefano, Pelè, non per lui. Maradona è stato un simbolo di liberazione, uno che attraverso il calcio guidava la gente a riscattarsi, che dentro di sé non tollerava regole ma le portava agli altri. Era un sole dell’avvenire prosaico ma reale. Ha portato felicità concreta sbattendo Napoli in faccia all’Italia, ne ha descritto la grandezza moderna, l’ha scossa dalla sua distrazione e rimessa al centro del mondo. Maradona non è un eroe positivo né ha mai voluto esserlo. Credo si sia sempre sentito un martire della sua diversità, il mondo era cattivo perché la rifiutava, perché lui era eccessivo, melodrammatico, esagerato da sopportare. Viveva in mezzo a una corte di amici che lo aiutava a farsi re, una corte fraterna e golosa, fra concubine e cocaina. Poi alle prime luci dell’alba le prostitute di strada lo vedevano arrivare malinconico, meditando sui suoi errori. Gli si mettevano intorno e lo ascoltavano, dicono si commuovesse.
Tutti gli hanno sempre perdonato tutto perché Maradona ha preso e dato tutto. Commiserandosi, piangendo, gridando, non rispettando né il calcio né se stesso, ma dicendo sempre sì agli altri. Ho parlato con tanti suoi ex compagni di squadra, lo adorano ancora. Perché li ha fatti vincere dove nessuno aveva vinto e perché era davvero un compagno di strada, era generoso, esagerato. Un leader mai sospettoso ma dirimente, sentivi che aveva ragione perché lo diceva lui.
È andato oltre il calcio, ha preso la vita a dosi massicce, ne è stato qualche volta travolto, è rimasto sempre ben dentro al mondo, sempre certo di due cose: che erano giuste le sue visioni e che non avrebbe mai potuto essere come gli altri. Ha sbagliato molto, si è entusiasmato anche di più. Credo sia un buon risultato.
Il giocatore è stato unico, questo è facile, lo abbiamo visto tutti. Il calcio si stava organizzando e lui era un solista naturale. Scelse di farlo in mezzo agli altri. Il Napoli vinceva, dei valori si rovesciavano, bastava poco per chiamarla rivoluzione. Nessuno ha mai giocato al calcio come Maradona. Alcuni hanno fatto di più, vinto di più, vissuto meglio. Ma il calcio di Maradona resta il calcio più bello, scolaro della migliore grammatica tecnica. Si può interpretarlo diversamente come Cruyff, o in altri ruoli come per esempio Guardiola in panchina, ma non si può fare di meglio.
Ha vinto tutto, è riuscito ad appaiare Pelè come miglior giocatore del Novecento nelle classiche ufficiali della Fifa, lui che è stato sospeso dal calcio due volte per doping. Ha avuto il Pallone d’oro alla carriera perché inesistente quando giocava lui (era riservato solo agli europei). Ha segnato un gol all’Inghilterra che è ancora il più bello e nella stessa partita ne ha segnato un altro d’inganno con la mano.
Questo era Maradona, le due facce della medaglia. Ma quando mi sono trovato solo con lui dietro i palcoscenici di Sky a parlare di vita, dopo quarant’anni di mestiere sentii che ero in soggezione. Avevo davanti un uomo sbagliato e magico che sembrava travolgerti ad ogni idea. Era piccolo e grasso, allora tanto grasso, ma sentivi solo il rumore del fascino. Buon compleanno Diego. Non ti scusare mai. Siamo tutti pari.