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 2020  ottobre 21 Mercoledì calendario

Periscopio

Butta via l’intelligenza e il coraggio come se fossero medicine scadute. Walter Siti, Scuola di nudo. Rizzoli, 2014.
Di Benedetto Croce, Leo Longanesi diceva: «Non si capisce niente, ma con grande autorità». Massimo Fini, Il ribelle. Marsilio, 2006.

In Fratelli d’Italia la contraddizione più evidente è che sono più aperti verso l’esterno i vecchi padri fondatori come gli Ignazio La Russa e i Fabio Rampelli rispetto ai vari Donzelli, Fidanza, Augusta Montaruli o il giustizialista Andrea Delmastro, che ha fatto approdare verso l’inutile Azione di Calenda, e non verso FdI, un garantista aggregatore come Enrico Costa. Luigi Bisignani. il Tempo.

Berlusconi adorava Montanelli e ha continuato ad amarlo. Meglio se Indro fosse andato subito al Corriere come poi ha fatto. Una cosa però è certa, se Montanelli fosse rimasto al Giornale sarebbe stato travolto pure lui. Lo era già stato, del resto. Negli anni di piombo, Camilla Cederna diceva di lui: «Ha la nuca fascista». L’aveva piatta e lei faceva la lombrosiana a buon mercato. Mario Cervi (Giancarlo Perna). Libero.

Il corpo ha tre sistemi per difendersi dall’alcol: il vomito, il respiro che lo elimina al 10-15 per cento attraverso i polmoni, il fegato che lo neutralizza all’80 per cento con l’alcoldeidrogenasi. Ma questo enzima nei ragazzi fino a 18-19 anni non c’è. Già 15 minuti dopo aver bevuto, tutto l’etanolo è in circolo nel sangue. Ecco spiegate le stragi sulle strade. Luigi Rainero Fassati, chirurgo epatico (Stefano Lorenzetto). Corsera.

La famiglia, continuano a parlare della famiglia… I nonni fan parte della famiglia o no? Se sono dei badanti vanno pagati, ma non continuate a romperci le scatole con babbo, mamma, nonna, piccino, nipotino, mentre tutti si odiano in famiglia… Natalia Aspesi (Arnaldo Greco). Linkiesta.

Il mio primo lavoro fu quello di istitutore al collegio Villa Marina di Pesaro per orfani di post-telegrafonici. Un camerone enorme, un paravento, un letticciuolo. Una tristezza. E poi non amo il mare d’estate; figurarsi d’inverno. Per fortuna dopo due mesi e mezzo mi cacciarono. Francesco Guccini, cantautore (Aldo Cazzullo). Corsera.

Protagonista del film con cui ha vinto l’Oscar è Jep Gambardella, prima c’era stata la figura di Andreotti nel Divo e dopo Berlusconi in Loro. Essi hanno in comune un potere e lo spettro del fallimento di quel potere. Un fallimento che genera una solitudine strisciante, viscida che li attanagliava anche prima. Per alcuni tipi di uomini la solitudine è un destino. Paolo Sorrentino, regista (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Mi sono vista attribuire ogni colore politico. Dicevano che ero comunista perché cantavo alle Feste dell’Unità, poi sono stata ritenuta democristiana per le canzoni disimpegnate a Sanremo, quindi berlusconiana perché ero nel cast di Buona Domenica. Ma in realtà io sono sempre stata attenta a non schierarmi con nessuno. Orietta Berti, contante (Renato Franco). Corsera.

Ma il fotoreporter Drew, sotto i due grattacieli di New York colpiti dagli aerei guidati dai terroristi islamici, era lì per fotografare e documentare, non per analizzare. Cominciò a fare il suo lavoro: inquadra e scatta. La gente attorno a lui singhiozzava e urlava: «Oddio, noooo!!! Eccone un altro che si butta giù!». Alzò lo sguardo e vide che molte persone per sfuggire alla morte per fuoco si gettavano dalle torri in fiamme: sceglievano così semplicemente di morire in altro modo. Prese, per istinto, molte foto di suicidi, e poi altre immagini ancora, bellissime e tremende, immagini che 19 anni dopo non hanno perso un unghia della loro potenza, del loro dolore. Maurizio Pilotti. Libertà.

Lo stile in letteratura è la capacità di essere riconosciuti sulla pagina, se non alla prima, alla seconda frase. Per come metti le parole, per l’atmosfera che sai creare, per l’aura che diffondi. Poi certo: lo stile può diventare un problema. Hemingway è l’esempio più bello di un autore che resta vittima dello stile Hemingway. Antonio Franchini, editor (Luigi Mascheroni). il Giornale.

Ogni mattina, quando in auto a Milano da via Luigi Nono svolto sul piazzale del Monumentale, sento la tua voce, papà: «Stai sulla destra qui, fai la curva larga!». E ogni mattina ubbidisco. O quando fra me immagino un progetto un po’ ardito, una decisione non troppo razionale, rivedo il bagliore dei tuoi occhi grigio verdi, arrabbiati: «Ma tu sei matta!». E sorrido. Trent’anni dopo la tua morte, tu sei sempre più presente. Come se la memoria di te mi avesse impregnato, e fosse diventata parte di me stessa. Solo una volta, lo confesso, io sono venuta al cimitero della Villetta, in tutto questo tempo. E non certo per dimenticanza, ma per un viscerale rifiuto: no, tu non sei lì. La parvenza della morte, le lapidi severe, il silenzio, mentono. Tu sei altrove – fra i vivi. Marina Corradi, Lettere a mio padre. Gazzetta di Parma.

Ho anch’io un episodio che vivo con mortificazione. Ero ragazzino. Sapevo di un contabile che viveva malissimo il problema dell’età. Assieme ad altri due ragazzini, pensai di divertirmi gridandogli dietro: «Vecchio, vecchio». Ricordo ancora con vergogna la faccia di quell’uomo, che rigirandosi, a bassa voce e con tristezza ci spiegò la vita: «Un giorno lo sarete anche voi». Michele Guardì, manager tv (Giovanni Terzi). il Giornale.

Mi sono chiesta in tutti questi anni che rapporto fosse il mio con Alda Merini. Di soggezione mia nei suoi confronti. Intima soggezione di fronte alla genialità. Quando pronunciava la fatidica frase. «Bianca, scriva!» era un momento magico, lei apriva la bocca e sgorgavano le poesie. Come riuscire a non stupirsi davanti a chi, accortasi che ti eri cambiata la tinta dei capelli, scriveva immediatamente: «Ti sei tinta di rosso, Emilia, ma sei bianca lo stesso. A volte le debolezze di una donna non fanno che smascherarla». Alda Merini, poetessa, in Emilia Rebuglio, Tu sola nel mio deserto. Sperling & Kupfer, 2017.

I bambini del tempo di guerra crescono in fretta, adulti anzitempo, non perdono un dettaglio, curiosi, attenti, anche se capiranno quel che sta avvenendo nel mondo in fiamme. Corrado Stajano. Corsera.

A Trastevere nei giorni del lockdown circolava impunito un pastore senza mascherina, seminudo, con le pelli addosso, i sandali e un bastone; di solito ubriaco, sembrava si fosse perduto dal presepe scorso ma nessuno osava fermarlo. A Bari è stato beccato uno che andava al mare a pescare le pelose e lo ha scritto pure sull’autocertificazione. Marcello Veneziani. Panorama.

La vera ingratitudine è quella che esprimono i creditori soddisfatti. Roberto Gervaso.