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 2020  ottobre 27 Martedì calendario

Un documentario sul cubo di Rubik

Tra gli oggetti che il robottino Wall-E colleziona, salvandoli dall’oblio nell’omonimo film capolavoro della Pixar, insieme a posate, lampadine, tostapane, c’è anche un cubo di Rubik. Per lui, in realtà, sono tutti quanti dei rompicapi di cui non capisce il funzionamento (solo l’arrivo della robottina Eve permetterà di risolvere alcuni degli arcani), delle testimonianze mute di una civiltà sepolta. Il famosissimo cubo invece è un rompicapo anche per molti di noi umani: brevettato nel 1975 da un architetto ungherese da cui ha preso il nome, ha tenuto compagnia a intere generazioni di ragazzi, mantenendo immutato il suo fascino nel tempo. Un documentario americano su Netflix, Gli speedcuber racconta come la risoluzione del cubo, nell’era di internet, si sia trasformata in una disciplina particolare, destinata alle menti più audaci, che si sfidano per allineare i colori della scacchiera nel minor tempo possibile. Parliamo di campioni che risolvono il rompicapo in una manciata di secondi, in sfida tra loro a suon di record stabiliti e abbattuti, con una grandissima coordinazione e che un’innata capacità di identificare immediatamente schemi e algoritmi.
Gli speedcuber si concentra in particolare sul campionato mondiale svoltosi a Melbourne nel 2019. Sembrerebbe una vicenda molto nerd, ma in realtà, guardando il documentario, ci si accorge presto che l’autrice Sue Kim sta raccontando soprattutto una storia di amicizia, quella tra Max Park e Feliks Zemdegs. Feliks è australiano e ha stabilito i record più impressionanti di velocità nella risoluzione del cubo.
Max è americano, affetto da autismo: si appassiona agli algoritmi che governano il cubo e diventa presto il più forte del mondo. Felix dovrebbe essere solo il suo più acerrimo rivale, ma tra i due nasce un rapporto di amicizia che tocca il cuore e che il documentario racconta con delicatezza.