La Stampa, 30 ottobre 2020
Sui 60 anni di Maradona
Essere il calcio e lasciare letteralmente l’impronta nella storia con una mano. Diego Armando Maradona è tutto qui, una contraddizione, uno spettacolo, un eccesso e un gol rubato di cui va sempre più fiero. Il più brutto e il più emozionante di una carriera che esplode a ogni racconto perché ha troppa vita dentro.
Nel giorno dei suoi 60 anni desidera un altro gol di pugno contro l’Inghilterra, in un semiconfinamento in cui però vuole figli e nipoti accanto per la festa che non ci dovrebbe essere. Non esiste ordine nella sua esistenza. Ora il suo assistente è positivo, lui sta bene ma è chiuso in casa e aspetta di sapere se può vedere i familiari con cui ha sempre un rapporto conflittuale. L’ex moglie Claudia Villafane e Giannina e Dalma: alla fine degli Anni Ottanta erano i nomi di una telenovela e così sono rimasti, tra liti, ripicche, cause, eredi illegittimi prima ignorati e poi riconosciuti, generi adorati e reietti, amici idolatrati e poi messi da parte, squarci fin troppo privati.
Maradona sta a metà tra il calcio globale e quello intimo, in una parentesi ruggente in cui la fine di un’era e l’inizio di un’altra hanno trovato il suo talento come anello di congiunzione e per questo lui sta in un pianeta suo, fatto di gol straordinari e di rumore e di palleggi nel fango e di foto che ancora sanno scatenare una provocante nostalgia.
Incantatore e purista del gioco, il dieci perfetto che nasce con quel numero sulle spalle, esordisce giovanissimo, poverissimo ed è quasi immediatamente quello che poi diventerà, quello che è ancora, a 60 anni. Dopo aver mostrato il potere del pallone più e meglio di chiunque altro e dopo aver esibito il peggio di sé. Populista, nichilista, peronista, frequentatore dei balconi della Casa Rosada, anima di Buenos Aires, cuore di Napoli, amico di Fidel, seguace del Che. Non ha mai avuto paura della gente e quindi si è spesso sentito solo, incapace di stare senza calca addosso, senza voci intorno, non in assenza di un pallone almeno.
Maradona è la gente che gli toglie l’aria, è il fuoriclasse che si allena tra le pozzanghere e le auto parcheggiate. Ai tempi di Pelé non circolavano abbastanza immagini per conservare memoria, ci sono le partite, i racconti, tante foto, ma non quella vicinanza. Ai tempi di Messi e Ronaldo ogni uscita è programmata, ogni scatto vistato, c’è una regia e un controllo che ci impediscono di vederli senza filtri. Diego si è dato, si è consegnato alle telecamere e alle folla, ha ricevuto una sconfinata ammirazione e poi addirittura la fede di chi lo pregato come una divinità. Ha segnato reti indelebili, ha accarezzato palloni, depistato avversari, addomesticato schemi, piegato squadre intere, ha trascinato, ha conquistato due scudetti con il Napoli che ancora ne respira l’ebrezza e un Mondiale con l’Argentina che lo ha eletto simbolo. Si è abbeverato di un trasporto tanto intenso da creare dipendenza e poi lo ha sostituito con altre droghe. Rispettare le regole non è mai stato il suo forte, si considera tutt’oggi al di sopra di qualsiasi legge e su qualcuna l’ha avuta vinta davvero. Come per quel gol contro l’Inghilterra: la mano sinistra di dio e l’Argentina che ride in faccia al Regno Unito. Un affronto che persino gli avversari hanno accettato, una resa incondizionata che in questo compleanno si ripropone. Nessuno riesce più a considerare quel gol uno sbaglio perché in quella stessa partita Maradona ne ha segnato un altro memorabile, perché quelli erano i suoi Mondiali e la Seleccion non li dimentica. Così ubriachi di ricordi da inciampare nel presente, troppo innamorati di quel successo, il suo, per credere davvero in un altro. Maradona si è seduto sulla panchina dell’Argentina, nel 2010, lo hanno messo lì sperando in un corto circuito. Solo lui poteva rompere l’incantesimo creato, ma non ha funzionato. Messi e Maradona non fanno parte della stessa storia e anche a 60 anni lui ci tiene a ricordarlo: «Leo e Cristiano sono in un altro pianeta rispetta agli altri, non c’è un giocatore in circolazione che possa fare al metà di quel che riesce a loro». Lui non avrebbe diviso la scena con nessuno. E non ha mai dovuto farlo, padrone di una parentesi che si è presa l’eternità.