la Repubblica, 25 ottobre 2020
La triplice alleanza napoletana
Camorra, ultras, fascisti di Forza Nuova: sarebbero i tre ingredienti principali della gazzarra di Napoli, e a quelli della mia generazione torna in mente (su ben altra scala) la Reggio Calabria di Ciccio Franco, esattamente cinquant’anni fa, nel luglio del 1970. Però con un ingrediente in meno, gli ultras, che sono, nel ramo della sopraffazione, un prodotto abbastanza recente. All’epoca, nei tumulti di ogni ordine e grado, l’ultrà non figurava, anche perché non esisteva; oggi è presenza fissa, come il Martini nei cocktail.
Piuttosto, ci si domanda come procederanno nella schedatura dei facinorosi, alla questura di Napoli. Un vero e proprio intrico, che mette a dura prova la classificazione del reo. Per esempio, se uno è ultrà e fascista (capita spesso), lo si classificherà per la prima o la seconda attitudine? E se è un camorrista ultrà? E se dovesse riunire nella sua sola persona, grazie a quella specie di miracolo che i cultori del canto chiamano triplofonia, l’ultrà, il camorrista e il fascista? In questo terzo caso, che ritengo tutt’altro che impossibile, suggerirei un percorso di recupero fondato sulla valorizzazione di un talento così vario, con esibizioni pubbliche e iscrizione d’imperio nei principali talent show. E approfondimenti del lato umano nelle trasmissioni del pomeriggio, con la conduttrice metà materna, metà severa, che domanda “ma lei, se fosse proprio costretto a scegliere, vuole più bene al Napoli, alla sua paranza o al Duce?”.