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 2020  ottobre 21 Mercoledì calendario

Tutti i dati sugli sbarchi


Quando il primo giugno 2018 Matteo Salvini diventa ministro dell’Interno gli sbarchi degli ultimi dodici mesi sono 52.194; quando dopo 15 mesi se ne va (5 settembre 2019) scendono a 8.428 (il dato è sempre relativo ai 365 giorni precedenti). Nei 13 mesi successivi con il ministro Luciana Lamorgese gli arrivi dei migranti triplicano fino a raggiungere i 27.775. Solo negli ultimi tre mesi, da luglio a settembre, in Italia sbarcano 16.778 immigrati. Più che in tutto il 2019 quando sono stati 11.471.
Due le domande: sono stati i decreti Sicurezza di Salvini a bloccare il flusso? E perché questa crescita se le norme dell’ex ministro dell’Interno sono state modificate solo due settimane fa? Ci aiuta a rispondere un’elaborazione dati dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) realizzata per Dataroom.
Il numero di sbarchi: che cosa lo influenzaLe «Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica», note come decreto Sicurezza bis, sono approvate dal Consiglio dei Ministri il 14 giugno 2019. La novità di maggior rilievo è l’attribuzione al ministro dell’Interno, del potere di limitare o vietare l’ingresso, il transito, o la sosta di navi nel mare territoriale. Provvedimenti limitativi o impeditivi dovranno essere adottati di concerto con il ministro della Difesa e con il ministro dei Trasporti, e dovrà essere informato il presidente del Consiglio. Ma per capire quel che sta succedendo bisogna tornare indietro. Sull’andamento degli sbarchi i dati raccontano tre storie.
Primo: la riduzione degli sbarchi inizia già con il ministro Marco Minniti. Al 12 dicembre 2016, data del suo insediamento al Viminale, gli arrivi sono 181.436 (sempre con calcolo annuale), alla fine del suo mandato, a maggio 2018, scendono a 72.571. Determinante è l’accordo con la Libia del 2 febbraio 2017 per contrastare le partenze dalle sue coste. La durata del memorandum tra il governo Gentiloni e quello di Tripoli guidato da Al Serraj è triennale, ed è stato rinnovato lo scorso febbraio. In cambio il nostro Paese si impegna a fornire «supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l’immigrazione clandestina», che vuol dire addestrare la Guardia costiera libica e fornirle mezzi e fondi. Inoltre l’Italia fornisce aiuti economici ai sindaci delle tribù per chiudere il confine meridionale del Paese, quello con il Niger, da cui transita la maggior parte dei migranti che entrano dall’Africa subsahariana. Vengono anche finanziati, tra le proteste delle associazioni umanitarie, i centri di accoglienza libici, in realtà strutture detentive visto che in Libia l’immigrazione illegale è punita con la reclusione.
Secondo: dopo alcuni mesi dall’accordo con la Libia, da luglio 2017, gli arrivi iniziano a ridursi in modo costante. Questa riduzione continua con l’inizio del primo governo Conte fino a scendere al minimo storico, sotto i 300 mensili, tra gennaio e aprile 2019. Siamo a poco meno di un anno da quando, nel giugno 2018, Salvini annuncia «porti chiusi» e lascia decine di navi in mare per giorni prima di dar loro la possibilità di attraccare sulle coste italiane.
Terzo: la possibilità di vietare l’ingresso in Italia alle imbarcazioni di soccorso su ordine del ministro dell’Interno scatta formalmente a giugno 2019, con l’approvazione del decreto Sicurezza bis. Ma paradossalmente proprio allora gli sbarchi iniziano a risalire intorno ai mille al mese.
Le crisi in mare: qual è il numero di mortiL’effetto deterrente, dunque, più che dal decreto Sicurezza bis, viene giocato momentaneamente dagli annunci sui porti chiusi e dalle navi lasciate in mare per settimane. Un risultato che si esaurisce nel giro di pochi mesi, anche perché nulla ferma la stagione estiva, quella in cui gli sbarchi possono riprendere con maggior vigore. Ma le conseguenze del decreto si misurano in termini di vite: nei 15 mesi di Salvini ci sono 29 crisi in mare che durano 8 giorni ciascuna in media (richieste di attracco in Italia di navi che vengono lasciate a largo). Nei 13 mesi di Lamorgese le crisi in mare sono 31: anche se la ministra non usa mai il potere di divieto di attracco, prima di fare entrare le navi si cerca il modo di smistare gli immigrati in arrivo anche in altri Paesi europei. La durata delle crisi è inferiore ai 5 giorni.
Risultato: gli annegati in mare sotto Salvini sono 1.369, che scendono a 572 con Lamorgese, mentre il rischio di morte nel Mediterraneo centrale passa dal 6% al 2%.
Abolita la protezione umanitaria: perché crescono gli irregolariDopo aver visto cosa succede in mare, guardiamo cosa avviene a terra. Il primo decreto Sicurezza di Salvini è dell’ottobre 2018, e di fatto abolisce la protezione umanitaria. Fino ad allora ne beneficiavano circa 20 mila immigrati l’anno, sui 34 mila che complessivamente ottengono una protezione internazionale in Italia (oltre all’umanitaria c’è lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria). In quel momento i dati certificano che il nostro Paese è il più accogliente rispetto al resto d’Europa, con una media del 50% in più di stranieri protetti.
È, dunque, giusto e necessario dare una stretta? La risposta la fornisce l’effetto pratico del decreto: chi è in attesa di una protezione, e prima l’avrebbe ottenuta, con la scomparsa dell’umanitaria si vede opporre un diniego e diventa clandestino. Parliamo di 37 mila nuovi irregolari in due anni. A questi numeri si aggiungono tutti coloro che già godevano di una protezione umanitaria (39.000) e ai quali probabilmente non è stata rinnovata, ma quanti esattamente siano non è dato sapere.
Siccome i rimpatri nel frattempo non aumentano (ruotano intorno ai 600 al mese, come negli anni precedenti), si stima che in Italia il numero di chi è senza un permesso di soggiorno oggi sia complessivamente salito sopra i 600 mila, contro i 530 mila di quando si è insediato il governo Conte 1.
Secondo le ultime ricerche disponibili, quando uno straniero passa da regolare a irregolare, il rischio che commetta un reato aumenta tra le 10 e le 20 volte. Inoltre i clandestini finiti all’ospedale perché malati di Covid, e che possono essere dimessi, ma devono ancora restare in isolamento, continuano ad occupare posti letto, perché le foresterie adibite a questo scopo non accolgono chi non è in possesso di un codice fiscale.
Il decreto Lamorgese: ecco cosa cambiaIl 5 ottobre su proposta del ministro Lamorgese il governo Conte 2 modifica i due decreti Salvini. Il divieto o la limitazione del transito delle navi non potrà più applicarsi alle operazioni di salvataggio dei migranti (in caso di mancato rispetto delle norme di navigazione internazionali il potere di veto resta al ministro dell’Interno che dovrà coordinarsi con quelli delle Infrastrutture e della Difesa e informare il presidente del Consiglio). Per chi è esposto al rischio di «trattamenti inumani o degradanti» torna in vigore anche il meccanismo della protezione umanitaria.
Ma mettere in relazione il decreto con l’aumento degli sbarchi in Italia è sbagliato: gli sbarchi erano ripartiti già dal mese di luglio. Non è un caso che gli arrivi siano al 70% dalla Tunisia (ben diverso dal 90% provenienti dalla Libia nel periodo di sbarchi record tra il 2014 e il 2016). È la conseguenza dell’effetto Covid: con il crollo del turismo, aumentano le partenze di chi è senza lavoro. È questa la ragione delle recenti missioni in Tunisia del ministro degli Esteri Luigi Di Maio e di Lamorgese. La scommessa è sempre la stessa, e non è ancora stata vinta da nessuno: non farci travolgere dai nuovi arrivi, ma senza sacrificare vite in mare e creare nuove sacche di irregolari. Una partita più complessa di un decreto.