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 2020  ottobre 25 Domenica calendario

Intervista a Richard Osman

Il club dei delitti del giovedì è un giallo incalzante e pieno di humour, nato dalla penna di un autore britannico e atipico come Richard Osman, conduttore di quiz tv della Bbc, alla maniera di Insinna o Amadeus, e da sempre avido lettore di crime novel. Un romanzo dominato (alla Malvaldi) da un gruppo di arzilli vecchietti detective. «Ho passato il lockdown scrivendo – dice al telefono con perfetta dizione british – mi aiutava avere una routine giornaliera, avere qualcosa da fare: a Londra l’atmosfera era molto brutta». 
Immagino stia scrivendo il sequel. Ho letto di centrotrentamila copie in dieci giorni...
«(Ride, ndr) Credo siano diventate centosettantamila. È stata una cosa folle, bellissima. Ora è naturale scrivere il secondo libro, perché la gente se lo aspetta. Abbiamo venduto i diritti in una trentina di Paesi».
Un successo incredibile. Come se lo spiega?
«Il 2020 è stato un anno durissimo, per tutti noi. Nessuno poteva immaginare cosa il futuro ci avrebbe riservato. E credo che Il club dei delitti del giovedì sia un libro molto efficace, che ti fa ridere e piangere, permette di farti evadere. Credo sia piaciuto perché fa bene all’anima, in questo anno molto difficile. Inoltre, tutti amano i mystery, no?»
Lei ha detto una volta che si tratta di un libro molto, molto britannico.
«Sì, e ha tanti riferimenti al Regno Unito; anche per questo, quando ha cominciato a vendere in America e in Italia, ne sono stato felice. Ma i temi del romanzo sono universali: i personaggi di questo libro sono tutti ultra settantenni ed è facile provare empatia».
Nel suo libro, appunto, alcuni pensionati si riuniscono per risolvere cold case del passato, finché si ritrovano un delitto davanti ai loro occhi. Qual è il suo personaggio preferito?
«I due personaggi femminili: anzitutto Elizabeth, che in passato era stata un agente segreto, una donna dotata di grande intelligenza, abile a coinvolgere gli altri per risolvere casi complicati. E Joyce, che prima faceva l’infermiera: è molto più calma e timida, ma anche determinata ad arrivare a una soluzione».
Nel libro ci sono altri personaggi maschili della stessa età, ma anche due veri poliziotti.
«Amo raccontare le persone anziane, ma non volevo essere troppo cozy, prevedibile, scrivere un libro soltanto per dire quanto sono meravigliosi i settantenni: ho cercato di raccontare il mondo reale attorno a loro, le brutte cose che succedono. Mi piace il modo in cui i poliziotti interagiscono con loro: sottostimano sempre le capacità degli anziani, mentre invece sono i vecchietti a manipolarli».
Questo suo primo libro diventerà un film di Steven Spielberg. Cosa ha provato quando lo ha saputo?
«(Ride, ndr) Ero sotto choc. Sorpreso, ma anche felice. Quando scrivi un libro ti preoccupi di come sarà accolto dai lettori, ma sapere che uno come Spielberg l’ha letto e gli è piaciuto, al punto di volerne fare un film, ti infonde una grande fiducia».
Lavorerà attivamente alla produzione di questo film?
«No, credo che mi concentrerò nella scrittura del prossimo libro. Bisogna fidarsi dei professionisti, e non riesco a immaginare nessuno più capace di Spielberg».
Ha mai sentito parlare di Malvaldi e dei suoi delitti del BarLume? L’idea di fondo dei vecchietti detective, in fondo, è la stessa del suo libro.
«No, veramente: è incredibile».
Lei è anche un famoso presentatore della Bbc. Che cosa l’ha spinta a scrivere?
«Ho cominciato la mia carriera televisiva come autore. Amo la crime fiction e ho sempre letto romanzi di questo tipo. Ma non sapevo che fosse così difficile».
Quali sono i suoi autori di riferimento?
«Agatha Christie, naturalmente, la regina di questo genere. Patricia Highsmith, tutti i suoi libri, anche quelli ambientati in italia. E Scrittori britannici come Ian Rankin...»
Anche umoristici? Leggendola viene da pensare a Graham Greene.
«Oh, lo amo molto, ma non mi comparerei mai a dei geni assoluti come lui. Mi piace la sua scrittura, così come adoro P. G. Wodehouse, e un’autrice scozzese, Muriel Spark».
Come ha scelto questa ambientazione, una casa di riposo di lusso nella campagna del Kent?
«Sono stato in un posto simile a trovare la madre di una mia amica: era un luogo così bello e pacifico, dove viveva una comunità di ultrasettantenni: bevevano, si raccontavano pettegolezzi, si divertivano. Ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto raccontare persone così: con tutto quel tempo a disposizione, certamente avrebbero cercato di risolvere qualche omicidio».
Lei sa già quali attori interpreteranno il film tratto dal suo libro?
«Sicuramente Spielberg sceglierà per il meglio. Ma, certo, alcuni suggeriscono Maggie Smith e Judi Dench. Gli americani, magari, pensano invece a Diane Keaton o Michael Douglas. È una cosa così terribilmente da autore da dire, ma per me Elizabeth, Ibrahim, Ron, sono reali, esistono davvero».
Sta lavorando in tv in questo momento?
«Ho due quiz show quotidiani e quindi sì, sto molto in televisione in questi giorni. Ma il mio proposito è di dedicare metà del tempo a scrivere libri».
Essere un volto noto aiuta a vendere copie, immagino.
«Sì certo, almeno nel Regno Unito. Ma mi ha sorpreso il successo all’estero, dove nessuno mi conosce».
In un giallo è più importante la risoluzione del caso, l’ambientazione, o la caratterizzazione dei personaggi?
«Bella domanda. La cosa bella dei gialli è intravedere la soluzione, intuirla. Ma come presentatore televisivo, mi piace cercare di intrattenere più persone possibile, mentre si avvicinano alla soluzione del caso, in ogni singola pagina. Amo incontrare i lettori e appena sarà possibile voglio venire in Italia, magari per il prossimo libro. Il vostro è il paese che preferisco al mondo».