Avvenire, 22 ottobre 2020
Fk Qarabag, un altro calcio alla guerra
È l’alba del 27 settembre 2020 quando si sentono le prime cannonate scoppiare nel Nagorno Karabakh. Ancora una volta un conflitto armato colpisce la piccola regione caucasica, contesa tra Azerbaijan e Armenia. Le vecchie ferite si riaprono e gli amici diventano nuovamente nemici. La Guerra del Nagorno Karabakh si è svolta tra il 1988 e il 1994, prima dello scioglimento dell’Unione Sovietica ed è nata in seno all’oblast omonimo, a maggioranza armeno, che decise di non seguire l’Azerbaijan nel distacco dallo stato madre, un passaggio previsto dalla costituzione sovietica. Il bilancio finale della guerra è stato di 30mila morti ufficiali e sono stati i civili a pagare il prezzo più alto. In particolare, i numeri degli sfollati sono impressionanti: 650mila azeri e 200mila armeni. Agdam era una piccola città della regione, di 30mila abitanti, che si appoggiava dolcemente su un altopiano in mezzo alle montagne. La squadra locale è lo FK Qarabag Agdam, fondato nel 1951, che dopo alterne vicende societarie, all’inizio degli anni ‘90 era una delle squadre più competitive del campionato azero. Nella stagione 1992/1993 si preparava a una stagione di vertice, ma la guerra era ormai arrivata sulle alture sopra la città. Gli armeni bombardavano a ogni ora e casa dopo casa, piazza dopo piazza, tutto scomparve. Lo Imarat stadionu, lo stadio della squadra, fu tra i primi ad andarsene. Al suo posto oggi c’è un grande prato su cui pascolano le mucche, una grande pianura ripresa dalla natura, in cui sono rimasti i minareti delle due moschee, unica traccia della città scomparsa. Nel 1993 la squadra si è trasferita a Baku, capitale dell’Azerbaijan, dove ancora oggi gioca nello stadio Tofik Bakhramov, il guardalinee che convalidò il goal fantasma nella finale dei mondiali del 1966. In quella tragica stagione, il Qarabag realizzerà il double, vincendo campionato e coppa nazionale. L’allenatore di quella era Allahverdi Baghirov, leggenda sportiva locale, che non alzerà nessun trofeo, perché si è arruolato e morirà saltando su una mina anticarro, poco fuori dalla sua città. Oggi lo FK Qarabag Agdam è tornato sulle cronache internazionali dopo aver ottenuto l’accesso alla fase a gironi della Europa League 2020/2021, battendo 3–0 il Legia Varsavia nell’ultimo preliminare di qualificazione, bissando così il risultato ottenuto nella stagione 2014/2015. La qualificazione ha fatto esultare le centinaia di migliaia di sfollati azeri che vivono a Baku, perché il Qarabag è l’ultimo simbolo di una patria che non c’è più. Ma anche dall’altra parte del confine c’è chi è stato costretto a indossare la divisa, perché le responsabilità di questa guerra hanno confini labili e stabilire di chi sia la colpa, è francamente impossibile. Il capitano della nazionale armena, Varazdat Haroyan, ha dovuto rinunciare al suo trasferimento all’AEL Larissa, in Grecia, e da quel momento di lui non si è più avuta alcuna notizia. Lo SC Shirak, squadra della serie a armena, ha visto morire in questo assurdo conflitto, uno dei ragazzi delle sue giovanili, Ishkhan Grigoryan. Se un giorno i bambini torneranno a far correre il pallone per le strade di Agdam e sui prati del Nagorno Karabakh, quello sarà il segno che la guerra se ne sarà andata per sempre.