ItaliaOggi, 28 ottobre 2020
Periscopio
Padre Spadaro dice che, dalla parole del Papa sulla famiglia omosessuale, la famiglia ne esce rafforzata e valorizzata, così come il sacramento del matrimonio. E chi sono io per dissentire addirittura da padre Spadaro? Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior, fu nominato da Ratzinger. Libertà.
Il primo saggio di Houellebecq si intitolava Jacques Prévert è un coglione (1992). Stefano Montefiori. La Lettura.
Ken Follett sostiene che l’incipit della Recherche di Proust è orribile. Antonio D’Orrico. La Lettura.
Il barese Nicola Lagioia con il romanzo La città del vivi, Einaudi, descrive una Roma piovosa dove sangue di topo imbratta i computer degli uffici, Roma senza sindaco, commissariata di fatto e col Colosseo aperto a intermittenza. Una Roma sepolta dalla monnezza ed invasa da gabbiani voraci. Roma mutante e aliena, in cui gli autobus prendono fuoco da soli e il Giorno del Giudizio è già arrivato. Walter Siti. Domani.
«Sono qui, Perna», dice Sergio Lepri comparendo sull’uscio mentre mi aggiro incerto a quale porta suonare. Non incontravo da un quarto di secolo, l’oggi quasi centenario ex direttore dell’Agenzia Ansa, decano del giornalismo italiano. Lepri, che ha retto l’Ansa per 28 anni, dal 1962 al 1990, inserendola tra le grandi agenzie di stampa del mondo, è un uomo riservato. Quando per telefono gli ho chiesto l’intervista si è schermito con questa scusa: «Ma, Perna, mi sento ancora che dovrei farle io le interviste». Poi ha accettato perché quarant’anni fa ero stato un suo redattore e, sempre al telefono, mi ha fatto una grazia che mai mi avrebbe concessa prima: «Diamoci del tu». Sergio Lepri, ex direttore dell’Ansa (Giancarlo Perna). Libero.
Il nuovo sistema internazionale è stato denominato mondializzazione. Apparso in maniera evidente alla fine degli anni 80, esso ha rimpiazzato il precedente sistema di comunicazione in proporzione mai prima osservate, quello della guerra fredda, che regnava dalla seconda guerra mondiale. La mondializzazione può essere definita come l’inesorabile unione dei mercati e dei sistemi di trasporto e di comunicazione in proporzioni mai prima osservate: Essa permette alle società commerciali, ai paesi e agli individui di penetrare nel mondo più lontano, più veloce, più profondamente e al minore costo mai verificatosi prima. Thomas L. Friedman, Paix des peuples, guerres des nations. Denoel, 2002.
Le remote affiche finto-rivoluzionarie del goscismo tornano a cantare, per un momento, le antiche canzoni, sdolcinate e frivole come quando furono composte e salmodiate per la prima volta: «Basta con le guerre americane», «Viva la Cina rivoluzionari», «Fuori Kissinger l’amerikano golpista», «Ora e sempre Resistenza», «È morto il compagno maresciallo Tito», «Lotta continua per il comunismo», «Africa rossa», «Potere operaio per l’insurrezione», «25 aprile rosso: spazziamo via i fascisti e il governo Andreotti», «Il trasporto si prende e il biglietto non si paga», «L. Calabresi assassino di Pinelli», «Cosa passa nella testa di un uomo perché diventi poliziotto?». Diego Gabutti, Informazione corretta.com
L’anno scorso lo storico americano James McGrath Morris, autore di un saggio non tradotto sull’esperienza di Hemingway sul Piave, ha unito le sue forze con un ricercatore italiano appassionato di vicende militari, Marino Perissinotto. «Avevamo i nomi dei 18 soldati italiani che secondo i documenti ufficiali erano morti in quella battaglia nella notte in cui Hemingway fu ferito», racconta McGrath Morris. «Da quei diciotto nomi, con l’aiuto di Marino, siamo riusciti a individuare quello del giovane soldato che salvò la vita al futuro Nobel». «Identificando i luoghi dove erano dislocati i reparti dei 18 soldati», continua lo storico, «la caccia si è presto ristretta a tre fanti che sono caduti in quell’area l’8 luglio. Due appartenevano al 152mo Reggimento di Fanteria della Brigata Sassari, che però si trovava a qualche distanza dal Piave. Il terzo invece era del 69mo Reggimento della Brigata Ancona, che stazionava proprio sulla prima linea, a Fossalta, nella zona dove si registrarono i combattimenti più duri». Maurizio Pilotti. Libertà.
L’Oltretorrente di Parma. Qui, papà, sono certa, hai affrettato il passo quando sei tornato in piena notte dalla guerra di Russia. Portoni, cortili conosciuti a memoria. L’eco, in un vicolo, del tonfo di un pallone: «Gol!», gridavano remote voci di bambini. Il cuore si è impennato, quando intravvedi da lontano la tua casa. Ha le finestre buie, dorme. Le mani sulle sbarre del cancello, a toccarle per crederci, quando hai chiamato: «Mamma!». Lei si è svegliata di colpo, come quando piange un figlio neonato. Avrà pensato a un sogno, e tuttavia affannata, in camicia, sarà corsa alla porta, il cuore che nel petto sbatteva impazzito. Quel vostro formidabile abbraccio, senza una parola. Era di maggio e c’erano i tigli in fiore, come quando eri nato. Marina Corradi, Lettere a mio padre Egisto (Gazzetta di Parma).
Il film La dolce vita di Federico Fellini fu attaccato duramente al suo esordio: «Film confezionato con gli elementi più deteriori della pornografia», «Pattumiera cinematografica», «La sporca vita del culturame sinistro», «Povera vita, povera capitale», «Il Centro cattolico cinematografico lo bolla tra i film esclusi», «Verso il sequestro del film?», «Forse il Papa lo vedrà», «Lo scrittore Staino ne chiede il sequestro», «Basta! Basta!» (titolo su L’Osservatore Romano) «La nobiltà e la borghesia accusano il regista», «Il Centro cattolico chiede il licenziamento in tronco del critico del Quotidiano» (a cui il l’opera era piaciuta). Carlo Verdone. La Lettura.
Finita la seconda guerra mondiale, per non creare imbarazzi, il Ministero decise la nostra storia finisse nel 1918 e, mancando un nuovo canto, i professori decisero che L’Inno a Trento poteva addirittura essere più giovane di Giovinezza. Ecco la prima strofa: «Si slancian nel cielo / le guglie dentate / discendono dolci / le verdi vallate…». Questo urlare collettivo di rocce e prati racchiudeva una vivacità tremenda. E i bimbi cantavano a petto in fuori. Rolly Marchi, Ride la luna. Mursia, 1979.
Vedo spuntare in alto dal finestrino del cesso della scuola il muso lungo di Marco che sembrava proprio uno di quei cavalli da corsa che, alla televisione, mostrano solo il muso che spingono fuori dalla mezza porta della scuderia. Guglielmo Zucconi, Una storia pulita. Fabbri editori, 1972.
Dio non si interroga con la mente ma col cuore. Roberto Gervaso.