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 2020  ottobre 25 Domenica calendario

7QQAN40 L’attrazione fatale di Caterina per Diderot

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Teatro Imperiale di San Pietroburgo, aprile 1772. Va in scena la commedia O tempora o mores!, che beffeggia bonariamente l’aristocrazia e anche l’imperatrice, la grande Caterina. Il tono con cui Mavra, serva dalla lingua svelta, denuncia i mali del momento è degno di nota. Ricordiamone una battuta: «Ecco come trascorre il nostro secolo! Condanniamo, giudichiamo, prendiamo in giro e denigriamo chiunque e qualsiasi cosa. Ma quello che non vediamo è che noi stessi meritiamo scherno e condanna. Quando i pregiudizi scalzano il senso comune non riusciamo a riconoscere i nostri vizi e vediamo soltanto gli errori dell’altro».
L’autore? Parrà strano, ma è la zarina stessa, che in quell’anno scriverà altre tre opere teatrali. Nonostante i problemi del momento, dalla guerra in corso contro l’impero ottomano alla peste che tormenta Mosca, sua altezza non perde energia e smalto; anzi, in una lettera a Voltaire, ricorda di sentirsi «una persona molto allegra». Forse, sia detto tra noi, lo è più del medesimo Voltaire che desidera ardentemente un rapido «sterminio dei nemici turchi»; dopo di che il filosofo, colpito da un momento di “grandeur”, sogna di entrare a Costantinopoli in portantina.
In quel 1772 Caterina vorrebbe ospitare a San Pietroburgo un altro pensatore: Denis Diderot. Gli ultimi due volumi di tavole dell’Encyclopédie sono stati chiusi e, anche se l’opera avrà ancora storia da smaltire, l’artefice dell’impresa può ora occuparsi d’altro. Con la zarina i rapporti sono ottimi. Nel 1765 Caterina acquista la sua biblioteca, lasciandogli l’usufrutto, e gli concede una pensione annua; di essa, poco dopo, gliene anticipa gran parte. Diventa suo agente: nel marzo 1769 tratta per la sovrana cinque quadri della vendita Gaignat; nel gennaio del 1772 si aggiudica la collezione del barone Thiers, amata in Russia.
Ma ora è giunto il momento di recarsi a San Pietroburgo e la permanenza nella capitale durerà dall’8 ottobre 1773 al 5 marzo seguente. Sarà messo a dura prova dal viaggio. Il 20 agosto Diderot parte dall’Aia con la berlina del ciambellano Nariškin. Soffre d’infiniti malesseri: dopo quattro giorni di digiuno, a Narva è colpito da una violenta colica; giunto in Lettonia, è assalito da incubi. Ha tempo per alcuni incontri. Il 24 agosto a Pempelfort vede il filosofo Jacobi, il 3 settembre visita la galleria di Dresda. Non si reca a Königsberg, dove vive Kant, ma sosta a Riga, e qui si concede un amore mercenario in una locanda (del fatto lascia dei versi). Saltiamo altri dettagli: viaggia convinto che potrà guidare la zarina nelle scelte politiche, ma Caterina ritiene che i filosofi scrivano le loro cose su carta inanimata mentre i sovrani le devono vergare sulla pelle dei sudditi.
Ciò non toglie che sua altezza amasse i pensatori e anche a Voltaire passava uno stipendio. Con Diderot in quei mesi ha oltre quaranta incontri e a noi restano le sue Memorie per la sovrana, il cui manoscritto è a Mosca. Cosa accadde tra i due è oggetto di un saggio di Robert Zaretsky, Caterina e Diderot, ora tradotto da Hoepli.
Le conversazioni si tennero nelle stanze private dell’imperatrice all’Hermitage. I cortigiani ne ricavarono pettegolezzi, Federico di Prussia non poche paure, Voltaire speranze per la causa dell’Illuminismo. Analizzando il potere e le strategie che lo rafforzano, Diderot scrive nelle Memorie che le rivoluzioni sono fatte da chi non ha «nulla da perdere» o da quelli che possono «soltanto guadagnarvi». Se ne ricorderà Caterina dopo qualche mese, quando il ribelle Pugaciov sarà catturato. Lo farà girare per la Russia in una gabbia esponendolo al pubblico ludibrio, poi decapitare e squartare.