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 2020  ottobre 24 Sabato calendario

Tassi zero senza fine?

Covid ha finito per contagiare anche le Banche centrali, contribuendo a spargere fra di loro il «virus» dei tassi negativi. Per la verità la tendenza a offrire il denaro a un costo inferiore allo zero è iniziata nel mondo ben prima del 2020, ma la pandemia ha esasperato misure di sostegno delle politiche monetarie, come dimostrano anche i bilanci lievitati a dismisura di Fed, Bce, e degli istituti centrali di Giappone e Cina che messi insieme valgono ormai 26.300 miliardi di dollari. Comprensibile quindi che il mercato stia guardando a una sorta di exit strategy, non senza timore visti gli inevitabili contraccolpi che mosse del genere avrebbero su mondo degli investimenti.
Siamo però davvero sicuri che le Banche centrali metteranno in soffitta la politica dei tassi negativi negli anni a venire? La misura è certo necessaria, ma lo scetticismo fra gli addetti ai lavori permane. Robeco, per esempio, assegna soltanto una probabilità del 30% al verificarsi di uno scenario simile: «Con il passare del tempo aumenterà l’impatto negativo degli effetti collaterali sulle banche, sui sistemi dei fondi pensione e sulle compagnie di assicurazione, e questo si tradurrà in un graduale avvicinamento dei tassi dell’Eurozona allo 0%», sostiene Rikkert Scholten, gestore obbligazionario di Robeco, che però proietta un simile traguardo non prima del 2025 e condiziona l’evento al verificarsi «una ripresa economica dopo la crisi da Covid-19, che contribuisce a riportare il tasso nominale “neutro” in territorio positivo».
Nonostante la svolta, il livello del costo del denaro sarebbe comunque destinato a mantenersi su livelli storicamente bassi, con l’obiettivo di contenere i tassi reali in presenza di un elevato indebitamento, sia a livello governativo che complessivo, e di pressioni inflazionistiche contenute. Il tutto in un contesto caratterizzato dagli effetti negativi dei trend demografici e da una crescita strutturalmente più contenuta. «In questo caso – ipotizza Scholten – i rendimenti dei titoli di Stato a 5 anni di Germania, Svizzera, Giappone dovrebbero alla fine salire allo 0,0-0,5%, per portarsi invece negli Stati Uniti gradualmente al di sopra dell’1,0 per cento».
Non si tratta però dell’ipotesi più probabile, che secondo Robeco è attribuibile al 60% a una sorta di mantenimento dello status quo. Qui, in base alla velocità di ripresa dell’economia globale dalla crisi innescata dalla pandemia, i tassi negativi potrebbero restare in vigore nell’Eurozona, in Giappone, Svizzera e Danimarca, mentre BoE e la Fed potrebbero applicarli soltanto in alcuni dei loro programmi di prestito (40% di probabilità) oppure in misura moderata anche sul saggio ufficiale (20%). In quest’ultima situazione i rendimenti dei Treasury Usa e dei Gilt britannici a 5 anni rimarrebbero al di sotto dello 0,25% per la maggior parte dei prossimi cinque anni.
L’ultimo 10% di probabilità viene assegnato dagli analisti allo scenario di sicuro più affascinante, anche se inevitabilmente più doloroso visto che presuppone un andamento deludente della ripresa economica: tassi di interesse profondamente sottozero (fino a -1%), non soltanto nell’Eurozona e in Giappone, ma anche negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in altri paesi dei mercati sviluppati. «Le banche trasferirebbero sempre più spesso i tassi negativi ai depositi più cospicui, mentre i governi cercherebbero di proteggere i correntisti – spiega Scholten – ma l’azione sarebbe a necessaria per spingere i tassi di interesse reali in territorio negativo in vista di forti pressioni disinflazionistiche e di un elevato indebitamento sovrano e complessivo».
Una simile eventualità si accompagnerebbe ad altre azioni a livello globale, volte a evitare effetti collaterali quali l’accumulo di liquidità su larga scala, in particolare da parte di società finanziarie, fondi pensione e compagnie di assicurazione. Fra questi, Robeco individua interventi normativi che probabilmente richiederanno anche una rigorosa regolamentazione delle valute digitali. Sul mercato, invece, i tassi dei titoli di Stato a 5 anni resteranno ben al di sotto dello zero ovunque. E, forse, anche il BTp decennale potrebbe finalmente vedere il segno meno davanti al proprio rendimento.