Corriere della Sera, 24 ottobre 2020
Anche Federica Panicucci ha scritto un libro
Sul risvolto di copertina c’è scritto che è «un libro motivazionale e ispirazionale» e, per capire che l’ambizione di Federica Panicucci di dispensare consigli per successo e felicità non è un azzardo, basta entrare nel suo camerino a Mediaset: un gigantesco triplex tutto tappezzato di foto sue e dei figli, però la prima che vedi è quella di lei su un palco, ventenne e con lunghe trecce da bambina. «Ero io al Festivalbar da ragazzina. Lo guardavo sempre e mi vedevo già sul palco a condurlo e poi, l’ho condotto. Ero pazza anche del concorso Look of the year e, anche lì, mi vedevo già a presentarlo. Infatti, l’ho presentato. È sempre andata così: da bambina, m’immaginavo presentatrice e non ho mai pensato di non farcela».
Gli americani la chiamano «legge di attrazione» che sta, più o meno per «credici e ti sarà dato», ma prima che Esther e Jerry Hicks la teorizzassero nel 2006, Federica aveva già ottenuto tutto quello che desiderava. Nel Coraggio di essere felice (Sperling & Kupfer) racconta la sua storia, traendone consigli replicabili da tutti.
È proprio sicura che chiunque ce la possa fare?
«Se credi con fermezza in un obiettivo, l’inconscio lavora per te e ti ci porta. Devi scegliere un piano A ragionevole ed escludere ogni piano B, se no avrai sempre un alibi. L’altro segreto è l’atteggiamento mentale positivo».
Quello dove si trova?
«Parte dal momento in cui ti svegli. Puoi alzarti pensando che è una fatica perché hai tanto da fare o che sarà una giornata bellissima perché puoi fare tante cose. Se hai un atteggiamento positivo, le cose vanno più facilmente per il verso giusto. Funziona sempre, con me funziona anche per il parcheggio. Io mi dico che lo troverò e lo trovo».
Che altro ha trovato d’impossibile?
«L’appartamento con terrazzo che guardavo da bambina dalla finestra di casa a Milano e in cui fantasticavo di vivere è la casa in cui abito».
Perché, come da titolo del libro, serve coraggio per essere felici?
«Perché se capisci che non hai la vita che volevi, serve il coraggio di cambiare».
A lei quando è stato richiesto questo coraggio?
«Quando ho guardato nel privato e ho capito che un percorso di vita era terminato. Quel cambiamento era un salto nel buio, ma farlo ha giovato a me, ai miei figli, a tutti».
Sta usando «cambiamento» come sinonimo di divorzio? Sta parlando della separazione da Mario Fargetta?
«Il mio problema è sempre stato che cercavo di essere come gli altri volevano che fossi. L’istante in cui ho accettato l’ipotesi di una nuova strada è l’istante in cui ho iniziato a essere felice. Dopo, smettere di assecondare, di compiacere è diventato facile».
Anche il suo compagno Marco Bacini è arrivato con la legge di attrazione?
«Quando ho pensato di ricominciare, ho pensato anche che volevo incontrare una persona con certe prerogative. E Marco le ha tutte. Prima, ci eravamo incrociati e mancati decine di volte. Frequentavamo la stessa piscina, la stessa pizzeria. Non è un caso, perché doveva essere lui ma in quel preciso istante: l’istante in cui ero pronta».
Un capitolo s’intitola «momenti di non trascurabile felicità»: me ne dica tre.
«Il primo è il rito della buonanotte, a turno, coi miei figli Sofia e Mattia. Il secondo è quando da piccola mi portavano da nonna Chiarina in Toscana: m’inondava d’amore, mi dava pane strusciato col pomodoro, buonissimo. Abitava in una casa senza riscaldamento, ascensore, lavatrice, lavastoviglie. Il terzo è stato quando coi primi guadagni le ho regalato una casetta con ogni comfort».
Dodici anni di «Mattino 5» con sveglia all’alba sono tanti o pochi?
«Pochi: è un programma che amo follemente».
Che cosa ancora sogna?
«Io produco obiettivi in automatico. Ora ne ho due, il processo è partito e io quando inizio a pensare a qualcosa in modo costante so che arriva».