Il Sole 24 Ore, 25 ottobre 2020
Biografia di Paolo Treves
Nella serie “Italiani dall’esilio” diretta da Renato Camurri, esce questo volume dedicato a una figura quasi dimenticata dell’antifascismo italiano. Paolo Treves, figlio di Claudio, uno dei pilastri della grande fase fondativa del socialismo italiano, ha avuto una vita non lunga, ma intensa che copre un cinquantennio da molti punti vista cruciale nella storia italiana.
Nato a Milano nel 1908, poco più che bambino è assorbito dal turbinio di passioni che lo scoppio della Grande Guerra suscita nel socialismo. Attorno al padre si muovono tutti i grandi personaggi del partito e Paolo li conosce, li frequenta e ne viene influenzato, ma è con l’avvento del fascismo che la sua storia prende una piega particolare.
Già nel 1926 il padre Claudio è costretto a riparare a Parigi, mentre i suoi due figli, Paolo e Piero, rimangono con la madre in Italia. Qui inizia la prima delle tre parti in cui è scandita la vicenda ricostruita molto dettagliatamente (talora sin troppo) e criticamente da Francesca Fiorani. Paolo Treves affronta infatti un decennio che potremmo definire entro la categoria dell’ “esilio interno”. Iscrittosi alla facoltà di Giurisprudenza all’università di Torino, vive l’esperienza del dissenso colto al fascismo e si mette alla scuola di Gioele Solari, cercando di avviarsi sulla strada della ricerca accademica per la storia delle dottrine politiche.
Sono anni difficili, sottoposto costantemente com’è alla vigilanza della polizia politica fascista, sebbene riesca a non cadere nelle trappole di una opposizione velleitaria, tanto che i suoi sorveglianti notano spesso che la sua condotta non dà adito politicamente a rilievi. Tuttavia la sua estraneità al crescente clima di infatuazione per il regime gli pone non pochi problemi di carriera nonostante un certo apprezzamento per i suoi studi su Campanella e Guicciardini.
La situazione precipita con le leggi razziali nel 1938. Paolo Treves non è un ebreo osservante, anzi, come egli stesso noterà più tardi, in un certo senso scopre di essere ebreo in forza della nuova legislazione, ma è abbastanza per costringerlo ad optare per l’abbandono prudenziale dell’Italia fintanto che può ancora farlo legalmente. Del resto la sua carriera accademica è brutalmente troncata dalla normativa della nuova legislazione antiebraica.
La scelta della Gran Bretagna come patria di approdo non è scontata, nel 1938. L’indagine sull’esilio di Paolo Treves ha tra gli altri il merito di fare luce su una sede meno studiata dell’emigrazione antifascista. L’Inghilterra è stata una meta di relativo passaggio per Sturzo, Salvemini ed altri che poi sono approdati definitivamente negli Usa, mentre il grande centro dell’antifascismo all’estero sono Parigi e la Francia.
Paolo, con il fratello Piero e la madre, si radicheranno invece in questa nazione, che è stata una delle sedi di attenzione e partecipazione per la nostra vicenda risorgimentale, ma che adesso è tutto sommato guardinga verso il fenomeno fascista, almeno finché Mussolini legandosi ad Hitler e poi entrando in guerra non cambierà il panorama. Il nostro protagonista lavora molto per penetrare dall’interno la complessa realtà britannica e ci riuscirà sino a diventare protagonista delle trasmissioni della Bbc in lingua italiana.
La ricostruzione dell’ambiente degli esuli italiani in Gran Bretagna è innovativa e molto interessante e c’è da chiedersi come mai quella presenza abbia poi lasciato una eredità tutto sommato modesta dopo la conclusione della vicenda bellica. Si inserisce qui, sia pure di sfuggita, il suo matrimonio con un’esule tedesca che lo porterà nel dopoguerra a una riflessione più attenta e capace di comprensione del post nazismo.
Nel 1945 Paolo Treves torna in Italia e qui comincia la terza fase di questa vicenda, che è profondamente connessa con la precedente per due ragioni. La prima è lo spaesamento del nostro personaggio che trova un Paese diverso da come se l’era aspettato; la seconda è il far tesoro di quel che ha appreso dalla frequentazione di una cultura con una forte attenzione al sistema delle relazioni internazionali.
Sul primo fronte egli dovrà misurarsi con le sopravvivenze della mentalità fascista e in parte delle sue impostazioni. Eletto all’Assemblea Costituente poi al Parlamento sino alle elezioni del 1958, quando perderà il seggio, Paolo partecipa del travaglio della nostra ricostruzione politica spendendosi sia alla Camera che nei giornali. È uno dei membri della scissione di Palazzo Barberini che porta alla fondazione del partito del “socialismo democratico”. Abbiamo un altro aspetto interessante della storia dell’Italia repubblicana, la prima fase di quel Psdi che poi andò perdendo, a partire dagli anni Sessanta, l’aggancio che aveva avuto con la lotta storica fra massimalisti e riformisti nel socialismo italiano.
Si inserisce qui anche la sua vicenda volta ad ottenere il risarcimento dell’ingiustizia di non avere ottenuto la libera docenza e il posto all’università. Fiorani, sulla scorta dei fondamentali lavori di Roberto Finzi (scomparso di recente) sul reinserimento dei docenti ebrei nel nostro sistema universitario, ricostruisce molto bene una pagina assai ambigua della nostra realtà accademico.
Sul fronte della sua attenzione alla politica internazionale ci sono molte notazioni che meritano rilievo. Sebbene negli anni dell’immediato dopoguerra ci fosse nella classe politica un tipo di sensibilità che poi si sarebbe persa, almeno come dimensione diffusa, Paolo Treves appare particolarmente attrezzato a cogliere il cambiamento di quadro che si era verificato. Gioca qui un ruolo la scelta atlantica a cui egli approda abbastanza presto, nel momento in cui sembra interpretarla come una ripresa su scala internazionale della storica rottura fra socialismo riformista e comunismo di indirizzo bolscevico.
Questo lo porta anche ad apprezzare con nettezza la scelta degasperiana per la Nato, un dato non così comune nell’ambiente degli intellettuali che avevano aderito alla proposta del “socialismo democratico”, i quali erano in genere piuttosto inclini per posizioni di terza forza (ormai il neutralismo era chiaramente improponibile).
Siamo però davanti a una stagione che volge al termine. Nelle elezioni del 1958 Paolo Treves non viene riconfermato e questo sarà fonte di grande amarezza, ma il 4 agosto muore in vacanza a Fregene, vittima di un improvviso malore.