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 2020  ottobre 29 Giovedì calendario

«Il Collegio» e i ragazzi senza regole

Non per fare del facile pedagogismo, ma la prima cosa che colpisce nella nuova edizione de «Il Collegio», il docu-reality di Rai2 diventato negli anni un cult tra giovanissimi e adolescenti, è che i concorrenti non conoscono il concetto di regola. Regola intesa come elemento organizzativo che consente a chi riceve un’educazione di avere una mappa per orientarsi, e quindi strutturare un suo spazio di crescita e di libertà.
Una volta, la scuola serviva proprio a questo; adesso siamo arrivati al punto che una trasmissione, peraltro molto divertente, s’incarica di invocare le regole per porre rimedio a un disagio sempre più crescente: genitori prigionieri dei figli, figli lasciati senza riferimenti educativi, scuola spesso allo sbando. I 21 ragazzi che varcano i cancelli della quinta edizione de «Il Collegio» – realizzata in collaborazione con Banijay Italia – si trovano catapultati nel 1992, la formula più creativa della cosiddetta didattica a distanza. L’anno in cui molti dei loro stessi genitori hanno frequentato e vissuto la scuola.
Non siamo più in provincia di Bergamo, ma nel Collegio Regina Margherita di Anagni, una struttura imponente, con corridoi pieni di storia, un grande giardino e le mura esterne bisognose di una bella tinteggiatura. Nella prima puntata il momento più drammatico è sempre quello della spoliazione: le cose sequestrate (cellulare, cibarie, creme di bellezza, piercing…) non sono semplici oggetti ma elementi di un nuovo ambiente culturale; per questo la separazione appare traumatica. Il preside – interpretato da un sempre più convinto prof. Paolo Bosisio – chiede a una ragazza: «Cosa vuoi fare da grande?» e quella: «Chiara Ferragni», statuendo involontariamente la figura retorica dell’antonomasia: Chiara Ferragni è un mestiere. I docenti de «Il collegio» interpretano il recupero della regola, della rigidità e, ovviamente, anche dell’autoritarismo.