Nel mondo di Elfriede Jelinek non c’è posto per la tenerezza. La realtà è una lotta di dominanti e dominati, forti e deboli, sfruttatori e sfruttati. Jelinek – nata in Stiria in Austria nel 1946 – nelle sue opere è corrosiva, spesso volutamente sgradevole. È diventata famosa grazie a La pianista , storia autobiografica di una musicista repressa e sadomasochista – nel film di Haneke interpretata da Isabelle Huppert – incatenata all’amore soffocante della madre. Se Jelinek è impietosa verso i maschi è perché, come ci racconta in questa intervista, nella catena delle prevaricazioni rappresentano ancora oggi l’anello forte.
Nel romanzo Le amanti , ora ripubblicato da La nave di Teseo, le due ragazze protagoniste – un’operaia in una fabbrica di reggiseni e una sarta – appaiono complici e vittime allo stesso tempo. Sono giovani ma già rassegnate a proiettare nel matrimonio e nella maternità l’unica loro possibilità di futuro. Dalla prima pubblicazione sono passati 45 anni ma per la scrittrice la società penalizza ancora le donne.
Sono rarissime le interviste concesse da Elfriede Jelinek, talmente schiva da non andare neppure a ritirare il Nobel. Stavolta ha accettato di rispondere via mail a Repubblica confessando le sue delusioni e non cedendo di un passo rispetto al suo unico modo di stare al mondo: essere una femminista.
Perché nei suoi libri le relazioni tra uomini e donne sono sempre rapporti di potere?
«Descrivo quello che vedo.
Nonostante la condivisione del lavoro domestico sia un fenomeno più diffuso di un tempo (principalmente nella classe media), l’uomo continua ad essere il "padrone" che si appropria del lavoro della donna e ne beneficia.
È più forte economicamente e quindi più potente, è questa la sua identità».
E quella della donna?
«I mezzi a disposizione della donna sono la giovinezza e la bellezza. La sua vita consiste perlopiù nel lavoro di cura e riproduzione, legato all’assistenza degli anziani e dei bambini. Anche quando la condizione economica dell’uomo è meno florida, chi gli sta a fianco è in genere una persona ancora più debole: la moglie».
Sicura che sia ancora oggi così?
«Le statistiche parlano chiaro: uomini più anziani sposano quasi sempre donne più giovani. Raramente uomini e donne si affrontano alla pari».
Ha scritto "Le amanti" a metà degli anni Settanta, lo riscriverebbe allo stesso modo?
«Senza dubbio la situazione odierna è diversa, ma direi che è cambiata in modo selettivo, non strutturale. È vero, ci sono donne in posizioni economiche migliori (anche grazie alle quote rosa), ma si perpetuano i medesimi rapporti di potere. E se alcune si affrancano, altre alle loro dipendenze devono sbrigare il lavoro domestico. In genere si tratta di persone che provengono dalle aree più svantaggiate e arretrate, come nel caso delle badanti».
Si reputa ancora una femminista?
cosa pensa del #MeToo?
«Certo che sono una femminista, cos’altro dovrebbe essere una donna?
Dopo il #MeToo, che considero un movimento molto importante, nonostante gli eccessi che possono verificarsi ogni volta che si assiste a un risveglio sociale per l’emancipazione di gruppi oppressi o intimiditi, non è più possibile disporre dei corpi delle donne con disinvoltura. Se non altro perché gli uomini coinvolti, spesso famosi o di potere, sanno che possono incorrere in sanzioni pesanti e pene.
Ora hanno qualcosa da temere, fosse anche solo l’ostracismo da parte del pubblico».
Il sesso nelle sue opere è spesso violento. A tal punto che alcuni critici hanno parlato di pornografia.
«Un’accusa assurda. Risale ai tempi di
Lust ( La voglia ). Molti lettori saranno rimasti delusi. Si aspettavano un romanzo pornografico e invece si sono ritrovati tra le mani un libro sui rapporti di potere anche nella sessualità».
Ha raccontato di aver avuto una madre molto esigente e un padre che ha sofferto di disturbi mentali. Quanto hanno pesato sulla sua scrittura?
«Stranamente sono cresciuta in un ambiente in cui i ruoli erano capovolti. In casa nostra, la moglie, la madre, era una figura eccezionalmente forte, mentre il padre era il debole. Entrambi tremavamo di fronte a mia madre, ma ciò non è servito a farci avvicinare. È questa condizione di partenza però che ha fatto nascere in me il desiderio di capire le situazioni diverse dalla mia. È stato un momento difficile quando ho dovuto riconoscere che le donne non sono al mondo per governare ma per essere sottomesse».
Che tipo di infanzia ha avuto?
«Studiavo arte, teatro, suonavo l’organo in chiesa. A distanza di tempo sono in grado di capire di più quel periodo. I buchi neri nell’universo non possono essere osservati da vicino ma li conosciamo attraverso i loro effetti. La frustrazione della mia vita giovanile piena di impegni si è trasformata in aggressività. Quando per troppo tempo si viene repressi, o si diventa aggressivi o ci si rassegna. Allora ero aggressiva, ora che sono vecchia, e che ho visto che quasi nulla è cambiato, sono rassegnata».
Nel 2004 declinò la cerimonia del Nobel dicendo che soffriva di agorafobia, ha poi ripreso a viaggiare?
«Ne soffro ancora. Purtroppo questo disturbo ansioso è un grosso impedimento nella mia vita. Non posso viaggiare, cosa di cui mi rammarico. In realtà è la mia sofferenza più grande».
Lo scorso anno il Nobel lo ha vinto Peter Handke, travolto dalle polemiche per l’amicizia con Milosevic. Un’opera letteraria può essere inquinata dalle opinioni personali?
«Prima di tutto Handke ha chiarito l’equivoco di aver banalizzato Srebrenica, ha espresso il suo rammarico e ha sottolineato la "sofferenza infinita" del genocidio.
Inoltre la sua arte parla da sé.
Basterebbe ricordare la sua opera teatrale Viaggio in piroga, ovvero una pièce per un film sulla guerra, in cui tematizza la rappresentazione della guerra nei media, oggetto di una sua forte critica».
La scrittura è una protezione o una condanna?
«Forse entrambe le cose, e forse nessuna delle due. Raccontare ciò che si vede non protegge. Di certo la scrittura è una necessità interiore.
Che sia la compensazione di una vita in gran parte non vissuta? Difficile dirlo. Spesso noi stessi non lo sappiamo».
(Traduzione di Nicoletta Giacon)