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 2020  ottobre 27 Martedì calendario

Periscopio

«Come ne siamo usciti? Ne siamo usciti con un metodo». E bla bla bla, Giuseppe Conte lo scorso 5 settembre. Non eravamo usciti da un bel niente, presidente. Lei è stato particolarmente avventato e vanitoso a dirlo. Jacopo Iacoboni, sul suo Sito.
Le scuole sono state chiuse prima dell’arrivo dei banchi a rotelle che i sono rivelati inutili prima di venire utilizzati. I contagi infatti aumentano, non perché gli studenti siano assembrati in classe, ma perché lo sono nei mezzi pubblici. Gianluca Veneziani. Libero.

Le decisioni sbagliate delle ultime settimane da parte del governo stanno producendo decine di morti, le indecisioni di questi giorni possono produrne centinaia. Spiace essere così brutali, ma non c’è un altro modo per dirlo. Stefano Feltri, Domani.

Il nostro Capo dello Stato, a differenza del suo predecessore Luigi Einaudi, firma quasi tutto. Con un bel NO sarebbero andati tutti a casa, se non fosse per il masochistico atteggiamento di una destra miope, litigiosa e inconcludente. Dove l’unico collante che tiene uniti i tre leader, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e la nuova star Giorgia Meloni, è la diffidenza costante e l’antipatia reciproca. Luigi Bisignani. il Tempo.

C’è chi richiama la morale confondendola con il proprio gusto. Francesco Bellomo, giurista. Libero.

Preso l’avvio sui colleghi, ci lasciamo andare. «A New York -gli ricordo- sei stato a fianco dell’indimenticato Ruggero Orlando, prima di prenderne il posto». «Simpatico e bravo -risponde-. Faceva tutto a braccio. Umanamente mi ha insegnato molto. Da Sergio Zavoli ho preso invece il perfezionismo. Se si accorgeva di un difetto, e se ne accorgeva solo lui, rifaceva tutto». «Meglio New York o Mosca?», domando. «Fare il giornalista in Usa è una pacchia: l’informazione è a portata di mano. Ci manderei i meno capaci. Nella Mosca dell’Urss dovevano invece andarci i cannoni. Difficilissimo trovare notizie, falsi a non finire, depistaggi». Jas Gawronski, giornalista (Giancarlo Perna). Libero.

Maestri nella difesa del loro idioma sono i francesi. C’è addirittura la legge Toubon del 1994 che vieta di usare termini inglesi nelle pubblicazioni governative, nelle pubblicità, nei luoghi di lavoro e obbliga gli esperti ad escogitare alternative lessicali. Da qui la sostituzione di computer con ordinateur, email con courriel, homepage con page d’accueil (pagina d’accoglienza), eccetera. Dopo di che però la Francia, con tutta la sua grandeur e il birignao incipriato ha scelto questo slogan per lanciare le Olimpiadi di Parigi del 2024: «Share the Moment». Ci rifiutiamo di tradurlo. Chiedere a Macron o a Di Maio. Renato Farina. Libero.

All’età di quattro anni, il futuro professor Luigi Rainero Fassati, 84 anni a marzo scorso, primo dei sei figli del marchese Giuseppe Ippolito Fassati di Balzola, appoggiò un orecchio sul ventre della madre, incinta della terzogenita Yula. «Sentii il battito cardiaco. E poi un terremoto: era la mia sorellina che si muoveva. Dissi alla mamma: voglio aprirti la pancia per vedere che cosa c’è dentro». L’ha visto. Come direttore del dipartimento di chirurgia e dei trapianti del Policlinico di Milano, dove ha lavorato per 45 anni, ha inciso con il bisturi l’addome di 692 pazienti per innestarvi un fegato nuovo. Luigi Rainero Fassati, chirurgo epatico (Stefano Lorenzetto). Corsera.

La fisica classica, compresa la fisica di Einstein, è talvolta contro-intuitiva, ma è concettualmente nitida. Una volta studiata bene, non lascia zone d’ombra. Mentre la fisica quantistica non è ancora concettualmente chiara. Il lavoro di chiarirla è ancora in corso. Il mio libro è stato un contributo per cercare di comprenderla. Carlo Rovelli, scienziato, impegnato nella teoria quantistica (Antonio Gnoli), Repubblica.

Insegno letteratura italiana comparata negli Usa. Dei nostri scrittori gli americani se ne fregano. Ma non solo l’Italia è marginale, lo è anche l’Europa. Ma Calvino e Primo Levi tengono ancora. Come pure c’è interesse per il Rinascimento. E poi Dante. Lui è un evergreen. Però in questo momento sembra che non ci sia nient’altro che Elena Ferrante, il che, intendiamoci, va benissimo. Alessandro Carrera (Antonio Gnoli), Repubblica.

Se dovessi dire a chi dei vitelloni di Fellini è assomigliato di più negli anni del suo bar Margherita, direi sicuramente a Moraldo che alla fine del film si decide a prendere il treno e andarsene dalla realtà di provincia. Nel mio film c’è un ragazzino che si sottrae alla foto di gruppo per celebrare l’anno vissuto da cliente del bar: quel ragazzino sono io. Il senso è che quella fotografia è più bello raccontarla da fuori. Io sono quello che ha guardato gli altri in posa. Pupi Avanti, regista (Giusi Fasano). Corsera.

Il 4 novembre, a noi bambini, facevano vedere un filmato. In apertura si vedeva il comandante Rizzo che si allontanava dalla riva su un Mas. Alba e onde. Poi il lancio di un siluro, l’attesa, e finalmente una nave grandissima che, colpita, si girava a pancia in su. Centinaia di marinai cadevano in acq, e uno, l’ultimo, antenato di Klaus Di Biasi, si lanciava in un tuffo elegantissimo, ad angelo perfetto. Titolo del filmetto: Morivano alla marinara. Il teatro applaudiva Rizzo e il tuffatore, poi cantavano. Prima il “Piave” e poi “Giovinezza”. Rolly Marchi, Ride la luna. Mursia, 1979.

Chiuso all’interno della sua lettiga in una penombra che era quasi buio, trasudando catarri da tutti i pori, tossendo, lacrimando, il vescovo Bescapè imprecava sottovoce contro i pòllini che sollecitavano, attraverso la narici, la vita in lui a fuoriuscire in ripetuti starnuti secchi e violenti come colpi di archibugio. Sebastiano Vassalli, La chimera. Rizzoli, 2014.

I tessitori che in generale erano mezzo contadini, si portavano nel nuovo paese tutte le loro cose, dai polli ai gatti, dagli aratri alle fisarmoniche. Israel Singer, Fratelli Ashkenazi. Longanesi, prima edizione originale 1937.

Certo, ci sono i controesempi di Moravia e Albinati oltre a quello, sublime, di Belli, ma è curioso che a raccontare Roma sia stato soprattutto chi, nato altrove, vi ha abitato assorbendone lo shock: dal romagnolo Fellini, al milanese Gadda, all’abruzzese Flaiano, all’emiliano-friulano Pasolini. Walter Siti. Domani.

I tram che portano al cimitero di Musocco, a Milano, sono vecchi e malconci, strepitano e si divincolano sulle rotaie, scrollando i viaggiatori come per assicurarsi che siano ben vivi. Giuseppe Marotta, L’oro di Napoli. Rizzoli, 1986.

In Italia la conversazione è fatta più di due monologhi che di un dialogo. Roberto Gervaso.