il Fatto Quotidiano, 28 ottobre 2020
Tom Cruise reciterà nello Spazio
Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito. Quando Tom Cruise va a girare nello spazio, lo stolto guarda Tom Cruise. Perché la rivoluzione epocale è un’altra, e riguarda il cinema, segnatamente la fantascienza, di cui si sta per dichiarare la fine. Per come l’abbiamo conosciuta, tra libri, film e sguardi verso le stelle, e per come è etimologicamente, il composto di fantasia e scienza che, adattando l’inglese science fiction, Giorgio Monicelli coniò nel 1952 per battezzare la collana Urania.
Se Cruise mette davvero piede sulla stazione spaziale internazionale con troupe, pur ridottissima, al seguito, che ne è del fantastico, che ne è di 2001: Odissea nello spazio, che ne è di George Clooney – rosicherà? – nel vuoto cosmico di Gravity o nel prossimo The Midnight Sky per Netflix, che ne è di Matt Damon – rosicherà? – nel buen retiro orbitante di Elysium?
Fondando de facto la Realscienza, Cruise mette a repentaglio la Storia del Cinema, raccontata nella primordiale distinzione tra l’effetto-realtà dei fratelli Auguste e Louis Lumière di L’Arrivée d’un train à La Ciotat (1896) e la vocazione immaginifica e immaginaria di Le Voyage dans la lune (1902) di Georges Méliès. Curò egli stesso gli effetti speciali, con il missile che finisce nell’occhio del nostro satellite, ma se ora l’effetto speciale è proprio la realtà? Che accade se il nostro immaginario collettivo si riduce a diario di bordo, se la più temeraria, tracotante e gratificante delle Mission: Impossible fa della fantascienza un documentario, e viceversa?
Tra un anno, pandemia permettendo, sarà già successo: a dar retta allo Space Shuttle Almanac, troveremo il cinquattottenne Tom Cruise a bordo dello SpaceX Crew Dragon di Elon Musk nel suo primo viaggio turistico programmato per l’ottobre del 2021. Destinazione l’Iss (International Space Station), l’attore sarà accompagnato dal suo regista di fiducia Doug Liman (Edge of Tomorrow), ai comandi ci sarà il veterano Michael Lopez-Alegria, il quarto posto è disponibile. La Nasa è parte del progetto, l’amministratore Jim Bridenstine si è spellato le mani via Twitter: “Nasa ix excited to work with @TomCruise on a film aboard the @Space_Station!”. Ed è la versione con il naso all’insù del sempiterno American Dream a trazione scientifico-industriale: “Abbiamo bisogno di media popolari – ha aggiunto Bridenstine – per ispirare una nuova generazione di ingegneri e scienziati a trasformare in realtà gli ambiziosi piani della Nasa”.
Insomma, che la fantascienza vada pure a farsi benedire, la Realscienza di Cruise ha i piedi ben piantati per terra e le spalle coperte: 200 milioni di dollari di budget (stima), Christopher McQuarrie story advisor, P.J. van Sandwijk produttore, Universal si è fatta sotto per assicurarsi i diritti del film, ancora senza titolo. A proposito, con un tot di scaramanzia, Ground Control to Major Tom non sarebbe male. Del resto, a Cruise non tremeranno le gambe, nemmeno da demiurgo del “pioneeering movie”, del “first narrative feature film – an action adventure – to be shot in outer space” che ha mandato in visibilio la stampa d’Oltreoceano, e non solo. Ha sprezzo del pericolo e pellaccia dura, tanto da fare egli stesso gli stunt dei propri film. Per l’attuale settimo capitolo, diretto da McQuarrie, l’abbiamo recentemente visto a Roma sgommare al volante per Monti e inforcare una moto della Polizia ai Fori, a Venezia saltare da una gondola all’altra – in Norvegia ha fatto di meglio: botte da orbi sul tetto di un treno lanciato ad alta velocità – ma la saga di Mission: Impossible l’ha già presa più volte in parola: in Fallout s’è fratturato un’anca balzando da un palazzo all’altro (s’è pure appeso a un elicottero); in Rogue Nation s’è attaccato – sì, all’esterno – a un Airbus 400 in decollo; in Ghost Protocol ha scalato il Burj Khalifa di Dubai, eseguendo i suoi numeri al 123esimo piano del grattacielo. Ora gli tocca lo spazio profondo, e la messa in pratica della teoria – Niccolò ci perdoni – cruisiana: moto di rotazione, le teste degli altri attori al cospetto di cotanta impresa, e moto di rivoluzione, dalla Fanta alla Realscienza.
Malgrado quel che lascerebbe intendere il cognome, “crociera”, il suo viaggio al termine della sci-fi rischia seriamente di derubricare Stanley Kubrick a Jerry Calà, 2001: Odissea nello spazio a Odisseo nell’ospizio (2019). “Utilizzo le mie capacità nel modo più completo; il che, io credo, è il massimo che qualsiasi entità cosciente possa mai sperare di fare”, sosteneva il supercomputer Hal 9000: ebbene, detto da Tom Cruise come vi suona?