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 2020  ottobre 29 Giovedì calendario

Periscopio

Quello che ci manca è la cosa più importante almeno finché ci manca. Franco M. Scaldaferro, Aritmie del sentimento. Supernova, 2003.
Festeggerò i miei 70 anni con una cena tranquilla, a Forte dei Marmi, con i nipoti, i figli e la mia compagna. Come se nulla fosse. Adriano Panatta, tennista (Gaia Piccardi). Corsera.

Sulle nostre montagne hanno governato gli stessi uomini da sempre: era asfissiante. Quando c’è stato qualcun altro lo hanno votato. Poi anche con Salvini è finita come è finita. Giovanni Lindo Ferretti, dressatore di cavalli e musicista (Luca Valtorta). Repubblica.

Daria Bignardi, nel suo tal show fallimentare sulla Nove, ha un parterre di ospiti che fanno sembrare il suo programma una specie di Che tempo che fa di serie B. Gianluca Veneziani. Libero.

A me sembra curioso poi che queste esternazioni coincidano con la discussione sulla legge Scafarotto Zan.. Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior, fu nominato da Ratzinger. Libertà.

Quando Trump ha vinto mi sono fatto una grande risata perché io la spocchia dei democratici americani proprio non la sopporto. Mi sono svegliato felice scoprendo che il sogno di vittoria di Hillary Clinton era crollato. E quello che l’ha fatto crollare è... un essere inqualificabile come Trump! Giovanni Lindo Ferretti, dressatore di cavalli e musicista (Luca Valtorta). Repubblica.

Molti nel primo lockdown finsero di riscoprire il piacere la lettura ma non era vero, tre pagine per annunciare la conversione e poi basta. Si rivide pure un reperto dell’antichità, il cestino o panierino da calare dalla finestra per ritirare la spesa. Marcello Veneziani. Panorama.

Se una volta gli statisti si distinguevano dai politicanti perché erano capaci di guardare alle prossime generazioni anziché alle prossime elezioni, per la nostra sopravvivenza avremo bisogno di qualcuno che sia in grado almeno di ragionare sul prossimo trimestre. Il presidente del consiglio Giuseppe Conte e molti altri del suo governo hanno dimostrato di non essere capaci di farlo. Stefano Feltri. Domani.

Mauro Mellini ha cessato l’attività politica nel ’92, ultimo anno in cui ha occupato uno scranno a Montecitorio dov’era entrato nel ’76 con la prima pattuglia radicale. Lo guardavano tutti quel quintetto guidato da Marco Pannella e formato da Mellini, Adelaide Aglietta, Emma Bonino e Franco De Cataldo che in Transatlantico e in Aula si comportava in modo inedito. Rompevano le scatole con le interrogazioni, piantavano grane con l’ostruzionismo, sfiancavano le agenzie di stampa con dichiarazioni. Fu un periodo fecondo per le lotte sui diritti civili. Finché nell’87-88, con la trasformazione del Pr in partito transnazionale, Mellini sentì che quel mondo tramontava e si disamorò. Da allora, è tornato alla professione di avvocato. Mauro Mellini, Gian Carlo Perna. Libero.

La propaganda goscista accumulava svarioni, ebbrezze, spropositi, fesserie e fanatismi. E tutti, per di più, virati al grigio, banaloidi, fiacchi e premasticati, attraverso i decenni, dal Pc togliattiano. A commento d’ogni singola immagine (in genere tizi zazzeruti à la Ce-Ce-Ghevarà e altri tizi che imbracciano mitra o impugnano pistole) figurano invariabilmente didascalie in langue de bois staliniana, una lingua che non è fatta per parlare ma per abbaiare, minacciare e maledire. Diego Gabutti, Informazione corretta.com.

Schulz, classe 1922, era cresciuto in Minnesota, in quel «grande nulla» che è il Midwest degli Stati Uniti, anche nella sua declinazione nordica al confine col Canada. Era un bimbo introverso, gentile, sognatore: proprio come Charlie Brown. Aveva un papà barbiere e una mamma casalinga, proprio come Charlie Brown. Aveva avuto un cagnetto molto intelligente (un pointer, e non un Beagle, cioè un bracchetto, come Snoopy: ma può bastare) come Charlie Brown. Si era invaghito di una ragazzina dai capelli rossi che non volle il suo amore, proprio come accade a Charlie Brown. Insomma, è evidente che quel bimbo di otto anni col testone grosso e tondo era il suo alter ego: e Schulz se lo è tenuto dentro e coccolato per vent’anni. Maurizio Pilotti. Libertà.

Se un progetto di Dante ci fu, si formò nel corso della sua vita, definendosi tra le vicende dell’esilio, che lo portarono fuori dall’orizzonte municipale fiorentino e gli fecero percepire più da vicino le contraddizioni e i legami tra le diverse realtà: il «dolore» che travagliava la «serva Italia». Una via di salvezza credette di trovarla in una restaurazione dell’impero. Fu un progetto astratto e storicamente impossibile ma, da un altro punto di vista, sembrò prefigurare quell’unità dell’Europa, beninteso per lui solo cristiana, che sarebbe stata cercata solo molto più tardi e che non siamo riusciti ancora a realizzare davvero. Giulio Ferroni, critico letterario (Antonio Gnoli). Repubblica.

Diventai chirurgo epatico perché lo era il mio maestro, Dinangelo Galmarini. Aveva visto le sperimentazioni sui maiali in Brasile. Nel 1983 provammo il trapianto sull’uomo, andò tutto bene. Consideri che nel 1982 ero stato formato a Pittsburgh da Thomas Earl Starzl, che 20 anni prima aveva eseguito con successo il primo trapianto al mondo. Luigi Rainero Fassati, chirurgo epatico (Stefano Lorenzetto). Corsera.

Scoprii per caso, a dieci anni, di essere stata adottata. Scovai una scatola con tutte le lettere che la famiglia di origine aveva spedito a quella adottiva. Pensa che mia madre adottiva non spese nemmeno un centesimo di quei soldi: li mise da parte per me. È stata una madre perfetta. Vivian Lamarque, poetessa (Roberta Scorranese). Corsera.

Patty, lo sguardo perduto nel vuoto, sedeva con il mento appoggiato alla ginocchia e le braccia allacciate attorno alle gambe, nella posizione di un pellegrino sorpreso dalla tormenta in mezzo alla steppa e rassegnato alla fine. Guglielmo Zucconi, Una storia pulita. Fabbri editori. 1972.

Nelle baracche del cantiere volavano parole risentite, possibile che non fossero state ancora consegnate le pietre del mosaico che mi occorrevano per comporre la figura dell’agnello di Dio sopra la porta principale? Sfoghi di collera, scandalo; crediti improvvisamente congelati e poi riaperti, il giovedì sera i capisquadra facevano la coda davanti al mio sgabuzzino per le paghe del venerdì; la sera, quando a Kissilingen salivo sull’accelerato scaldato come un forno, ero a pezzi, mi lasciavo cadere sul sedile imbottito di seconda classe. Heinrich Boll, Biliardo alle nove e mezzo. Mondadori,1959

L’ora preferita dagli italiani per prendere posizione è sempre l’ultima. Roberto Gervaso.