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 2020  ottobre 22 Giovedì calendario

In difesa di Rai Storia

Non capendo le spiritosaggini di Enrico Brignano su Rai2, poco incuriosito da altri canali della tv generalista, il telecomando ha fatto la sua strada ed è finito sul numero 54. Come spesso succede, quasi in automatico. È il canale di Rai Storia, che ti dà sempre l’idea di non buttare via il tempo. Ma sono idee che può esprimere solo un telecomando.
Rai Storia rappresenta un viaggio nella memoria, un deposito di visioni capace di aprire squarci inattesi sul passato. S’impara sempre qualcosa. Per un motivo che vede ormai concordi tutti gli storici: la tv funziona come una sorta di «inconscio collettivo a cielo aperto» della società, come una macchina che raccoglie, assorbe e trasforma le tensioni e le caratteristiche di un periodo e di un luogo, restituendo sotto forma di narrazioni, ed entro le strutture mutevoli dei suoi generi, la fotografia dell’identità di un paese e di un’epoca. Per non parlare del contributo che il canale ha saputo dare come offerta didattica durante i mesi del lockdown.
Leggo con una certa preoccupazione che per evitare l’ennesimo crollo dei conti (nonostante il canone si paghi con la bolletta della luce), la Rai corre ai ripari e una delle soluzioni proposte è l’accorpamento di Rai 5 e Rai Storia. Che errore! Il mio telecomando non sa calcolare il risparmio che deriverebbe da un simile espediente, ma sa benissimo che Rai Storia è l’ultimo baluardo dietro cui Viale Mazzini può giustificare il suo ruolo di servizio pubblico. È servizio pubblico lo spettacolo delle liti offerte da «Ballando con le stelle»? È servizio pubblico «Boss in incognito»? Basta dare un’occhiata ai palinsesti delle tre reti generaliste per accorgersi che la Rai non si discosta molto da una tv commerciale. La tv, come fonte di narrazione e strumento di rappresentazione storica, costituisca un bene culturale ormai imprescindibile; da tutelare, non da sacrificare.