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 2020  ottobre 27 Martedì calendario

Da dove viene e come si produce il caffè che beviamo

Lo beviamo compulsivamente, ne abbiamo fatto un’emblema di italianità, lo gustiamo a tutte le ore ma non sempre ci è chiaro dove si coltiva e come si produce. Ecco svelati tutti i passaggi, grazie alla visita alla nuova fabbrica esperienziale della linea 1895 Coffee designers, nuovo brand di Lavazza che promette di farci gustare le migliori espressioni di questo grande patrimonio del mondo.
Qual è l’origine del caffè
Ci sono cinque specie diverse di caffè: arabica e robusta sono le più conosciute, ma esistono anche liberica, Eugenoides e Anthony, ancora da scoprire per l’utilizzo nella bevanda. Ogni specie, poi, ha differenti varietà, e per ogni varietà ci sono differenze ulteriori a seconda dall’origine geografica di provenienza delle bacche. Le più aromatiche e pregiate? Vengono innanzitutto dallo Yemen, il luogo dove il caffè ha avuto origine. E poi da Kenia, Brasile e Colombia. 

La raccolta a mano
Partiamo dall’origine, dunque: la pianta del caffè cresce nelle zone equatoriali, e dopo la fioritura di un bellissimo fiore bianco dà vita alla drupa, rossa e carnosa, che racchiude due semi. A quel punto avviene la raccolta: per le qualità elevate, avviene rigorosamente a mano, in modo da mantenere tutte le sue caratteristiche ma soprattutto per cogliere ogni bacca al suo punto di maturazione migliore. Ogni operatore raccoglie circa 200/300 kg di drupe al giorno, e il caffè migliore si coltiva in altura. Tra i 1100 e i 2000 metri di altitudine il lavoro è faticoso e serve molta dedizione. Serve anche una notevole preparazione: perché cogliere ogni bacca nel momento perfetto richiede impegno e attenzione. Le ciliegie di caffè a questo punto vengono fatte asciugare distese solitamente su gradi superfici riparate. In alternativa, le bacche vengono spolpate e messe in acqua, dando origine a quelli che vengono definiti i caffè lavati, che normalmente danno origine a prodotti con buona acidità.

La produzione
Dopo circa tre mesi dalla raccolta, il caffè arriva poi nei luoghi di produzione, dove viene lavorato per trasformarsi in materia prima utilizzabile per la preparazione del caffè.
Si parte dalla selezione dei chicchi, si passa alla setacciatura e poi si fa una selezione con una selezionatrice ottica, in grado di dividere i chicchi in base a colore e dimensione: questo passaggio consente un controllo e una sicurezza elevatissimi.
Si arriva quindi la momento delicato, la tostatura, che è l’intervento umano determinante per donare il sapore finale.

La tostatura: la firma del torrefattore 
Nei caffè più pregiati questo passaggio si fa a tamburo, e con aria calda che viene immessa in questo macchinario circolare dove il caffè viene fatto ruotare.
La temperatura dell’aria immessa e la velocità di rotazione determinano la cosiddetta curva di tostatura. Quanto più l’aria è calda e quanto più il tamburo ruota rapidamente più i chicchi saranno scuri e il caffè assumerà note calde, di cioccolato. Tanto meno decidiamo di tostare, quanto più il caffè avrà note fresche, di acidità.

Qual è il metodo migliore? 
Non c’è un modo giusto e un modo sbagliato: tutto dipende dall’origine della materia prima di partenza e dalle esigenze del produttore, che con questo procedimento mette il suo stile e il suo marchio di fabbrica sul caffè. Questo è il momento che lascia al torrefattore la possibilità di esprimere la propria personalità. Durante questo processo il caffè aumenta di volume e si arriva fino al momento del ‘crack’ del seme, appena prima della completa rottura. A seconda se deve andare a comporre un monorigine o un blend, a questo punto il caffè viene miscelato oppure passa direttamente al confezionamento.

Quanto dura il caffè?
Il caffè non ha scadenza, ma nel tempo perde le sue qualità aromatiche ed evolve. Il massimo della sua espressività lo raggiunge dopo alcune settimane dalla produzione ed è consigliabile consumarlo entro 3/4 mesi dalla tostatura e dal confezionamento. L’ossigeno è il suo più grande nemico, infatti molte delle case di produzione più attente dotano i pack di una valvola che evita il suo ingresso.

L’estrazione
Dopo tutto questo lungo e complesso lavoro, il caffè è pronto per essere ‘estratto’, e quindi bevuto. Ma anche qui, a seconda del tipo di caffè e del risultato che si preferisce ottenere, tante sono le possibilità. L’estrazione più dolce e meno invasiva è forse il metodo cold brew, l’estrazione a freddo, con il caffè che ‘percola’ lentamente senza che il calore intacchi alcuna sostanza.
In alternativa, sempre per quanto concerne i caffè filtrati, si può usare un filtro di carta e una Chemex per un effetto scenografico e delicatissimo.
Si tende a preferire il filtro con i caffè con tostatura più delicata, mentre per i caffè a tostatura più sostenuta si utilizzano solitamente le estrazioni più tradizionali, come la macchina usata nei bar o la più classica moka domestica.

La degustazione
Come per tutti gli alimenti, la pratica della degustazione per valutare la qualità di un caffè avviene in quattro diversi step.
Quando ci troviamo davanti a un espresso in tazzina si parte dall’osservazione, e si valuta il colore della crema, che deve essere di un bel nocciola e deve risultare elastica. Spostandola con il cucchiaino deve ritornare al suo posto.
SI passa poi all’olfatto, e per riuscire a cogliere tutti i profumi si deve prima rompere la schiuma, muovendo il cucchiaino velocemente in modo da permettere a tutti gli aromi di uscire. Così riusciamo a cogliere il bouquet aromatico, che ci dice molto del tipo di caffè che stiamo per bere.
Solo a questo punto si passa all’assaggio, un primo piccolo sorso che ci svela la sensazione aromatica. Dobbiamo cercare di cogliere se è più dolce, amaro o acidulo, e possiamo in questa fase anche valutare il “corpo”: se dopo averlo bevuto passiamo la lingua sul palato e questa scivola e ci lascia una sensazione vellutata allora il caffè ha un buon corpo ed è di buona qualità.

Latte e zucchero? 
Se stiamo degustando un grande prodotto, fatto con cura e prodotto con grande equilibrio è un vero peccato sporcarlo con aggiunte. Se pensiamo che il 95% del caffè prodotto viene bevuto con latte e zucchero capiamo che siamo uno dei pochi baluardi dell’espresso senza compromessi. Berlo in purezza, quando il caffè è di grande qualità ed è stato estratto nel miglior modo possibile, è garanzia di regalarsi un grande prodotto, e un’esperienza di gusto eccellente.

Il caffè di grande origine anche a casa
1895 è un nuovo marchio di Lavazza che parla di caffè ma anche di nuove esperienze di consumo e di apprendimento. L’azienda di Torino, nella sua sede produttiva di Settimo Torinese ha appena aperto una fabbrica esperienziale, uno spazio costruito ad hoc per far scoprire ai consumatori il mondo degli specialty coffee, questi caffè di speciale selezione provenienti dalle parti del mondo più vocate alla produzione di qualità.
Un modo per far vivere l’intera filiera e spiegarla correttamente a chi fa del caffè una buona pratica quotidiana ma non sa mai esattamente da dove proviene e come viene prodotto quel corroborante liquido nero che trova nella sua tazzina.
Una sorta di viaggio nell’universo del chicco, virtuale e reale, in cui scoprire i pregiati monorigine e i nuovi blend, studiati per dar vita a caffè di grande charme, diversi dal consueto ma che ci svelano le autentiche radici di questa pianta, espressione del territorio di provenienza.
Alla fine della visita alla fabbrica c’è la possibilità di degustare i caffè in una dimensione nuova, scegliendo tra le diverse estrazioni e avendo a disposizione dei coffelier che consigliano, spiegano, e fanno comprendere meglio questo universo così affascinante. E per chi vuole proseguire l’esperienza anche a casa, questi prodotti sono a disposizione su un sito, in abbonamento: ogni mese si potrà ricevere una selezione sempre diversa o corrispondente alle proprie personali selezioni, insieme alla macchina per prepararli al meglio. Così da vivere a pieno una continua scoperta al sapore speciale di caffè, con un coffelier sempre a disposizione per approfondire la propria passione.