La Gazzetta dello Sport, 27 ottobre 2020
Biografia di Tao Geoghegan Hart
Hackney ha il più elevato numero di pendolari in bicicletta della città di Londra: era scritto che, prima o poi, da queste parti dovesse spuntare un campione. Tao Geoghegan Hart è nato nell’ospedale di Holloway, a due passi dallo stadio Emirates, ma è cresciuto in questo quartiere a Nord-Est della capitale britannica, sospeso tra Islington e la zona olimpica dei Giochi del 2012. Le origini scozzesi-irlandesi sono scolpite nel nome: Tao – pronuncia Tayo – significa Tom in gaelico. Geoghegan si dice Gaygan. Hart è il cognome del portiere di riserva del Tottenham, ma Tao, che giocava tra i pali, tifa invece Arsenal, come diversi ragazzi della zona. I campi di Hackney Marshes, ai quali il vincitore del Giro d’Italia ha dedicato domenica mattina un pensiero nostalgico su Twitter, troneggiano nel bel mezzo della strada che conduce al Velopark e al parco dedicato alla regina: «La domenica per me sarà sempre una partita di calcio a Marshes e un giro al mercato di Brick Lane, con il mio vecchio e mio fratello». Lo sport, in questi tempi cupi di Covid, è l’unico raggio di luce di Londra, anche in questa giornata dove, come sempre, il sole litiga con nuvole piene di pioggia.
Il primo coach
Il Cycling Club Hackney, fondato nel 2007, ha sede in Elsdale Street. Il cancello è chiuso. La targa all’ingresso, scolorita, spiega che sarà aperto oggi pomeriggio. Il sito web non riporta ancora la notizia di Tao trionfatore del Giro d’Italia. Il Daily Telegraph pubblica invece una foto di Tao adolescente, insieme ad alcuni compagni di squadra del club: il ragazzo, capelli rossi e medaglia al collo, solleva una coppa. L’Italia era nel destino di Tao: la sua prima bici si chiamava Fixie Francesco Moser. Keir Apperley, manager e capo coach del Cycling Club Hackney, 59 anni, racconta: «Quando Tao venne da noi per la prima volta, nel 2010, aveva già le idee chiare. Aveva giocato a calcio e si era dedicato al nuoto, partecipando anche ad una staffetta nella Manica, nel 2008. Aveva talento in acqua, ma lui era alla ricerca di qualcosa di diverso. Era rimasto deluso dalla mancanza di impegno, disse proprio così, di qualche compagno di squadra nelle sue esperienze sportive. “Voglio dedicarmi a una disciplina in cui tutto dipenderà dal sottoscritto, in cui potrò contare solo sulle mie forze”. Furono più o meno queste le sue parole. Nessuno poteva però immaginare che quel ragazzo dal carattere determinato avrebbe vinto un giorno il Giro d’Italia. Quando domenica pomeriggio abbiamo seguito la cronometro finale, ci siamo commossi. È stato grandioso. La sua caratteristica? La mentalità vincente».
Niente feste
Tao è il primo londinese a trionfare nella corsa rosa, testimonial di una metropoli che può vantare una rete di ciclabili di circa 100 km e dove si continua ad investire su nuove piste per decongestionare il traffico e ridurre i livelli di inquinamento. Ti aspetteresti una festa nel suo quartiere, o almeno nel club dove tutto cominciò, ma in epoca di Covid non si può. «Avremmo voluto celebrare l’impresa di Tao – spiega Keir Apperley -, ma questo avrebbe comportato il mancato rispetto delle restrizioni in atto. Lo faremo quando questo virus maledetto sarà sparito o sotto controllo». Attorno al ragazzo si è creato uno scudo di protezione. La famiglia è molto discreta. Anche gli altri componenti dello staff del Cycling Club Hackney preferiscono tacere: il meccanismo della star system, in cui è tutto controllato e filtrato da agenti e direttori sportivi, è già scattato. L’amico Alex Peters, con il quale Tao ha diviso diversi anni di ciclismo, in questo momento è lontano. Alex è appena riemerso da un periodo oscuro di depressione che lo aveva allontanato dal ciclismo. I due erano inseparabili.
Aneddoti
Il padre di Tao lavorava sedici ore al giorno. Il ragazzo, che all’età di 14 anni lasciò la scuola di Stoke Newington per dedicarsi al ciclismo, cercò di guadagnarsi qualche soldo il sabato, nello shop del Condor Cycles. La domenica, poi, gareggiava. «Ci siamo presi cura di lui quando era junior, ma anche come commesso al negozio, durante il periodo invernale. Si capiva che aveva qualcosa di speciale. Era super motivato», i ricordi di Greg Needham al Guardian. Stuart Blunt, allenatore delle giovanili britanniche, ha invece raccontato un episodio avvenuto nell’agosto 2011, quando Londra fu sconvolta dai riots, i disordini scoppiati dopo l’uccisione di uno spacciatore di cocaina da parte della polizia: «C’era l’inferno per le strade, ma Tao cercò in tutti i modi di raggiungere la stazione per prendere la metropolitana e venire ad allenarsi. Era concentrato sul ciclismo e sull’allenamento, non aveva altro per la testa».
Uno spirito libero
Aveva le idee chiare, Tao. Si allenò per qualche tempo al velodromo del Crystal Palace, ma dopo i Giochi del 2012, il suo club trasferì l’attività nelle strutture del Velopark, dove l’eredità olimpica non si è dissolta negli sprechi o nelle cattedrali nel deserto. Lui e Alex non amavano la pista, considerata invece molto importante dai tecnici delle giovanili britanniche. Tao ha sempre amato la strada, l’aria aperta, gli orizzonti sconfinati. Ha ereditato l’irrequietezza dal nonno, che ha seguito il suo trionfo dalla casa di Edimburgo. La passione per il calcio è invece legata ai successi dell’Arsenal di Arsene Wenger. I tifosi dei Gunners gli hanno dedicato un pensiero scherzoso su Twitter, per risollevare il morale dopo la sconfitta subita domenica in casa, con il Leicester di Jamie Vardy: «Puoi giocare al centro della difesa?». Tao si è fatto una risata. Lui, se proprio insistono, può stare in porta.