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 2020  ottobre 21 Mercoledì calendario

Ritratto di Alida Valli


Dopo la versione di Totti è di scena quella di Alida Valli. Se in Mi chiamo Francesco Totti di Alex Infascelli il campione ha commosso la Festa di Roma facendo da voce narrante alla sua vita finora, in Alida pensieri e ricordi, risate e dolori dell’indimenticabile attrice scomparsa nel 2006 sono affidati alla parola scritta, alle migliaia di lettere e pagine di diario (lette da Giovanna Mezzogiorno) che hanno accompagnato la sua vita. E, sullo sfondo rispetto agli affetti, una carriera che ha attraversato i Telefoni Bianchi e la Hollywood anni Quaranta, incrociato le strade di autori come Soldati e Hitchcock, Welles e Visconti, Pasolini e Bertolucci. Da quel tesoro di carta e bobine è partito Mimmo Verdesca, due Nastri d’argento per In arte Lilia Silvi eSciuscià 70, per realizzare il documentario, già selezionato per Cannes Classics 2020 e che arriverà in sala con Istituto Luce Cinecittà il 16, 17 e 18 novembre.«Ho voluto raccontare la donna prima che l’attrice perché la sua personalità ha influenzato la carriera – spiega Verdesca – era libera, indipendente, combattiva. Moderna. Rifiutava l’etichetta di diva, era schiva, si raccontava in privato». Amava il silenzio, «con i genitori si usavano poche parole, molti sguardi». Il racconto in soggettiva è scandito da scene di film, foto, filmati avuti «grazie al nipote Pierpaolo De Mejo e all’archivio di famiglia». Scorrono le immagini di Alida ragazzina e poi fanciulla, colpisce la qualità della scrittura, «una dote ereditata dal papà, professore di Lettere e filosofia». Conservava anche le lettere altrui, che oggi sono il ritratto di un’epoca. Firmate da Orson Welles, Walt Disney, Greta Garbo, Anna Magnani. Dagli ammiratori nell’era dei Telefoni Bianchi, milioni di ragazzi e poi i soldati al fronte, «la vita di Alida ha attraversato epoche e accompagnato generazioni, dal fascismo alla mafia di Il lungo silenzio di Margarethe von Trotta. In mezzo, i segreti della Hollywood d’oro e il processo Montesi. Ha rappresentato la gente normale, è stata la sua forza: la amavano non solo per la bellezza e la bravura ma per la semplicità». Il regista, immerso per due anni nel materiale, ha capito che «le sue scelte e le sue lotte sono sempre state in nome dell’amore. Ha subito molte perdite, la morte del padre e del grande amore di gioventù, il pilota Carlo Cugnasca. Per settimane, nel ‘41, ha scritto all’amato per scoprire che era già morto in Libia: “Mi hanno reso il suo baule, ancora sporco di sabbia. Buio"». Tra i film girati ricordava con piacere Piccolo mondo antico di Mario Soldati, «non so se abbia amato Il caso Paradine, e del set di Il terzo uomo i diari rivelano la crisi, il senso di inadeguatezza. Accanto a Senso di Visconti amava il francese dimenticato L’inverno ti farà tornare, Palma d’oro nel ‘61. Ancora, Strategia del ragno : «Con Bernardo e Giuseppe Bertolucci il rapporto era profondo. Bernardo era malato ma continuava a chiamarmi e dirmi “nel film su Alida voglio esserci”. È una delle sue ultime apparizioni». Marco Tullio Giordana la racconta libera anche dalla costrizione della bellezza, «è invecchiata naturalmente, non viveva nella nostalgia dei ricordi». In una intervista, Alida sorride: «Non è importante restare giovane e bella, ma avere qualcosa da dire».