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 2020  ottobre 28 Mercoledì calendario

Una tegola non fa primavera

Siamo circondati da metafore, specialmente in politica. Berlusconi scese in campo con una metafora, appunto «scendere in campo», su cui Benigni ironizzò ricordando quando suo padre contadino all’imbrunire scendeva in campo per necessità fisiologiche. Per non dire dei giaguari smacchiati di Bersani. Ci sono quelle colorite e quelle scontate. La «poltrona» è una delle più ricorrenti: a essere attaccati alla poltrona sono sempre gli avversari. Il «tavolo» è un’altra. I sindacati chiedono al governo di avviare un tavolo di confronto sui precari. La Confesercenti si rivolge a De Luca perché apra un tavolo di crisi. Siamo pieni di tavoli metaforici. Ovunque. Ci sono quelle banali e quelle sbagliate. Magari di un soffio: per esempio, qualche settimana fa un GR annunciava che Zingaretti aveva «lanciato ai 5Stelle un tavolo di lavoro comune sulla scuola». Visto l’argomento, avrebbe potuto trattarsi di un banco con le ruote, ma la frase aveva comunque l’aria di una minaccia contundente più che di una richiesta di conciliazione. Hobbes, come segnala Gianrico Carofiglio, avrà certamente avuto le sue buone ragioni per sconsigliare ai politici l’uso della metafora. In effetti basta poco perché la metafora, pensata come un modo per abbellire o nobilitare il discorso, precipiti miseramente nel comico. Lunedì Zingaretti, alludendo a Renzi, ha condannato come «eticamente intollerabile» tenere i piedi in due staffe, dimenticando che l’ambiguità e l’opportunismo non prevedono di tenere i piedi (plurale) al loro posto, cioè nella staffa destra il destro e in quella sinistra il sinistro, ma tenere un solo piede (singolare) in più staffe (o scarpe). E all’umorismo involontario non si è sottratto neanche il ministro dello Sport Spadafora che, quando con il Genoa si sono palesati i primi casi di contagio nel calcio, ha esclamato: «Questa è una tegola a ciel sereno!». E una tegola, si sa, non fa primavera.