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 2020  ottobre 21 Mercoledì calendario

La situazione delle terapie intensive

Ospedali in crisi in meno di un mese se non si correrà presto ai ripari aggiungendo nei prossimi giorni nuovi letti nelle terapie intensiva. E infatti dal Veneto al Lazio nelle Regioni è gia partita la corsa ad aggiungere posti in rianimazione. La soglia di «allerta» fissata per questi reparti dal ministero della Salute nella sua griglia di indicatori con i quali si verifica giorno per giorno la «tenuta dei servizi sanitari» è sempre più vicina e potrebbe essere raggiunta già a metà novembre. Questa soglia è fissata al 30% dei posti complessivi in terapia intensiva occupati dai malati di Covid superata la quale si produce il temuto «sovraccarico» nelle corsie, perché non va mai dimenticato che nelle rianimazioni ci sono tanti altri malati gravi (dalle vittime di incidenti a quelli di infarti o ictus) che in media occupano oltre il 50% dei posti letto. Al 14 ottobre secondo il commissario Domenico Arcuri in Italia c’erano 6.628 letti, la soglia di allerta del 30% è fissata dunque a circa 2mila (1.988) e ieri si è arrivati a 870 ricoveri gravi per Covid.
A dire che quell’asticella potrebbe essere raggiunta anche in tre settimane – con 40-50 ricoveri in più al giorno – sono i numeri sulla crescita senza sosta da inizio ottobre dei pazienti più gravi (spesso intubati). Con gli ultimi sette giorni che fanno presagire un trend difficile da arrestare. Il 13 ottobre i ricoveri in più in terapia intensiva sono stati 62 e dopo un calo il 14 ottobre (+25) i numeri sono tornati preoccupanti: +47 il 15 ottobre, +52 il giorno dopo, +67 il 17 ottobre e poi +45 e +47 fino a ieri con un balzo di 73 nuovi ricoveri nelle rianimazioni. Una crescita che ha fatto arrivare i posti occupati a quota 870. Un numero ancora lontano dallo tsunami del marzo scorso quando si raggiunse il picco delle 4mila terapie intensive – quando si aggiungevano letti nelle sale operatorie e si doveva scegliere chi ricoverare prima – ma la «probabilità di escalation» incontrollabile, come la chiama l’Istituto superiore di Sanità nel suo report integrale (riservato) dove viene monitorato ogni settimana l’indicatore dei ricoveri, è ormai una realtà in molte Regioni.
Secondo ?l’ultimo report dell’Iss che misura appunto questa probabilità Lombardia e Liguria hanno il 100% delle possibilità di far suonare l’allarme rosso entro un mese. Ma probabilità molto alte verso la saturazione del 30% nel report vengono indicate anche per la Campania sempre più in difficoltà e poi Abruzzo, Emilia Romagna, Sardegna e Puglia.
Dall’altro lato ci sono situazioni molto più gestibili come quella del Friuli Venezia Giulia che oggi ha 14 ricoveri (con l’asticella di allerta a 52) o il Veneto che ha 51 pazienti in rianimazione (247 la soglia di attenzione) e può contare su 825 posti. E proprio ieri il governatore veneto Luca Zaia ha presentato il suo piano per evitare che i nuovi malati Covid salgano oltre la soglia di sostenibilità, per non bloccare tutte le altre cure. In base a 5 fasi di gravità si arriverà ad attivare fino a mille posti nelle rianimazioni. «Abbiamo capito dall’esperienza – ha detto Zaia – che mediamente comunque 200 posti letto in terapia intensiva non Covid li dobbiamo garantire; durante il lockdown siamo stati fortunati perché non avevamo i politraumatizzati. Se non ci fosse, e lo speriamo, il fermo totale avremmo anche loro da curare, e non vogliamo bloccare tutto».
La corsa al restyling degli ospedali da trasformare in Covid hospital riguarda sempre più Regioni. Nel Lazio ieri l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato ha annunciato l’incremento di 1.035 posti letto per il Covid, di cui 503 in terapia intensiva e sub-intensiva. In Umbria ci si sta attrezzando per ampliare, se necessario, la dote a 124 letti in rianimazione. Mentre in Campania dove sono 91 i malati più gravi e i posti stanno finendo il governatore Vincenzo De Luca fa sapere che i letti «saranno attivati sulla base delle esigenze che si hanno di volta in volta perché il personale è limitato e per garantire i turni bisogna eliminare le prestazioni non essenziali e questo si sta facendo».