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 2020  ottobre 29 Giovedì calendario

Su "Perché l’Italia amò Mussolini" di Bruno Vespa (Mondadori)

Due dittature nefaste, una che riempie le piazze e l’altra che le svuota: inizia così, con un’immagine potente, il nuovo libro di Bruno Vespa Perché l’Italia amò Mussolini (e come è sopravvissuta alla dittatura del virus), in uscita oggi da Mondadori, nel quale si affiancano Benito e il Ventennio al «Signor Covid», così lo definisce l’autore. Protagonista è piazza Venezia, con la «folla oceanica» per i proclami del Duce negli anni del consenso (1925-1936), e poi deserta durante il drammatico lockdown della primavera scorsa.
Saracinesche abbassate, cartelli di scuse dei negozianti frammiste a messaggi di speranza, i due soldati di guardia al Milite ignoto «immobili, soli, come mai». Il vuoto sembra allargarsi, sensazione agghiacciante: entrambe le dittature, fa capire Vespa, hanno soppresso o limitato la libertà degli italiani. Ma se allora Mussolini ebbe un’enorme popolarità interna e internazionale, l’Italia ha resistito al virus con odio sordo, sconfiggendolo con la disciplina in primavera e rivitalizzandolo con la confusione in autunno.
L’ideatore e conduttore di Porta a porta sa restituire gli umori di una nazione, riesce a cogliere, senza generalizzare e non senza inquietudine, l’immagine complessa di un Paese che non ha ancora fatto i conti con la pesante eredità del passato. «Purtroppo», osserva Vespa, «l’Italia amò Mussolini, lo amò molto più di quanto il comune lettore d’oggi possa immaginare».
Nel libro, strutturato in due parti, otto capitoli trattano del consenso al Duce e sei del Covid. Quali sono le ricadute politiche dell’epidemia? «Il rischio degli uomini soli al comando», dice il giornalista, «quelli più ruvidi e quelli più eleganti. Bisogna stare in guardia. Questo libro esce dopo che il nostro Paese ha subìto una "dittatura democratica" che mai avremmo immaginato nei tempi moderni. La Spagnola, la pandemia diffusasi tra 1918 e 920, fu archiviata come irripetibile preistoria. Come abbiamo vissuto sotto il regime che ha soggiogato il mondo con la sigla Covid-19? Come abbiamo affrontato un’impensabile e drastica riduzione delle più elementari libertà personali?».
In primavera, ricorda Vespa, gli scienziati erano divisi sulla possibilità di una seconda ondata, ma nel Cts la prevedevano. «Mi chiedo perché allora governo e regioni non abbiano preparato tempestivamente un piano trasporti adeguato alla ripresa del lavoro e soprattutto delle scuole. D’altra parte, nel mio libro il commissario Arcuri racconta gli errori del governo nel Decreto Rilancio e i pasticci delle regioni anche nell’attivazione delle nuove terapie intensive».
Ma il Covid potrebbe almeno essere un’occasione di rinascita? «Io sono un fan della grande ricostruzione del dopoguerra. Adesso abbiamo più soldi del piano Marshall. Allora ci furono entusiasmo, uomini capaci e una grande visione del Paese paradossalmente condivisa tra democristiani e comunisti che pure litigavano furiosamente in Parlamento e si picchiavano nelle piazze. Saremo all’altezza della sfida? È davvero l’ultima occasione».