Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  ottobre 21 Mercoledì calendario

«Se la recessione peggiora l’Ue è pronta a nuovi aiuti». Intervista a Valdis Dombrovskis

La seconda ondata del Coronavirus porta con sé una serie di misure restrittive destinate ad aggravare ulteriormente la recessione nel 2020 e a frenare la ripresa nel 2021. Per rilanciare le economie europee basteranno i 750 miliardi del Recovery Fund approvati a luglio, in un periodo in cui il peggio sembrava ormai alle spalle? «Se necessario siamo pronti a reagire con nuove proposte» assicura Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo della Commissione europea. Ma ora, dice, l’importante è far partire al più presto il «vecchio» piano: Bruxelles spera di poter erogare i primi fondi «entro la fine della primavera», ma è necessario che l’iter legislativo si concluda al più presto. E al momento i negoziati sono in fase di stallo.
L’ex premier lettone ha appena allargato la sua sfera d’influenza con la delega al Commercio, che lo porterà a gestire la disputa Airbus-Boeing con l’amministrazione Usa. Nel frattempo, però, continua a occuparsi con Paolo Gentiloni dei dossier economici interni: dal Recovery Fund alla tanto attesa riforma del Patto di Stabilità. Secondo Dombrovskis ci vorrà «molto tempo» per riscrivere le regole sui conti pubblici, ma quelle vecchie – avverte – non potranno rimanere sospese in eterno e torneranno in vigore appena possibile.
Nelle prossime settimane presenterete le previsioni economiche autunnali: ci sarà una netta revisione al ribasso?
«Quelle precedenti erano basate sul fatto che le misure restrittive sarebbero state applicate soltanto nella prima parte dell’anno. Ma purtroppo stiamo vedendo che non è così: c’è una seconda ondata, gli Stati stanno reintroducendo misure restrittive e questo certamente si rifletterà nelle nostre previsioni. Ci sarà certamente un effetto».
Quali sono i primi segnali?
«Il quadro è complesso, non è tutto a tinte fosche. Per esempio, in termini di occupazione la situazione non è così negativa come ci aspettavamo all’inizio. A livello economico probabilmente ci sono segnali positivi sul terzo trimestre, anche se devono essere ancora confermati. Ma al tempo stesso la situazione sanitaria si sta deteriorando e questo avrà un effetto».
I 750 miliardi del Recovery Fund sono frutto di un’analisi sulle esigenze economiche fatta nella scorsa primavera: c’è il rischio che si rivelino insufficienti? Servirà un Recovery Fund 2. 0?
«La priorità in questo momento è far partire il piano. Perché bisogna ancora finalizzare il processo legislativo, ratificare la decisione in tutti i parlamenti nazionali, i governi devono ancora disegnare i loro piani nazionali… Stiamo parlando di un pacchetto considerevole: 1.800 miliardi tra il bilancio Ue e il piano Next Generation Eu. Per questo è importante che i soldi arrivino alle economie. Certamente continuiamo a monitorare la situazione da vicino e restiamo pronti a reagire con nuove proposte, se necessario».
Quando arriveranno i primi fondi? I governi dovranno aspettare fino alla prossima estate o c’è ancora qualche speranza di vederli in primavera?
«Noi speriamo di essere in grado di erogare i fondi nella prima parte del 2021, entro la fine della primavera. Ma per far sì che ciò accada è importante che il processo legislativo si concluda. Per questo faccio appello al Consiglio e al Parlamento Ue affinché si arrivi a un accordo rapidamente: l’economia Ue ne ha bisogno. Sollecito poi i governi a ratificare la decisione. Il tempo stringe: prima arriveranno i soldi e meglio sarà per le nostre economie».
Nel frattempo cosa possono fare i governi che hanno bisogno di fondi?
«Il Recovery Fund arriva dopo altre misure decise per una risposta immediata alla crisi: Sure, il fondo della Bei, l’iniziativa per riprogrammare i fondi Ue e il Mes. Si tratta di strumenti già a disposizione, pronti ad aiutare gli Stati. La linea di credito del Mes è fatta su misura per questa crisi. Non ci sono condizionalità e l’unico prerequisito è che i soldi siano usati per spese sanitarie dirette e indirette. Spetta ai singoli governi dell’Eurozona decidere se utilizzarla: in caso di necessità, i soldi sono già a disposizione».
Nel frattempo restano sospese le regole del Patto di Stabilità: è preoccupato dall’aumento esponenziale dei deficit e dei debiti pubblici?
«È importante che le misure di sostegno all’economia siano mirate e temporanee proprio per evitare una situazione in cui le traiettorie fiscali post-crisi diventino insostenibili. Dobbiamo bilanciare con attenzione l’esigenza di politiche per superare la crisi con la necessità di assicurare sostenibilità di bilancio a medio-termine, riducendo i deficit e i debiti».
Passata la crisi, andrà riformato il Patto di Stabilità: la regola del 60% ha i giorni contati?
«La revisione delle regole è in corso. C’è una consultazione pubblica, al termine della quale ci torneremo a confrontare per vedere che tipo di aggiustamenti saranno necessari. Ma in ogni caso non cambieranno quelli che sono i nostri obiettivi: supportare le politiche di bilancio e garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche».
Le regole dell’attuale Patto di Stabilità resteranno sospese fino a quando non sarà completata la riforma?
«Trovare un consenso sulla riforma richiederà molto tempo. Fino a quando non ci sarà un’intesa sulle nuove regole, continueremo ad applicare quelle vecchie. Credo che questo sia molto chiaro. La clausola che sospende il Patto può rimanere attiva solo fino a quando c’è una grave recessione nell’intera Ue».