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 2020  ottobre 25 Domenica calendario

La stanchezza imperiale che l’America non sa superare

Su America-Cina (la newsletter del Corriere della Sera), Francesco Giambertone ci parla dei sentimenti e dei giudizi con cui le opinioni pubbliche di alcuni Paesi europei seguono le elezioni presidenziali degli Stati Uniti. I sondaggi delle istituzioni culturali e delle agenzie d’informazione segnalano che le preferenze, in parecchi casi, vanno al candidato del Partito democratico. In Germania il 71% degli interpellati voterebbe per Joe Biden, vice presidente nella Casa Bianca di Barack Obama, dal 2009 al 2017, e il 14% per Trump; in Francia le due cifre sarebbero il 64 e il 14%, in Spagna il 69 e il 16%. In Finlandia invece gli elettori di Biden sarebbero il 75% e nell’Austria di Sebastian Kurz (leader del Partito p0p0lare) addirittura l’83%. Da altre indagini sembra che in Italia, dove gli indecisi sono piuttosto numerosi, Trump potrebbe contare sul 31% dell’elettorato mentre voterebbero per lui, forse, i sovranisti mitteleuropei della organizzazione di Visegrad.
Questi sondaggi appartengono ormai alle consuetudini politiche europee e confermano la diffusa convinzione che il voto americano sia anche un evento politico del nostro continente, destinato ad avere importanti ripercussioni al di qua dell’Atlantico. Per le loro dimensioni e il loro ruolo nel mondo, gli Stati Uniti sarebbero il direttore d’orchestra che dà il la a tutti gli altri strumenti, il regista che distribuisce le parti. Un tale ruolo poteva essere comprensibile in alcuni momenti della Guerra fredda, quando conveniva affrontare le crisi da posizioni unitarie e gli Stati Uniti, come disse altezzosamente Madeleine Albright, erano «indispensabili». Oggi il mondo è alquanto diverso. Russia e Cina hanno grandi ambizioni e un considerevole appetito, ma sono potenziali nemici soltanto per coloro, sui due lati del fronte, che hanno bisogno di un nemico per restare al potere e riempire gli arsenali. Non basta. Gli Stati Uniti hanno da sempre una corrente egemonica, ma la loro politica internazionale sta diventando una combinazione di nazionalismo e isolazionismo. Donald Trump potrebbe perdere le elezioni, ma vi è nel Paese una stanchezza imperiale di cui dovrà tenere conto anche un presidente democratico.
Il fenomeno non è nuovo. Accadde in Gran Bretagna alla fine della Seconda guerra mondiale ed è ancora più visibile a Londra in un momento in cui il Regno Unito sembra essere disposto a ritirarsi nel piccolo mondo delle isole britanniche. L’inglese è la lingua più diffusa del pianeta, ma il Commonwealth diventa sempre più evanescente.
L’Unione europea dovrà continuare ad avere relazioni importanti con gli Stati Uniti e con l’Inghilterra, ma non dovrebbe ignorare che questo è il momento in cui il suo futuro dipende dalla capacità di ass