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 2020  ottobre 27 Martedì calendario

Pacifico non riesce a provare rabbia. Intervista

Pacifico (Gino De Crescenzo, nato a Milano nel ‘64, da molti anni abitante a Parigi con la compagna Cristina Marocco e il figlio) ha imparato ad amare Zoom: «Ho un programma fittissimo di videoconferenze, all’inizio era complicato, ora sta diventando abituale e proficuo lavorare così». Quale sia il suo lavoro non è semplice dirlo: certamente autore di canzoni - ha scritto per Celentano, Bocelli e Morandi, soprattutto per Gianna Nannini, Malika Ayane, Samuele Bersani -, cantautore e scrittore. Esce ora con La Nave di Teseo il suo primo romanzo in nuova edizione, Ti ho dato un bacio mentre dormivi, storia di un uomo che ha perso la memoria dopo un’aggressione violenta e immotivata.
Che rapporto c’è tra romanzo e canzoni?
«Tanti anni fa intervistai un leggendario allenatore di boxe che poi è mancato, Ottavio Tazzi, la sua palestra era stato il set di Rocco e i suoi fratelli. Da quel lungo colloquio nacque una canzone, Boxe a Milano, che parlava della città in bianco e nero, dei miei genitori, di perdenti, di nebbia e San Siro pieno per Benvenuti e Mazzinghi. Decisi allora di presentare la canzone in concerto con un monologo che non parlava di boxe ma di una famiglia e della perdita di memoria. Tazzi mi aveva parlato dei brocchi che continuavano a salire sul ring, alcune mogli di pugili mi avevano detto che i loro uomini a forza di prendere pugni avevano perso la memoria».
Da qui arriva il romanzo?
«Sì. Era già uscito alcuni anni fa, ma ora l’ho rivisto e alcune parti mi hanno sorpreso. Oggi non lo scriverei così».
Nel libro, come in molte sue canzoni, è evidente un grande debito al cinema.
«Il cinema è una delle poche cose che mi manca in questo confinamento. L’emancipazione per noi ragazzi di periferia è passata tutta da lì, in sala abbiamo potuto immaginare altri modi di vivere, io per esempio al cinema ho pensato di poter fare il musicista. È una passione che non scema. C’è quella canzone durissima di Leo Ferré che si conclude così: "Con gli anni non si ama più". Ecco, certi entusiasmi per fortuna non calano, al cinema sono uguale a trent’anni fa».
Grazie al cinema è diventato autore e poi scrittore.
«A 38 anni! Lavoravo a Sud Side Stori di Roberta Torre. Mi chiesero se fossi capace di scrivere una canzone, testo e musica. Bluffai e dissi di sì. Fu una necessità alimentare ma anche una rivelazione, da allora non ho più smesso».
Di cosa parla il romanzo?
«Ha sempre a che fare con la famiglia, ma c’è meno invenzione, è la storia mia e dei miei, da Pozzuoli, Salerno alla Senna. Insisto sugli stessi temi, ma sono talmente vasti».
Lo fa sempre con una certa tenerezza, se posso azzardare.
«Come tutti, in famiglia ho avuto anch’io momenti dolorosi, passaggi difficili. Però non ho un sentimento rabbioso, e forse per un artista è un peccato. È che non riesco a provare rabbia, in generale».
Sarebbe utile per un artista?
«Lavoro con artisti che hanno sotto di sé questo pavimento sconnesso, per molti di loro la rabbia è benzina necessaria. I testi dei rapper raccontano un padre che se n’è andato e una madre che è rimasta sola. Questo, so per esperienza, dà una grande forza, però non dura: al terzo disco non ti serve più».
Sta scrivendo canzoni?
«Molto per gli altri. Ho in ballo un paio di cose grosse di cui purtroppo non posso parlare, una anche in Francia. Tanti artisti sono tornati a lavorare, come Malika. La mia parte espressiva personale comunque rimane viva, tra il libro e questo progetto francese».
Viceversa di Francesco Gabbani, a cui ha lavorato anche lei, a Sanremo spiccava.
«Con dividiamo il gusto per la ricerca di parole nuove con cui trattare il tema più tradizionale, l’amore. Lui è più giovane di me, è cresciuto sotto il palco, la sua famiglia affittava impianti per concerti. Ha molti ascolti alle spalle, da Battiato ai Bluvertigo, tanto rap. Il suo pezzo ha un incastro di parole diverso, un rap melodizzato».
La sua figura non è più quella dell’autore tradizionale.
«È cambiato il modo di lavorare sulle canzoni e poi la mia esperienza è stramba, della canzone conosco tutto e c’è una parte di me gregaria, da idraulico che aggiusta i tubi. Sento a istinto dove c’è un problema , mi chiedono spesso di sbloccare chi si è arenato».
Con la Nannini, Malika, Bersani, c’è un rapporto speciale?
«Samuele ha appena fatto un disco bellissimo, un po’ da folle, ci ha lavorato anni, noi cercavamo di tirarlo via da quella scrivania e lui resisteva. Aveva ragione lui. Il mio ruolo in quel caso è stato essergli amico: stavamo ore e ore su un aggettivo. Ma con tutte le persone citate il rapporto va al di là. È lavoro ma non c’è solo quello».