Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  ottobre 27 Martedì calendario

Il Perù sospende le corride

Chi da anni lotta per i diritti degli animali se ne dovrà fare una ragione, il Coronavirus è riuscito laddove loro hanno fallito: sospendere (per il momento) le corride in Perù. Nel Paese sudamericano la tauromachia è più popolare del calcio, visto che ci sono ben 199 arene contro 80 stadi, cancellare una manifestazione come la Feria del Señor de los Milagros, quindi, è come annullare la finale di Champions League in Europa. Eppure, per contenere la diffusione di Covid-19, domenica scorsa nell’arena di Acho, nella capitale Lima, non si è tenuta la tradizionale manifestazione che si è sempre svolta dal 1946. La tradizione delle corride è stata portata in Perù dai conquistadores spagnoli nel sedicesimo secolo e nel tempo sono diventate estremamente diffuse e apprezzate dalla popolazione.La Plaza de toros de Acho è l’arena più antica delle Americhe, fondata nel 1766 dispone di quattordicimila posti a sedere, ma dall’aprile scorso non ospita più corride e spettacoli ma accoglie i senzatetto della capitale peruviana. È stato il sindaco Jorge Munoz a volere il rifugio per le persone più vulnerabili della città, in modo che potessero proteggersi dalla pandemia ed evitare di diffondere il contagio.
«Questa è la prima volta che non si terrà la Feria del Señor de los Milagros. Ma è anche la prima volta che non ci sarà nemmeno la Feria de San Isidro a Madrid. Sono casi di forza maggiore», ha detto all’Agenzia France Presse uno sconsolato Juan Manuel Roca Rey, organizzatore di corride all’Acho di Lima e anche allevatore di tori da combattimento.
E proprio gli allevatori stanno vivendo un momento difficile. L’ex torero Rafel Puga, 72 anni, ora alleva i bovini da far scendere nelle arene: ogni anno si tengono mediamente 700 corride in Perù e circa 2.500 tori vengono uccisi in queste rassegne, ha spiegato l’esperto all’Afp. Nella sua tenuta Componuevo a Sayam, 140 chilometri a Nord-est di Lima, alleva 140 vacche e circa 400 tori da combattimento. «Il fatto che quest’anno non ci siano corride è una piccola morte per noi allevatori», ha raccontato, «Alcuni non saranno in grado di resistere: il bestiame ha bisogno di mangiare tutti i giorni. Noi allevatori ora siamo costretti a vivere di altre attività e dobbiamo persino mandare il bestiame al macello per ridurre i costi».
Dietro la corrida c’è una vera e propria filiera: dagli allevatori agli organizzatori degli eventi, passando per costumisti, sarte, portatori di bestiame e ovviamente toreri. «Lo stop alle corride non riguarda solo noi artisti, ma anche tutte le persone che si guadagnano da vivere con attività legate a questi spettacoli», ha sottolineato Fernando Villavicencio, torero di 34 anni.
Gli animalisti, invece, sono soddisfatti. «È una buona notizia, non c’è motivo di organizzare corride», ha ribadito Luis Berrospi, leader del movimento «Acho senza tori» che nel febbraio scorso si era visto rigettare dalla Corte Costituzionale il ricorso per vietare corride e combattimenti tra galli in Perù. Ma non basta a salvare la vita ai tori che, come abbiamo visto, se non combattono nelle corride finiscono pur sempre al macello.