il Fatto Quotidiano, 26 ottobre 2020
Intervista a Sveva Casati Modignani
Sveva Casati Modignani, sciura milanese, ci aveva lasciati in aprile con questa domanda sospesa: “Com’è possibile che il virus prenda noi e non i napoletani. È una cosa gravissima, mai vista. Ci fa tanto rabbia”.
Ha visto signora? La situazione è cambiata.
Gli amici di Napoli hanno alla fine solidarizzato con noi, e mi pare che si siano presto inguaiati quanto noi, forse anche di più.
Forse di più.
C’è una bella gara anche tra governatori. Chi sarà the best: il nostro o il loro?.
Ha la sua villa, i suoi romanzi, con i suoi amori e i tradimenti, i lettori che la amano.
Scherza? Io sono del ’38. Basta un niente e addio. Perciò resto rinchiusa, non muovo foglia, non invito nessuno a casa, non partecipo, non discuto. Leggo, guardo, mi impaurisco, tento di espatriare. Dove vorrebbe andare? Il virus è cosmopolita
Ho chiesto in Svizzera il vaccino antinfluenzale (come sa, da noi è impossibile trovarlo). Gli svizzeri mi hanno risposto: prima gli svizzeri.
È il teorema di Salvini.
Chi? Quello che la mascherina non serve? Quello che lottava contro la dittatura sanitaria?
I napoletani hanno appena protestato. Scontri con la polizia, violazione del coprifuoco.
Non so da chi siano diretti, perché le bombe carta in genere le persone perbene non le posseggono. E nemmeno le spranghe. Dico semplicemente che questi poveretti non hanno capito niente.
Lei è benestante, gran parte di loro forse no.
Lo so, è un discrimine fortissimo perché la paura associata all’ansia di un futuro cattivo diviene rabbia. E la rabbia ha un esito scontato: l’odio sociale. Un popolo che sta male odia. Chi sta bene ama, avverte come necessaria la solidarietà. Ma anche chi ha un buon portafogli ha paura. Io ho una fifa blu.
Lei è al sicuro. Ha i suoi lettori, i suoi romanzi.
Il lockdown da questo punto di vista è stato fantastico. A giugno avevo già finito il mio ultimo lavoro. Dà una energia sconosciuta, una carica vitale. Lavoro per tener testa alla paura e a questa nuova solitudine.
Lei è single.
Single un corno. Sono vedova. Mio marito ha avuto però il cattivo gusto di lasciarmi quando già ero entrata nella terza età. Quindi dispiaceri su dispiaceri.
Ha un’energia invidiabile.
Spero che questa pandemia ci costringa a riflettere su come abbiamo massacrato il pianeta, come abbiamo infestato l’ambiente. In aprile ho rivisto le api nel mio giardino, e le lucertoline. La natura è potente e questa infezione è altrettanto capace di farci capire cosa non dobbiamo più fare.
Crede che i governanti hanno capito cosa fare?
Temo per loro, sono solidale con loro. Mi rendo conto di quanto sia complicato assumere qualunque decisione. Fai una cosa e non sai se quella cosa è giusta o sbagliata. Bisognerebbe essere consapevoli che la scienza è a mani nude e noi lottiamo allo stesso modo in cui mia nonna e mia madre resistettero alla Spagnola. Durò due anni, dal 1918 al 1920. Una prima ondata e poi una seconda terribile. E tanti mesi ancora di sofferenza. Anche oggi noi non ce la caveremo presto.
Saremo più malati e purtroppo anche più poveri.
Saremo più poveri. Vedo cose che non immaginavo, sebbene spesso diciamo della povertà. Ero andata al supermercato e ho visto una signora fare i conti con la calcolatrice del telefonino. Aveva preso i corn flakes, immagino per i suoi ragazzi, e poi – dopo aver fatto l’addizione – li ha riposti sullo scaffale. Guardare quella scena, a cui non ero abituata, è stato uno choc. Torno a casa e una mia amica mi chiama dicendo che sua sorella è stata appena licenziata dal Burger King. Ha cinquant’anni e tanti impegni. Sono tragedie enormi e sappiamo che il filo della disuguaglianza punterà verso l’alto. Se curi bene la malattia allarghi sicuramente la povertà e quel che si porta dietro. Questo è il dramma.
Lei però dovrebbe dire: vince sempre l’amore.
Questa volta vincerà l’odio.