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 2020  ottobre 27 Martedì calendario

Vietato dire che l’assassino è siriano

Domenica sera 4 ottobre, un giovane a Dresda ha aggredito con un coltello da macellaio due turisti, 55 e 53 anni. Uno è morto, l’altro è ancora in ospedale. Perché solo dopo tre settimane sono stati rivelati particolari essenziali per capire che cosa sia avvenuto? In questi giorni, è stato annunciato che la parola «razza» scomparirà dalla Costituzione su richiesta dei verdi. Frau Merkel è d’accordo, e tutti i partiti tranne l’Afd, all’estrema destra.Nel 2010 i verdi invece erano contrari all’analoga proposta dei socialdemocratici, dei liberali e della Linke, il partito dell’estrema sinistra. Perché hanno cambiato idea? Probabilmente perché in dieci anni è cambiata la Germania, L’arrivo di troppi profughi in breve tempo, dopo che nel settembre del 2015 la Cancelliera non chiuse le frontiere, ha destabilizzato il paese, l’integrazione è difficile, si sono avuti attentati, per la prima volta un partito di destra, con elementi neonazi, è entrato al Bundestag, il Parlamento. Mettere in rapporto i due eventi è già infrangere un tabù.
Siamo tutti solo Menschen, esseri umani, riconoscerà l’articolo tre della Grundgesetz, che risale al 1949, scritta sotto il peso dei crimini compiuti dal regime nazista in nome di una presunta razza superiore. Le parole sono importanti, ma non bastano. Siamo tutti uguali, per diritti e doveri, pur restando differenti. Paradossalmente, volerlo negare è una forma di razzismo al contrario.
Perché non scrivere che l’assassino di Dresda è un profugo siriano ventenne, come è trapelato quasi subito? E ha aggredito i due turisti perché passeggiavano tenendosi per mano, erano omosessuali. Fino a un recente passato, non era un problema, nessuno ci badava, oggi perfino a Berlino può essere pericoloso. Si arriva a raccomandare di non farsi riconoscere in pubblico per non offendere la sensibilità degli islamici.
La prudenza dei media è motivata dal timore di non favorire gli estremisti di destra. Dresda è una loro roccaforte. Mi sembra che in Germania sia stato dedicato poco spazio anche alla morte del professore decapitato da un profugo ceceno vicino a Parigi. E non ci sono state dimostrazioni come per Georg Floyd, ucciso in maggio a Minneapolis da un poliziotto. Die Welt ha scritto che in rete alcuni commenti mostrano comprensione per il killer.
L’assassino di Dresda è Abdullah Al H., nato a Aleppo, condannato a tre anni nel 2017 come membro dell’Isis, uscito di prigione cinque giorni prima dell’aggressione. Era giunto nel 2015 insieme con migliaia di fuggiaschi dalla Siria, e ha goduto del diritto di asilo particolare accordato ai minorenni, benché probabilmente avesse già più di 18 anni. Controllare la reale età è considerato una violazione della privacy. «Absolute Ohnmacht», ha commenta to Der Spiegel, un’assoluta impotenza, il delitto di Dresda è una catastrofe per gli organi di sicurezza.
Abdullah doveva essere controllato dal Verfassungsschutz, uno dei servizi segreti, e impedire che entrasse di nuovo in contatto con gruppi terroristici. Eppure, ha commentato il settimanale, che è liberale di sinistra, il delitto è praticamente avvenuto sotto gli occhi dei controllori, e il siriano è stato arrestato solo dopo 16 giorni, grazie al dna trovato sulle scarpe di una delle vittime. Il codice di auto comportamento dei media (non esiste l’ordine dei giornalisti) vieta di rivelare l’etnia di vittime e colpevoli di fatti di cronaca. Ma come spiegare quanto accaduto a Dresda senza rivelare l’etnia?
Mercoledì scorso è stata compiuta una perquisizione in una moschea a Berlino, che avrebbe falsificato i documenti per ottenere aiuti a causa del Covid. Accertamenti sono in corso contro migliaia di tedeschi (hanno dovuto restituire già 560 milioni di contributi non dovuti). Erdogan ha subito protestato con veemenza. Secondo il presidente turco, la perquisizione sarebbe un atto ostile all’Islam. Abdullah doveva essere espulso entro sette giorni dopo essere uscito di prigione, e per vent’anni non avrebbe dovuto tornare in Germania.
Non in Siria a causa della guerra, ma in Turchia dove vive sua sorella. Ma la procedura di espulsione è complicata, può durare anni. E le autorità turche si oppongono a accogliere chi è stato condannato per terrorismo. Il ministro degli esteri, il socialdemocratico Heiko Maas, si oppone alle espulsioni in Siria, sempre zona di guerra. Per gli altri partiti, dopo l’attentato di Dresda, la sua posizione è ideologica e va modificata. Anche Robert Habeck, leader dei verdi, ha dichiarato: «Terroristi e criminali vanno rispediti al loro paese di origine, anche in Siria».