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 2020  ottobre 24 Sabato calendario

Per Cook, re dei sondaggi, i Dem possono stravincere

 «Non è il caso di dedicare troppo tempo alle previsioni sul risultato delle presidenziali: Joe Biden ha ormai un vantaggio molto ampio. È più importante interrogarsi sul Senato. Se un presidente democratico, che avrà certamente anche il controllo della Camera, vuole governare davvero, ha bisogno di una maggioranza anche al Senato. Credo che la sinistra quest’anno abbia la possibilità di rovesciare gli equilibri anche lì».
Nei ragionamenti pacati di un seminario digitale dell’Aspen Institute sulle elezioni americane del 3 novembre irrompe con un’analisi sorprendentemente netta Charlie Cook, da decenni ascoltatissimo guru delle indagini demoscopiche: il suo Cook Report è forse il prodotto più rispettato dell’industria dei sondaggi politici.
Mentre altri istituti, scottati dagli errori commessi quattro anni fa, si esprimono con cautela nonostante sondaggi dai numeri abbastanza chiari, Cook non sembra temere figuracce. Gli analisti della sua stessa organizzazione hanno mandato segnali di cautela, notando che i repubblicani quest’anno sono riusciti a fare meglio dei democratici in termini di registrazione di nuovi iscritti alle liste elettorali in quasi tutti gli Stati in bilico, quelli nei quali si deciderà la corsa alla Casa Bianca, ma Charlie Cook ha pochi dubbi: «Diciamo che Biden ha almeno l’80 per cento delle possibilità di spuntarla. E nel rimanente 20 per cento ci sono tutti i “cigni neri” immaginabili, eventi traumatici che possono materializzarsi all’improvviso. Ma, se non ci saranno cataclismi, Biden ce la farà: ha la metà delle possibilità di vincere di misura, superando i 270 Grandi elettori necessari per essere rieletto grazie al recupero di Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, gli Stati persi per un soffio da Hillary Clinton quattri anni fa. Il candidato democratico è nettamente in testa in tutti e tre con margini che vanno dal 5 al 9 per cento, mentre a livello nazionale il suo distacco su Trump raggiunge i dieci punti percentuali».
Ma secondo Cook, Joe Biden ha altrettante possibilità di stravincere: «I sondaggi oggi lo danno nettamente avanti, oltre che negli Stati che deve recuperare, anche in alcuni grandi Stati che da tempo votano repubblicano: Florida, Arizona, North Carolina. In Georgia e Ohio i due candidati sono sostanzialmente appaiati e in Texas il vantaggio di Trump si è ridotto a meno di due punti. Basta che il presidente cada in una di queste roccaforti – la Florida o l’Ohio – e la partita è chiusa».
Le probabilità
Il candidato dem ha almeno l’80% delle possibilità di spuntarla. E nel rimanente 20% ci sono tutti i “cigni neri” immaginabili
Cook si appassiona ancora di più alla corsa per il Senato: «I democratici hanno bisogno di recuperare quattro seggi per tornare in maggioranza, ma in realtà questo non basta per governare con efficacia: diversi senatori progressiti verranno eletti in Stati il cui l’elettorato è fondamentalmente conservatore. Saranno quindi restii ad approvare riforme economiche di sinistra che potrebbero spaventare chi li ha votati. Biden avrà bisogno di una maggioranza più ampia al Senato: fino a qualche tempo fa sembrava impensabile, ma in politica ci sono momenti di svolta nei quali saltano gli equilibri. Momenti in cui non contano più i soldi raccolti per la campagna elettorale né il fatto di essere un parlamentare in carica. Successe col voto del 1980: il vento di Reagan travolse i democratici che, a cominciare dall’Indiana, ogni mezz’ora persero un seggio senatoriale. Andò avanti così per sei ore. Oggi potrebbe succedere qualcosa di simile».
Da ultimo, Cook cerca di restituire l’onore agli istituti demoscopici: sulle previsioni nazionali di quattro anni fa, dice, i conti tornano: «Avevamo previsto Hillary avanti di tre punti – 47 contro 44 per cento – mentre alla fine ha prevalso nel voto popolare col 48 per cento mentre Trump ha preso il 46. Appena un punto di differenza. L’errore l’abbiamo fatto nell’interpretazione».
Le uniche indicazioni certe, finora, stanno arrivando dal voto anticipato: ieri, a 10 giorni dall’election day, avevano già espresso la propria preferenza 52,6 milioni di americani, di cui 36,4 per posta e gli altri di persona. Si tratta di un numero record, che i democratici sperano possa essere un segnale positivo per Joe Biden: nel 2016 avevano votato – in tutto – 136 milioni di elettori.