Il Messaggero, 29 ottobre 2020
L’agricoltura in salotto
Il basilico al lime è perfetto nel mohito; un altro basilico – carnoso e dalle foglie rosse – è ideale nella parmigiana. Sono solo due tra le centinaia di chicche della fabbrica delle verdure che sta sorgendo a Cavenago in Brianza, dove decine di chilometri di mini campi agricoli sono in pratica dei lunghi scaffali dentro uno stabilimento. Tutto naturale sia chiaro perché la tecnologia, i sofisticati sistemi di gestione, i led luminosi, servono proprio a riprodurre il migliore dei mondi (agricoli) possibili e a far crescere i semi di varietà talvolta a rischio estinzione, mai comunque geneticamente modificati. A pieno regime dalla prossima primavera, Planet Farms sarà la fattoria verticale più grande d’Europa, con una capacità di due milioni di tonnellate di verdure al giorno, pari a cinquantamila confezioni. Il tutto promettono con risparmio d’acqua del 97%, elevato apporto nutrizionale, produzione 365 giorni l’anno (il clima esterno, infatti, non incide), zero sprechi, zero residui, zero pesticidi.
CONTROLLO TOTALE
«Nel nostro stabilimento indoor – spiega il fondatore Luca Travaglini – evitiamo ogni spreco e usiamo gli stessi elementi di madre natura, che però non sono soggetti alle variabili climatiche incontrollabili. Controlliamo meticolosamente ogni aspetto del processo di crescita, dalla luce alla temperatura, dall’umidità alla purificazione di aria e acqua. Così non sarà neanche necessario lavare le verdure a casa». Di famiglia di industriali brianzoli, laureato in economia alla Bocconi, Luca ha 35 anni. Cinque anni fa era stata una bruttissima esperienza sanitaria – affrontata e vinta – a spingerlo a investire «diversi milioni di euro» nel progetto di «innovazione e sensibilità sociale», tanto da essere stato testimonial dei giovani imprenditori di Confagricoltura durante le recenti celebrazioni per i 100 anni dell’organizzazione. La vertical farming, inventata alla Columbia University, ha avuto una forte accelerazione in Giappone dopo il disastro di Fukushima, non potendo più essere coltivati i terreni contaminati. In Europa è stata l’Olanda a primeggiare, ma ora dovrà lasciare il passo all’Italia. Come sempre accade, c’è chi impiega le nuove competenze in Formula 1 e chi le usa nella berlina familiare. Così, in tempi di forzata quarantena per la pandemia, si annuncia tra i gadget più di tendenza del Natale il vaso-orto idroponico, una tecnologia vicina, non identica. Con una spesa a partire dai 100 euro circa, per esempio, Plantui Italia propone un sistema che grazie a uno speciale spettro luminoso aumenta di 3 volte il contenuto di vitamina C e beta-carotene rispetto alle verdure solitamente in vendita e ne velocizza la crescita. «Per la coltivazione – spiega Stefano Ghesini – non serve terra, le foglie non devono essere lavate, una volta raccolte si mantengono bene fuori dal frigorifero».
AL BAR O IN UFFICIO
Un’altra start up milanese – la Hexagro Urban Farming – sta proponendo a molte aziende di creare tra le scrivanie e nelle aree comuni, come zone relax e antistress, degli orti verticali. Spesso le radici sono aeree o la terra è sostituita da un substrato inerte, come l’argilla espansa. La nuova frontiera attira, ovviamente, barman e chef per offrire prodotti freschissimi, non a km zero ma a metro zero. Ai piedi del grattacielo della Regione Lombardia, il ristorante Milano Bakery ha creato un orto verticale a tutta parete con le spezie da raccogliere al momento per piatti e cocktail. Anche uno degli appena 11 chef Tre Stelle italiani – il nome è per ora top secret – presto avrà la sua vertical farm proprio all’ingresso del ristorante. A crearla sarà Planet Farms, appunto l’azienda all’avanguardia in Italia. «L’innovazione dice Travaglini ci permette un ritorno ai sapori dell’agricoltura di una volta, quando dentro o su una foglia di insalata c’era solo insalata, nulla d’altro, senza compromessi e con un occhio di riguardo al gusto».